mercoledì 30 giugno 2010

IL GIORNO DEL FEDERALISMO


Dopo oltre un anno il governo oggi presenta i conti Tremonti potrebbe usarli per fare subito altri tagli

di Stefano Feltri

Destini incrociati: l’approvazione della manovra finanziaria (per ora da 24 miliardi) e l’introduzione del federalismo fiscale si intrecciano in un modo imprevisto. E comincia a circolare il sospetto che, alla fine, parte dei tagli necessari per risanare il bilancio verranno affidati al federalismo, che i leghisti non possono non votare con entusiasmo.

“C’è spazio per delle modifiche alla manovra”, ha detto ieri sera il leader leghista Umberto Bossi prima di incontrare il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. La manovra, di fatto, sta già cambiando: i 2500 emendamenti depositati non produrranno grandi effetti, quello che conta sono le 11 proposte di modifica avanzate ieri sera dal relatore di maggioranza in Commissione bilancio, Antonio Azzollini (Pdl) che riassumono la volontà politica del governo, e quindi quasi certamente saranno recepiti dal maxi-emendamento in aula sul quale ci sarà la fiducia (e quindi il Parlamento non potrà modificare nulla). La seduta si è svolta nella notte, ma gli interventi annunciati in serata riguardavano la cancellazione dell’aumento della soglia che dà diritto alla pensione di invalidità (resterà il 75 per cento) e l’aumento dell’età pensionabile per le donne nel pubblico impiego, la soglia per la pensione di vecchiaia salirà a 65 anni, analoga a quella degli uomini. “Quest’ultimo intervento valeva poco, circa 40 milioni di euro, rivedere i tagli alla scuola è più delicato perché più costoso”, spiega Paolo Giaretta, senatore del Pd che è relatore di minoranza della manovra.

IL SALDO. Tutto dentro la Finanziaria sembra ancora oggetto di contrattazione, incluso l’unico elemento finora intoccabile: il saldo finale da 24 miliardi. Ci si è messo prima lo stesso ministero del Tesoro a confermare le previsioni di Bankitalia, ammettendo che la correzione del bilancio avrà un effetto negativo sulla crescita: mancheranno all’appello 8 miliardi di Pil tra il 2010 e il 2012. Poi l’impegno (solo politico e non vincolante) del G20 canadese, dove i leader mondiali si sono impegnati a dimezzare i deficit di bilancio entro il 2013. E visto che le stime di crescita del governo sulla base delle quali sono calcolati gli obiettivi della manovra sono ancora molto ottimistiche, è quasi certo che serviranno almeno altri 8 miliardi subito e forse un’altra quindicina nei prossimi due anni. Oppure l’Italia non riuscirà a portare il rapporto tra deficit e Pil al 2,7 nel 2012, finendo quindi nel mirino dei mercati finanziari che, come dimostrano i crolli di tutte le Borse ieri, non sono affatto tranquilli.

CASSE FEDERALI. Quindi c’è poco da negoziare: i tagli servono. E anche il federalismo fiscale può tornare utile per queste ragioni. Oggi Tremonti presenterà al Consiglio dei ministri la relazione sul federalismo fiscale, che dovrebbe rappresentare il primo vero passo avanti dopo un anno di stallo (la legge delega numero 42 è del maggio 2009): quanto costa, come funziona, cosa cambierà. Nelle anticipazione che il Tesoro ha fatto circolare nei giorni scorsi veniva enfatizzato che il federalismo farà risparmiare almeno 10 miliardi di euro. Resta un mistero il come. “Non credo che il governo possa permettersi politicamente di chiedere altri tagli, ma dubito anche che i risparmi di spesa ci siano subito. Sono possibili solo quando il federalismo andrà a regime”, dice il senatore Giaretta del Pd. Eppure è sempre più chiaro come Tremonti stia provando ad usare il federalismo come supplemento alla manovra: l’introduzione del criterio dei costi standard al posto della spesa storica (lo Stato decide i trasferimenti in base ai servizi che gli enti locali erogano, non in base a quanto hanno speso in passato per erogarli) permetterà fin da subito di distinguere i buoni dai cattivi. Al momento, i tagli “orizzontali” della manovra colpiscono senza distinguere tra Regioni virtuose e quelle con il bilancio fuori controllo. La Lombardia, per esempio, ha ridotto dell’11,4 per cento la spesa tra il 2006 e il 2008 eppure adesso viene chiamata a un sacrificio di altri 1,4 miliardi (e per questo il suo governatore Roberto Formigoni è tra i più battaglieri). Così come il Veneto che, nonostante le economie di spesa, deve rinunciare a 640 milioni: un taglio che, come ha ribadito il governatore Luca Zaia, metterebbe in ginocchio la Regione. Nello stesso periodo la spesa del Lazio aumentava del 56 per cento, quella del Molise del 66.

Per fortuna c’è il federalismo: chiarire chi sono i più virtuosi permetterà a Tremonti di modulare gli interventi, di trovare il modo di premiare – o almeno compensare in parte – le Regioni più virtuose (che sono anche di centrodestra) e scaricare – almeno sulla carta – il peso del risanamento sugli altri. E già questa notte se ne sarebbe parlato in Commissione bilancio: l’idea è appunto di confermare il saldo finale dei tagli alle Regioni, ma negoziare sui tempi, premiando chi è più in regola spalmando il dimagrimento su più tempo.

SOLDI VERI. Gli enti locali, in attesa di capire come finirà hanno messo le mani avanti. Per ora tutti smentiscono di voler usare il federalismo demaniale (l’unica parte della legge delega che si è concretizzata) per vendere spiagge o montagne che sono state trasferite dallo Stato alle Regioni. Però lasciano capire di poterlo fare, in casi estremi. “Decideremo il destino dei beni demaniali assieme agli enti locali. La via da seguire è quella della valorizzazione, non della vendita ai privati”, ha detto ieri il governatore Ugo Cappellacci. E altri soldi possono arrivare dalla service tax che, inserita nel federalismo, consentirebbe ai Comuni di aumentare le imposte. La cosa meno chiara, in tutto questo, è il ruolo del nuovo ministro al Federalismo Aldo Brancher. “È un affare chiuso, però è stato fatto un grosso errore nell’affidargli le deleghe del federalismo”, ha detto Bossi ieri.

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