venerdì 16 luglio 2010

GUAI LOMBARDI


di Bruno Tinti

Mi convinco sempre di più che l’importante non è avere il potere di decidere; l’importante è impedire che si prendano le decisioni che non piacciono.

Quando si scoprì che un consigliere del Csm, Cosimo Ferri, era consultato da Innocenzi (Agcom) su come fare per bloccare Annozero, 14 consiglieri chiesero di accertare se ciò fosse compatibile con i suoi doveri deontologici. Che poi si potessero irrogare sanzioni era del tutto irrilevante, l’importanza della questione stava tutta nei principi che il Csm avrebbe affermato. Naturalmente le opinioni erano discordi; e, soprattutto, la questione aveva risvolti politici molto accentuati. Insomma una patata bollente. Ma nessuno si scottò perché nessuna decisione fu presa.

Infatti se si procede o no lo deve decidere il comitato di presidenza del Csm (il vicepresidente Mancino, il primo presidente della Corte di cassazione Carbone, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione): si tratta di materia che rientra nella competenza del Csm? se sì, la pratica va alla competente commissione; se no, si archivia. Mica male come controllo: si decide se si può decidere.

Manco a dirlo, sui rapporti tra Ferri, Innocenzi e gli altri che volevano far fuori Annozero il Comitato decise che non si doveva decidere. Archiviazione, inguattamento, nebbia fitta, fate voi.

Qualche tempo dopo, siamo verso la fine di aprile, salta fuori la storia dell’eolico in Sardegna; se ne occupano le Procure competenti e si vedrà. Ma, in quel contesto, si legge sui giornali di un certo Pasquale Lombardi che organizza megaconvegni cui partecipano (ovviamente spesati di tutto) un sacco di magistrati e che però qualche rapporto poco chiaro con i coinvolti nell’inchiesta sull’eolico sembra avercelo.

Così un consigliere del Csm, Livio Pepino, in “plenum” (sarebbe una riunione cui partecipano tutti i componenti del Csm) chiede di accertare quali rapporti ci siano tra questo inquietante personaggio e i magistrati che accettano i suoi inviti e la sua ospitalità. Lo chiede (registrato e trascritto) ma non lo formalizza in una “apertura pratica”, come si dice in gergo. Però, insomma, stanno tutti là, tutti sentono, tutti discutono. Solo che, Pepino non lo sa, ma Pasquale Lombardi non è uno sconosciuto al Csm; ha rapporti con Mancino e con Carbone; ed è conosciuto da molti altri come afferma la consigliera “laica” Celestina Tinelli (“Lombardi era di casa al Csm”).

La circostanza potrebbe anche essere positiva: qualcuno lo conosce, qualcuno potrebbe fornire informazioni, ci si potrebbe tranquillizzare o forse preoccuparsi; ma insomma si potrebbe cercare di capire. Invece niente, nessuno si attiva.

E nessuno si attiva anche qualche giorno dopo, quando il consigliere Pepino torna alla carica. In plenum un altro consigliere, Berruti (che era stato l’unico della sua corrente, Unità per la Costituzione, a votare contro la nomina di Alfonso Marra a presidente della Corte d’Appello di Milano, nomina molto sponsorizzata proprio da Lombardi) si alza e smentisce formalmente un articolo de “il Giornale” in cui lo si accusa di aver rapporti con Lombardi: “Io lo conosco bene, è di Avellino, come me; so che tipo è e non lo tocco nemmeno con un palo”. E

Pepino se ne compiace e ribadisce: “Adesso però vediamo quali altri magistrati, del Csm e no, hanno rapporti con questo signore che non è in odore di santità”. Ma anche qui niente. Adesso il Csm ha aperto una pratica su Marra e sulla sua nomina. La domanda è: che farà quando si arriverà, fatalmente, a quel Lombardi di cui nulla ha voluto sapere fino ad ora?

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