mercoledì 30 giugno 2010

Il principe Carlo d'Inghilterra condanna Galileo


PIERO BIANUCCI

Il principe Carlo d’Inghilterra (foto), 62 anni, eterno erede al trono della mamma, la regina Elisabetta, ha perso un’altra buona occasione per tacere. Intervenendo al Centro per gli Studi Islamici di Oxford (di Oxford!) sulla questione ecologica – tema che gli è particolarmente caro, insieme con la medicina omeopatica e la botanica sentimentale, quella che nutre le piante con parole d’amore sussurrate – il principe del Galles ha spiegato che il problema ambientale nasce “da una crisi interiore e profonda dell’anima” della quale è responsabile Galileo Galilei, portatore di un “pensiero meccanicistacolpevole di aver prodotto il materialismo e quindi il consumismo.

La frase eretica di Galileo individuata dal Principe questa volta non riguarda il moto della Terra su se stessa e intorno al Sole ma più in generale l’aver affermato che “non c’è nulla in natura se non quantità e movimento”.

Dunque Galileo al principe ereditario fa ancora paura. E con lui la scienza che Galileo rappresenta, cioè la Ragione, il metodo di ricerca fondato sull’osservazione e sull’esperimento ripetibile (da anglicani, cattolici e islamici). Ma l’Inghilterra non era la patria dell’empirismo? E poi di Darwin e di tanti scienziati che hanno reso possibile la modernità, allungato e migliorato la qualità della vita?

A dispetto di Carlo d’Inghiterra, quei materialisti degli astronomi insistono testardamente con le loro misure prive di anima. Su “Nature” del 17 giugno un folto gruppo di ricercatori ha presentato un risultato non di grande rilievo in sé ma straordinario per la finezza e difficoltà tecnica dell’osservazione compiuta. Il fenomeno in questione, avvenuto il 9 ottobre dell’anno scorso, è l’occultazione di una stella da parte del piccolo oggetto KBO 55636 appartenente alla Fascia di Kuiper, dove si aggirano, aldilà dell’orbita di Nettuno, migliaia se non milioni di corpi ghiacciati di piccole e medie dimensioni. Rilevando i tempi di occultazione con 21 telescopi di 18 diversi Osservatori tra loro distanti sulla Terra fino a 5920 chilometri, gli astronomi sono riusciti a stabilire che il raggio di questo minuscolo asteroide misura 143 chilometri, con un errore stimato di 5 chilometri in più o in meno. Impresa davvero eccezionale se si ricorda che KBO 55636 dista da noi circa diecimila volte più della Luna.

Per chiudere, una notizia da casa nostra. Da qualche giorno è online l’archivio dell’astronomia italiana. Se siete interessati alla storia della nostra scienza del cielo, segnatevi l’indirizzo indirizzo Internet www.archivistorici.inaf.it Troverete in questo sito una grande quantità di interessanti documenti su tre secoli di osservazioni astronomiche fatte in negli Osservatori italiani che furono già universitari e che ora fanno capo all’Inaf, l’Istituto nazionale di astrofisica. Gli archivi, oltre a molti libri, accolgono documenti, per la maggior parte manoscritti, che testimoniamo i rapporti degli astronomi con la comunità scientifica, il potere politico e la società civile del loro tempo. E’ il punto di arrivo di un lungo percorso. Fin dal 1980 gli Osservatori astronomici italiani si sono posti il problema del riordino, della classificazione e dell’adeguata conservazione dei propri archivi storici. Un interesse diffuso per la storia della scienza aveva infatti messo in rilievo, in quegli anni, la necessità di disporre di fonti fino ad allora semisconosciute ma potenzialmente di grande interesse: dati fotografici ieri considerati non rilevanti, oggi possono, per esempio, diventare preziosissimi alla luce di nuovi dati raccolti con gli strumenti nel frattempo diventati disponibili. Il primo Osservatorio a valorizzare il suo archivio fu, a partire dal 1983, quello di Brera a Milano, seguito da Torino, Bologna e Arcetri. Si sono poi aggiunti Padova, Cagliari, Capodimonte, Catania, Palermo, Roma, Trieste e Teramo.

Nessun commento: