mercoledì 23 giugno 2010

Di Pietro, è ora di cambiare


di Paolo Flores d’Arcais

Caro Antonio,

sono sicuro che anche la nuova iscrizione sul registro degli indagati, atto dovuto per via dell’ennesima denuncia di Elio Veltri, finirà come tutte le altre inchieste che su di te si sono susseguite negli anni: in una bolla di sapone, archiviazione o assoluzione. Non lo dico per aprioristico fideismo, ma per il più fondato e irrefutabile dei motivi, l’empirica attenzione ai precedenti. Che dovrebbe insegnare qualcosa anche ai tuoi antipatizzanti, oltre che ai detrattori professionali. E tuttavia penso che, non già il ripetersi di accuse inconsistenti, ma qualche scricchiolio di incertezza che tu stesso avvertirai anche presso tuoi compagni di partito, potrebbe e dovrebbe essere per te motivo di una più generale riflessione.

Sono infatti convinto che le esitazioni e titubanze che filtrano anche tra chi condivide “toto corde” la tua opposizione intransigente al regime di Berlusconi (e ne lamenta invece il carattere fiacco o inesistente dei dirigenti Pd), non siano dovute alla minore inverosimiglianza delle ultime imputazioni elioveltriane, ma all’orizzonte politicamente opaco in cui esse finiscono per collocarsi, orizzonte del quale – questo sì – tu sei pienamente responsabile.

Mi riferisco alla situazione del tuo partito, l’Italia dei valori, che malgrado ogni promessa in contrario, continua ad essere il TUO PERSONALE partito, affidato a livello locale, nella schiacciante maggioranza delle regioni, a manipoli di yes men dal pedigree etico-politico fitto quasi esclusivamente di transumanze da una forza politica all’altra (con statistica prevalenza di trascorsi mastelliani), che con la loro ottusa instancabilità burocratica e il loro alacre opportunismo talvolta soffiano la “pole position” alle locali nomenklature Pd, e comunque costituiscono il muro di gomma che scoraggia l’iscrizione al partito di decine di migliaia di nuovi militanti che hanno votato l’Idv alle europee solo o soprattutto per l’apertura ai “movimenti” che candidature come quelle di De Magistris, Alfano e Vattimo proclamavano.

La loro elezione a Strasburgo resta un grandissimo merito anche del tuo partito, sia chiaro (oltre che della loro credibilità e della loro campagna elettorale), ma le fanfare con cui annunciavi un grande congresso che desse un seguito esponenziale a quel rinnovamento si sono dimostrate “promesse da marinaio”. E forse peggio, visto che il congresso dell’Idv ha costituito uno spettacolo imbarazzante di diseducazione alla democrazia, fino al momento clou del trombonismo con l’impresentabile De Luca, in cui hai dato davvero il peggio di te. Da allora, le risposte che hai dato alle critiche (non solo mie, non solo di MicroMega, non solo di questo giornale) hanno sempre più avuto la struttura della giaculatoria. Che il rinnovamento c’era stato eccome, che anche da un passato mastelliano ci si può redimere, eccetera. E intanto a livello locale non cambiava nulla, e lo scarto tra i motivi di simpatia e consenso elettorale per le scelte nazionali e la delusione per il piccolo cabotaggio e l’arrivismo locale non ha fatto che allargarsi. E ha cominciato a trasformarsi anche in sconfitte elettorali. Non può non averti colpito il risultato delle regionali in Emilia-Romagna, ad esempio, dove quattro ragazzi sponsorizzati da Beppe Grillo, senza mezzi, hanno ottenuto pressoché la stessa percentuale del tuo partito. Non illuderti che possa costituire un caso eccezionale, segnala semmai un trend, dimostra che c’è un “elettorato orfano” alla ricerca di una lista che lo possa rappresentare nelle istituzioni, un elettorato esigente, che se vede le parole non mantenute si dirige altrove, o diserta le urne. Come del resto già largamente fa. Perché una opposizione degna del nome, cioè non-Pd, secondo ogni calcolo desumibile dal confronto incrociato delle miriadi di sondaggi, ha oggi un potenziale che si aggira su un quarto dell’elettorato. L’Idv, avesse mostrato coerenza tra le scelte parlamentari anti-regime e l’attività e i gruppi dirigenti locali, da tempo sarebbe sopra il 10% e veleggerebbe verso il raddoppio. Invece ha ormai iniziato la strada del declino, a meno che tu non ti decida a quel colpo d’ali, a quel Big Bang, di cui fin qui hai avuto paura.

Perché non sei certo così sprovveduto da non capire che il moltiplicarsi di iniziative trasversali, autocandidature, tavole rotonde, che nel mondo dell’opposizione vedono sempre più attivi Vendola, De Magistris, Marino (tanto per non fare nomi), non sono “manovre di palazzo” (ho citato persone che quando fanno una battaglia la fanno senza infingimenti e indicando a viso aperto gli obiettivi) ma esprimono proprio il magmatico e prepotente bisogno di milioni di cittadini “per la Costituzione” di avere uno strumento anche elettorale. Questo strumento non nascerà affatto, se ci si limiterà a mettere insieme pezzi (più o meno logorati) di realtà esistenti, e relativi gruppi dirigenti (decotti). O ad organizzare “fabbriche”, “officine” e altri “cantieri” che in realtà cristallizzano solo la popolarità di un leader (è il limite dell’iniziativa di Vendola). Del resto, anche da queste novità tu resterai fuori, se continui con il tuo arroccamento e la fedeltà – rassicurante per l’ego, ma devastante – di dirigenti locali vassalli. E invece potresti fare tu la vincente “mossa del cavallo”, lanciando l’iniziativa dello scioglimento di tutte le forze organizzate (ma già sclerotiche) dell’opposizione non-Pd, e della fondazione di una forza radicalmente nuova, a partire dalle enormi risorse di passione etico-politica e culturale della società civile. Senza più apparati e nomenklature, nemmeno nuovi. Ma secondo la logica della politica come “servizio”: tranne pochi leader nazionali (forse prezzo necessario nella politica “personalizzata” dalla tv), un mandato nelle istituzioni e poi si torna al proprio lavoro, senza tentazioni di carriere e opportunismi. Ma temo che anche questa volta mi risponderai col rosario delle giustificazioni d’ordinanza e l’esorcismo del richiamo al “realismo”.

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