Gli uomini del premier lanciano l'"assalto finale" al presidente della Camera: "O ci asseconda, o se ne va". L'ex leader di An sorpreso dalla forzatura: "Ma quel testo non si può votare"
di LIANA MILELLA
È il giorno della grande sfida. Di Berlusconi contro Fini. Contro il Quirinale. Contro la piazza. Per tacitare i forti dissensi interni. Per puntare, in un en plein, a portare a casa prima delle vacanze, le intercettazioni, il lodo Alfano, un nuovo vice presidente del Csm del centrodestra. Si parte con Fini, alle 9 di mattina, nella capigruppo. Si chiude col Quirinale, alle 9 di sera, nella consulta per la giustizia di Niccolò Ghedini. Con una provocazione per Napolitano raccontata così: "Gli abbiamo chiesto in tutti i modi di indicarci le modifiche. Ma lui non vuole segnalarcele. E allora noi andremo avanti con il testo così com'è, facendo al massimo qualche lieve modifica. E poi succeda quel che deve succedere". Il segnale arriva ai finiani che reagiscono nell'unico modo possibile: "Se le cose stanno davvero così noi voteremo sì alla fiducia, se la mettono, ma subito dopo bocceremo il ddl".
Da ieri si preparano un luglio e un agosto di fuoco. Con i berluscones all'attacco, decisi a chiudere i conti col presidente della Camera. "O dentro o fuori. O ci asseconda o se ne va. Tanto, elettoralmente, non pesa nulla". Lui non nasconde la sorpresa. Tant'è che ai suoi confida: "Ero convinto che avrebbero desistito dalla forzatura di voler mettere questo ddl a tutti i costi in calendario. C'è la manovra, c'è la crisi economica, si può andare a settembre". Percepisce il segnale ostile del Cavaliere, sente la voglia di sfida, reagisce "indignato". La sua squadra gli fa quadrato intorno. Ma Berlusconi, dicono i colonnelli, vuole "dargli una lezione" e chiudere sulle intercettazioni.
La road map disegnata dall'ala dura del Pdl prevede di portare all'apice la sfida. A partire dalle modifiche. Che potrebbero essere pochissime e tali da non mutare la natura del testo, già fin troppo edulcorato per il premier. Poi il tentativo del doppio voto, nella prima settimana di agosto, prima alla Camera e poi al Senato, con una doppia fiducia. A ridosso, palazzo Madama dovrebbe licenziare per la prima lettura il lodo Alfano costituzionale, su cui Roberto Centaro, che ne ha scritto la prima versione, ha scoperto un evidente errore che avrebbe comportato il rischio di escludere dall'applicazione i processi in corso per il premier. Lo scudo avrebbe coperto il capo dello Stato, poiché nel testo è scritto che vale "anche in relazione a fatti antecedenti all'assunzione della carica". Ma poiché la stessa frase non è ripetuta per premier e ministri c'era il rischio che Berlusconi restasse scoperto. Sarà il presidente della commissione Giustizia Filippo Berselli, con un parere, a suggerire la correzione.
L'ansia nel correggere questo dettaglio dimostra la volontà dei falchi di andare fino in fondo. Contrastando chi, all'opposto, e non solo tra i finiani, considera la strategia del Guardasigilli Alfano e dell'avvocato Ghedini del tutto perdente. Diceva ieri un dissidente: "Stiamo sbagliando tutto e ci stiamo mettendo tutti contro, basta guardare la piazza di domani, giornalisti, magistrati, società civile, un disastro". Per questo bisogna chiudere al più presto. Incassando le intercettazioni e il lodo Alfano e spuntando un accordo sul Csm. Lungamente, in un divanetto del Transatlantico, ieri hanno parlato Ghedini e il centrista Michele Vietti, disposto ad entrare nella rosa per il Consiglio solo a patto di diventarne il vice. Ma per questo serve l'appoggio di Berlusconi. Il quale, in prima battuta, vorrebbe puntare su un uomo di sua stretta fiducia, Gaetano Pecorella o Peppino Gargani. Ma qualora, com'è peraltro scontato, i togati non li votassero, quella di Vietti potrebbe diventare una candidatura di compromesso, da spendere sul piatto di un ritrovato rapporto con Casini.
Ma prima di arrivare al Csm e agli otto laici che le Camere devono eleggere c'è lo scoglio degli emendamenti alle intercettazioni. Con l'incognita dei finiani e soprattutto della presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno. "Che farà lei? Presenterà delle modifiche?" si chiedeva ieri il segretario della consulta Pdl Enrico Costa. Lì può cadere il piano del Cavaliere perché se
(01 luglio 2010)
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