

Dalle trascrizioni delle intercettazioni emerge un intreccio fra il faccendiere sardo ed esponenti della camorra interessati a riciclare denaro. Una rete per corrompere i magistrati
di EMANUELE LAURIA, FRANCESCO VIVIANO e CORRADO ZUNINO
L'ultimo mistero dell'inchiesta sulla "P3" è la missione di uno dei suoi protagonisti, l' affarista Flavio Carboni, che giunge a Milano con un pacco pieno di soldi: "500 milioni di dollari", dice lui mentre viene intercettato. Una vicenda ancora a tratti oscura che rivela però un altro vasto capitolo dell'indagine della Procura di Roma. Dalle intercettazioni trascritte nelle oltre 15 mila pagine del rapporto dei carabinieri emerge un inquietante intreccio fra Carboni, i suoi sodali ed esponenti della camorra interessati a riciclare ingenti somme di denaro. Obiettivo: realizzare casinò negli alberghi di tutt'Italia ed entrare con forza nel business dell'eolico. La malavita campana, insomma, dietro l'associazione segreta composta da Carboni, dall'imprenditore Arcangelo Martino e dal tributarista Pasquale Lombardi (tutti e tre arrestati) che poteva avvalersi di una rete di politici, magistrati e funzionari pubblici. Sullo sfondo anche un giro di tangenti: quelle che la camorra avrebbe distribuito ad alcuni parlamentari per essere "agevolata" nei suoi affari.
IL RUOLO DELLA CAMORRA
Scrivono i carabinieri nel loro rapporto che "un gruppo di soggetti di origine campana, ritenuti contigui alla camorra e attivi in operazioni di riciclaggio e impiego di risorse economiche di provenienza illecita nel settore del gioco, si sarebbe adoperato per riciclare denaro sporco". E di questo gruppo il capofila sarebbe Pasquale De Martino, del clan Sarno del quartiere napoletano "Ponticelli". "Tramite l'imprenditore Carlo Maietto, il De Martino ha instaurato rapporti con i noti Lele Mora e Flavio Carboni e, dal tenore di molte conversazioni intercettate, tali contatti sembrano essere finalizzati a realizzare importanti iniziative imprenditoriali verosimilmente nel settore dei casinò". È sempre attraverso Maietto, affermano i carabinieri, che De Martino è riuscito ad avere delle "entrature" in ambienti politici e istituzionali. "In tale contesto - prosegue il rapporto - è emersa una chiara vicenda di natura illecita che vede protagonisti Ivano Chiusi, Maietto e De Martino e che sembrava prevedere il pagamento di somme in denaro, anche in favore di un uomo politico, per ottenere vantaggi".
LE TOGHE DEVIATE
Dalle carte rimbalza con forza il ruolo rivestito da toghe deviate, magistrati compiacenti. Sensibili alle sollecitazioni della "P3", anzi componenti a tutti gli effetti della rete in grado di condizionare l'attività di organi costituzionali e amministrazioni pubbliche. Già nelle premesse del loro rapporto i carabinieri spiegano che il sodalizio composto da Carboni, Martino e Lombardi si avvaleva di giudici "che prendevano parte alle riunioni nel corso delle quali venivano impostate le principali operazioni e che parevano fornire il proprio contributo all'azione di interferenza: Arcibaldo Miller (capo degli ispettori del ministero della Giustizia, ndr), Antonio Martone (avvocato generale in Cassazione) e il sottosegretario Giacomo Caliendo". Ma i nomi agli atti sono molti, molti di più. La scena principale è Milano, dove la "combriccola" preme per la nomina del magistrato campano Alfonso Marra alla presidenza della Corte d'appello. La missione riesce, grazie alle pressioni sul Csm. Il regista della manovra, in questo caso, è Lombardi. Che il 22 ottobre del 2009 parla con Caliendo, invitandolo esplicitamente a "lavorarsi per bene" Carbone (primo presidente della Corte di Casszione) prospettandogli una legge per l'aumento dell'età pensionabile da 75 a 78 anni. Il voto di Carbone è utile per l'elezione di Marra. E lo stesso Lombardi, in un'altra intercettazione dice "di avere in pugno" il presidente di Cassazione. Proprio perché ne conosce i desideri. Carbone il 22 settembre aveva chiesto esplicitamente al suo interlocutore ora finito in carcere: "Io ti voglio dire una sola cosa: che faccio dopo la pensione?". "Non ti preoccupare: ne sto parlando con l'amico mio di Milano", la risposta di Lombardi.
