mercoledì 23 giugno 2010

DIRITTO DI REPLICA


Gentile direttore, prosegue il processo alle intenzioni condotto dall’on. Furio Colombo nei miei confronti. Per spirito di partito – appartengo allo stesso gruppo parlamentare dell’onorevole – ho sinora soprasseduto sulle numerose attribuzioni di opinioni talvolta false e comunque sempre imprecise. Questa volta però mi vedo costretto a precisare che non ho mai qualificato come ‘parole a vanvera’ quelle di Vincenzo Vita. Anche perché, quando sono stato contattato dalla giornalista di Repubblica, al pezzo della quale evidentemente si riferisce Colombo, non sapevo che Vita le avesse pronunciate. Ho risposto alla Casadio ad una domanda circa la possibilità che il Pd attenuasse la sua contrarietà alla legge in seguito alle modifiche proposte dal Pdl. Ho spiegato, come si evince chiaramente dal pezzo, che non esisteva questa eventualità e che la battaglia doveva proseguire sia cercando di modificare la legge nei suoi successivi passaggi parlamentari, sia cercando di impedire la sua approvazione. Colombo riesce a trarre da questa indicazione un indizio del fatto che il retro pensiero sia ‘che la legge non è poi così male’. Insomma, poiché Colombo pensa che la mia prima preoccupazione, così come quella di altri suoi compagni di partito, sia di mettersi d’accordo con Berlusconi, si ritiene legittimato a trascurare la verità dei fatti e a riproporre come un disco rotto il suo teorema. Sino ad accusarmi di aver avanzato proposte ‘come se questa fosse una stagione politica normale’. Faccio presente che il documento approvato dal Pd nella sua ultima Assemblea nazionale, che ha l’evidente vizio di non essere stato vidimato da Colombo, pone come priorità tre questioni: la giustizia civile, il carcere e l’organizzazione del servizio giustizia. Tre questioni che Berlusconi e il governo si guardano bene dall’affrontare e quando lo fanno è per peggiorare la situazione o per ipotizzare altri business (si pensi all’idea di affrontare l’emergenza carceraria secondo il modello Protezione civile Spa). Si tratta di tre emergenze che segnano profondamente la situazione attuale, ma che evidentemente Colombo, impegnato com’è a costruire barricate non solo contro Berlusconi ma anche contro quelli della sua stessa parte che non condividono in ogni virgola la sua impostazione, non ritiene centrali. Il teorema del mio collega di gruppo, oltre a produrre virgolettati falsi, non tiene conto della battaglia che quotidianamente ciascuno di noi fa contro la politica della destra. Vorrei ricordare a lei e ai suoi lettori che ho presentato una interrogazione per chiedere conto a Berlusconi della vicenda Favata e con lo stesso strumento, ho denunciato gli sprechi del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria a fronte della situazione disastrosa delle carceri italiane. Forse la ricerca quotidiana di legna che Colombo è costretto a compiere per innalzare barriere ed alimentare roghi non gli lasciano il tempo di condividere, lui sì, le battaglie del gruppo di cui è parte.

Andrea Orlando

presidente Forum Giustizia del Pd

Riassunto delle puntate precedenti. Il 7 giugno Andrea Orlando, responsabile Giustizia del Pd, parla con Giovanna Casadio (“La Repubblica”). La giornalista annota i dubbi che alcuni esponenti del Pd (Vincenzo Vita, Felice Casson) e il giudice Spataro nutrono sul progetto di Orlando di confrontarsi con il Pdl su tutti i problemi della giustizia nonostante i continui attacchi alla giustizia, ai magistrati, alla Costituzione da parte del Pdl e del suo capo. Scriveva Casadio: “A infuriarsi per tante parole a vanvera è Andrea Orlando”. Nel testo di Repubblica “tante parole a vanvera” è tra virgolette, dunque “d’autore” (ovvero del responsabile per la giustizia del Pd). L’ho citato in un mio testo su questo giornale. Orlando mi risponde in modo irato. Francamente non vedo il punto. Il tema non era una polemica interna. Il tema era, ed è, se sia giusto, opportuno e politicamente conveniente aprire un discorso sulla giustizia con chi cerca di immobilizzarla e svilirla e metterla a tacere. Orlando, pur così giovane e – come è facile constatare – ancora nuovo al compito più importante di tutta l’opposizione, in questo periodo della storia italiana, dopo essersi “infuriato” parlando con la Casadio, s’infuria con me, in quanto autore di “opinioni talvolta false e sempre imprecise”. Devo fargli osservare che le espressioni sono infelici perché le opinioni – nel mondo della libertà – non si distinguono in vere e false, precise o imprecise. Sono i fatti (e il racconto dei fatti) che si espongono a quel giudizio.

Più avanti il gentile interlocutore parla di un “disco rotto” (che sarei io) e di un mio teorema (?). Capisco che Orlando debba reggere un peso sproporzionato. Ma perché aggiungere una tale esibizione di malumore e di malagrazia? A nome e per conto di tutto il Pd? Pensa che la sua furia renda più forte e condivisa l’immagine del maggior partito di opposizione? Trovo una risposta orientativa in un editoriale di Sergio Romano (“Il Corriere della Sera”, 21 giugno): “Forse l’esempio britannico può aiutarci a capire perché la ricerca della verità sia più complicata in Italia che altrove. La commissione di Londonderry è stata presieduta da un uomo che ha passato la vita nelle aule dei tribunali, prima come avvocato, poi come giudice”. Insomma, non sempre l’inesperienza è un valore. Certo un po’ di propensione all’ascolto aiuterebbe.

Furio Colombo

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

IN TUTTA FRANCHEZZA, MI RIESCE MOLTO DIFFICILE CAPIRE PERCHE' UN GIOVANOTTO (1969) CHE HA CONSEGUITO LA SOLA MATURITA' SCIENTIFICA POSSA E DEBBA ESSERE IL RESPONSABILE PD PER I PROBLEMI DELLA GIUSTIZIA!