

AMEDEO LA MATTINA
Palazzo Grazioli sembra un bunker nel quale Berlusconi deve difendersi dagli attacchi della magistratura e da quella che i berlusconiani definiscono «una tenaglia: da una parte Fini dall’altra Tremonti». Il premier viene descritto depresso, diffidente. Si rende conto che gli stanno arrivando addosso una slavina dietro l’altra. L’ultima è l’iscrizione nel registro degli indagati del sottosegretario Caliendo al quale ha dovuto esprimere la sua fiducia perchè non può farsi dettare l’agenda dai pm, rimanendone ostaggio. Il premier ha chiaro che l’obiettivo è il cuore del governo, cioè lui stesso. E il timing sarebbe fissato per ottobre-novembre quando
Ma intanto continua l’assalto al bunker anche di natura politica che vede in prima fila il presidente della Camera e dietro le quinte il ministro dell’Economia (questo il sospetto del premier). Tremonti nega intenzioni del genere. Tuttavia il Cavaliere, in un colloquio alla Camera, gli avrebbe chiesto spiegazioni delle sue mosse, del perché nei giorni scorsi ha avallato l’idea dell’esistenza di una questione morale. E questo proprio nel momento meno indicato, con Verdini, Cosentino, Caliendo, Dell’Utri sotto torchio.
Berlusconi e Tremonti ieri dovevano insieme presentarsi all’assemblea dei deputati per parlare della manovra economica di cui si vota la fiducia. L’assemblea è saltata. C’è chi dice che il motivo è stato di evitare che la sala fosse mezza vuota visto che i deputati la manovra l’hanno letta sui giornali. L’altra spiegazione è che a Berlusconi non è piaciuta l’idea di Tremonti che gli chiedeva di metterci la faccia sulla manovra. Tra l’altro l’assemblea sarebbe potuto essere l’occasione di richieste di chiarimenti sui rapporti con Fini. E il premier per il momento non vuole dire in pubblico quello che pensa in privato della terza carica dello Stato. Vuole invece superare lo scoglio del voto di fiducia sulla manovra e poi quello sulle intercettazioni.
A questo proposito sembra che si vada ad un voto di fiducia sulle pregiudiziali di costituzionalità mentre sul merito del provvedimento tutto verrebbe rinviato a settembre: votare i primi giorni di agosto, con sicure assenze tra le fila della maggioranza, è stato altamente sconsigliato a Berlusconi. Il quale sta verificando quale sarebbe il costo di una rottura con Fini. In sostanza prima di fare la sua mossa vuole le spalle coperte, sapere quanti sono i finiani che seguirebbero l’ex leader di An.
Il premier è convinto che, con il rischio di elezioni anticipate, sarebbero una dozzina alla Camera, ma i conti potrebbero rivelarsi sbagliati. «Silvio vuole le spalle coperte prima di fare il passo finale contro Fini», spiega un ministro che in questi giorni lo sente spesso. E che esprime qualche dubbio sulla certezza della tenuta di Verdini: «Essersi dimesso da presidente del Credito cooperativo e non da coordinatore è un comportamento contraddittorio. Il fatto che Bankitalia abbia commissariato la banca rende Berlusconi sospettoso sugli affari di Denis».
Rimane il fatto che il premier non ha chiesto né a Verdini né a Caliendo di dimettersi, ma sul sottosegretario alla Giustizia ora pende la mozione di sfiducia a settembre: un’altra pistola carica sulla tavolo del Cavaliere. Che nel bunker medita su cosa fare per neutralizzare Fini: circola l’ipotesi di un documento da approvare in un ufficio di presidenza (l’appuntamento potrebbe essere per giovedì) che di fatto metterebbe fuori dal partito l’avversario. Intanto Fini ieri ha chiuso la vicenda di Mantovano, chiamato in causa da Granata sulla vicenda della scorta tolta a Spatuzza. Lo ha chiamato al telefono per «immutata stima e considerazione».

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