IN VISITA DA MANCINO
Lombardi parla personalmente della questione che gli sta a cuore - l'elezione di Marra - anche al vicepresidente del Csm Nicola Mancino. La prima il 24 novembre. E a Caliendo subito dopo racconta: "Ho fatto gli stessi discorsi che gli hai fatto tu - dice Lombardi al sottosegretario - Nicola mi ha detto che prima vuole vedere come (i consiglieri del Csm, ndr) fanno la relazione". Lombardi racconterà a Marra di aver rivisto Mancino per pochi minuti anche a fine gennaio, riferendo di aver trovato il vicepresidente del Csm più morbido: "Ha detto: va bene, vediamo che si deve fare". Mancino voterà a favore di Marra, così come Carbone. "Lombardi? L'ho incontrato ma non gli ha dato alcuna rassicurazioni perché non ho mai pensato di rispondere a lui su incarichi giudiziari", replica l'ex ministro. Ma nel periodo antecedente all'elezione del presidente della Corte d'appello di Milano è frenetica l'attività "diplomatica" di Lombardi: il tributarista tenterà invano di parlare anche con Gianni Letta al quale - tramite la segretaria - chiederà di fare una telefonata a Carbone. E, in vista di alcune nomine, farà un vero e proprio elenco di magistrati graditi alla "P3": il 21 gennaio, parlando con Celestina Tinelli, componente del Csm, suggerisce anche i nomi di Paolo Albano per
UNA MANO A FORMIGONI
Non appena Marra ottiene la carica, i componenti dell'associazione gli chiedono esplicitamente, "dietro mandato dello stesso Formigoni", di intervenire sull'esclusione della lista riconducibile al governatore Lombardo. Il primo marzo 2010 Formigoni parla con un altro componente della combriccola, l'imprenditore partenopeo Arcangelo Martino: "Ma l'amico Lombardo, Lombardi è in grado di agire?". Risponde Martino: "Sì, ha già fatto qualche passaggio". Lombardi, lo stesso giorno parla con il giudice Gaetano Santamaria: "Ho già chiamato Fofò (Marra)... gli ho detto io domani mattina alle undici stongo da te... domani arrivo io verso le undici e cercasse di chiamare questi quattro stronzi perché... presenta in mattinata il ricorso". Santamaria garantisce: "Adesso parliamo con Alfonso". Anche il sottosegretario Caliendo, parlando con Lombardi, dice di essere intervenuto con Marra per sollecitarlo ad accogliere il ricorso di Formigoni: "Non credo che lo farà", dice Caliendo.
IL PIRELLONE E LA "NEVE"
La triade composta da Martino, Lombardo e Carboni si muove anche per ottenere un'ispezione del ministero della Giustizia negli uffici della Corte d'appello che ha escluso la lista di Formigoni. È Martino a chiederla direttamente ad Arcimboldo Miller, il capo degli ispettori, che in una telefonata del 5 marzo suggerisce al suo interlocutore di far presentare un esposto allo staff del candidato governatore lombardo. Da quel momento Formigoni si informerà più volta con la "combriccola" dell'esito della vicenda. Anche con linguaggio allusivo: il 10 marzo chiede a Martino "se malgrado la neve ci saranno degli spostamenti verso il Nord", riferendosi appunto agli ispettori. Il giorno seguente c'è un pranzo, al ristorante Tullio di Roma, partecipano Lombardi e Miller, in seguito al quale Lombardi dice a Martino che la documentazione inviata al ministero è incompleta. I presunti nuovi piduisti, in pratica, fanno da intermediari fra Formigoni e via Arenula per ottenere il via libera all'ispezione. L'esposto suggerito da Miller, attraverso Martino e Lombardi, arriva alla segreteria del Guardasigilli Alfano e del sottosegretario Caliendo. Ancora Formigoni chiederà a Martino il 15 marzo se "chi deve camminare lo sta facendo". Martino lo rassicura: "Arriverà dalle tue parti a fine settimana". È confortato dal colloquio con un alto esponente istituzionale. Lo stesso Formigoni chiarirà che la persona a cui fa riferimento l'imprenditore (ora agli arresti) è il ministro Angelino Alfano. Il quale, alla fine, si opporrà all'invio degli ispettori. Ma si sentirà in dovere di giustificarsi sia con il governatore Lombardo che con il "mediatore" Martino. Si evince da una conversazione fra Martino e Formigoni del 24 marzo. Martino: "Ti chiamò Angelino?". Formigoni: "Mi chiamò". Martino: "È tutta gente di basso profilo". Formigoni: "Mi sono molto arrabbiato con lui, perché sabato lui si era impegnato. E gli ho detto: ma guarda che è il nostro capo che ha bisogno di una cosa del genere...". Il capo, va da sé, sarebbe Silvio Berlusconi.
IL BUSINESS SARDEGNA
Il ruolo di Carboni, condannato a 8 anni e 6 mesi per il crac Ambrosiano, rimane centrale. Ed è esercitato soprattutto nella sua Sardegna. Il faccendiere controlla la giunta regionale. Ha previsto un investimento nell'isola per 400 impianti eolici su discariche abusive, lo devo fare "perché quelli di Roma sono incazzati neri". Fa nominare "con gli interventi decisivi di Denis Verdini e Marcello Dell'Utri", scrivono i carabinieri, il fidato Ignazio Farris alla presidenza dell'Arpas Sardegna (agenzia ambientale): ieri il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, ha allontanato il tecnico. Verdini rivela a Carboni: "Domani fanno la giunta e sabato ne fanno un'altra volante per la nomina... Cappellacci mi ha detto di rassicurare te e Marcello". Carboni promette incarichi a uomini del suo gruppo affaristico e tiene in pugno il presidente Cappellacci: "Il governatore - scrivono i carabinieri - fa approvare dalla giunta regionale un documento redatto dal suo gruppo, più lucrevole e agevole". Sui direttori dei dipartimenti della Regione dice Carboni: "Adesso tocca a noi". E promette a Marcello Garau: "Domani tu sarai un vice... Dobbiamo fare un piano operativo sulle nomine". "E come si fa senza vederci?". "Domani sera io c'ho l'incontro".
"CON TE TUTTO A POSTO"
C'è una richiesta di finanziamento di Carboni alla banca di Verdini, il Credito Fiorentino, che non è andata a buon fine. Carboni a Verdini: "Con te tutto va a posto, sei un maestro". Verdini: "Sono rapido, più che altro sono rapido". Carboni: "E sei concreto e sei pratico, ecco, e sei una persona leale, degnissima. Sei una mazza e molto simpatico, complimenti amico mio". Carboni lo chiama sua eccellenza il signore di Firenze, ma anche "l'uomo verde". Gli incontri nella casa di Verdini smentiscono la versione data dal coordinatore del Pdl: "A casa mia non si è parlato né di Lodo Alfano né di eolico". In una telefonata del 9 dicembre Marcello Dell'Utri spiega a Carboni che non potrà liberarsi prima delle 18 e propone di vedersi direttamente da Verdini. Dell'Utri: "Direttamente lì, da Denis". Carboni: "Direttamente da Denis, perché sono arrivati i miei due amici sardi, uno è già arrivato, l'altro è in arrivo... Ignazio (Farris) e coso per spiegare, ecco, quali sono... Loro sono i tecnici, cioè, quelli che proprio fanno... Adesso chiamo Denis, non possiamo prenderci un appuntamento senza che ci sei tu".
(14 luglio 2010)

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