mercoledì 21 luglio 2010

"HO VISTO COSE CHE VOI UMANI ..."

Di Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino

“Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”, ammoniva Voltaire. Luigi Morsello, le carceri, non le ha solo osservate, le ha anche dirette, inaugurate, amministrate, attrezzate e riparate.

Per rendere più dignitosa la vita dentro e, nel suo piccolo, più civile l’immagine fuori del suo Paese, oltre al custode, ha dovuto imparare a fare anche il ragioniere, l’elettricista, il muratore, il falegname, l’ingegnere e pure l’inventore.

Morsello è attualmente in pensione, ma negli anni difficili che vanno dal 1969 al 2005 ha diretto sette istituti ed è stato in “missione” in altri ventidue.

Le sue memorie di direttore di carceri itinerante sono finite in un volume, La mia vita dentro (Infinito edizioni), che ha scritto con la collaborazione dei giornalisti Francesco De Filippo e Roberto Ormanni.

Un libro avvincente, che leggi tutto d’un fiato, come accade nelle storie in cui ci sono buoni e cattivi, guardie e ladri.

Non so in quale delle due parti collocare Morsello, perché dal racconto emerge un personaggio singolare in cui convivono umanità e severità, ragionevolezza e rigore, durezza e tenerezza, senso della legge e senso pratico.

ttento alle condizioni di vita dei detenuti-detenuti e a quelle dei semi-detenuti che alla fin fine risultano essere direttori, agenti di custodia, assistenti sociali, educatori e altri componenti la comunità penitenziaria.

Morsello è un tipo che i problemi non li pone, ma tenta di risolverli. Sono innumerevoli gli episodi del libro in cui racconta di soluzioni, anche ingegnose, per risolvere problemi complicati e di soluzioni immediate ai problemi semplici che spesso vengono complicati dalla burocratica e opaca amministrazione carceraria.

Una sua fissazione, quella dei “conti”, può rendere l’idea del personaggio. Appena arriva in un carcere, la prima cosa che fa è verificare e mettere a posto la contabilità, premessa della buona amministrazione generale. Quando lo mandano in “missione” a dirigere un altro carcere, foss’anche solo per un mese, esige e ottiene di portarsi dietro un ragioniere di fiducia per ristabilire la corretta tenuta dei conti.

Nel carcere di San Gimignano, con i primi computer messi a disposizione dalla Olivetti e una stampante ad aghi, fa attivare il primo programma di gestione degli stipendi degli agenti e delle mercedi dei detenuti quando all’epoca ogni carcere provvedeva manualmente alle due operazioni.

All’isola di Gorgona mandano lui, quando Dalla Chiesa ha in mente di installare una sezione speciale per terroristi. Trova il totale disordine della gestione contabile, l’elettricità che va e viene e l’acqua che non sale dai pozzi. Finita la missione, va via lasciando i registri contabili perfettamente a posto, due gruppi elettrogeni in grado di funzionare, una motopomba nuova e due di riserva per tirare su l’acqua potabile.

Viene mandato in missione anche a Pianosa, quando nella famigerata diramazione Agrippa sono rinchiusi 80 “irriducibili” e si ha sentore di un assalto dal mare per liberarli.

A parte il solito caos contabile, nell’isola-monumento della lotta al terrorismo, trova la caserma agenti senza riscaldamento, nessuna scorta di gasolio e i vetri rotti alle finestre che già non hanno gli scuri. Le torrette di sorveglianza sulla costa sono illuminate con le candele rubate alla chiesa, i collegamenti telefonici tra un posto e l’altro dell’isola sono quasi sempre interrotti e i walkie-talkie hanno finito le batterie.

Se ne va dopo un mese di missione, ma almeno lascia i conti in ordine e le finestre coi vetri, il riscaldamento in funzione e una riserva di gasolio, i fornelletti di illuminazione tipo camping gaz nelle torrette e le pile per i walkie-talkie.

Il libro, ovviamente, parla di rivolte e di evasioni, di sequestri di guardie e relative punizioni, di fatti tragici e allo stesso tempo divertenti.

Come quando, nell’agosto 1975, durante un tentativo di fuga a San Gimignano due detenuti sequestrano sette guardie e chiedono la classica macchina veloce e un salvacondotto. Lui consiglia di prenderli per sfinimento e si oppone ad atti di forza come pure a tentativi velleitari di “parlamentare” coi rivoltosi. Viene esautorato, col risultato che gli ostaggi in mano ai detenuti da sette diventano sedici, tra cui due magistrati e cinque giornalisti, e la vicenda che si risolve tragicamente con un detenuto ammazzato da un cecchino.

Negli Anni di Piombo, Morsello va in giro per le carceri della Toscana con un appuntato che gli fa da autista, il Mab d’ordinanza e la sua pistola privata. Con il Mab sparano solo ai conigli selvatici sul ciglio della strada da San Gimignano a Lucca. La pistola la usa una volta sola, nel 1992, non contro i brigatisti ma per togliersi la vita. Una serie di ingiustizie e vessazioni, lo hanno fatto cadere in depressione. I primi sintomi si manifestano nel 1981, dopo la fuga da San Gimignano di Gianni Guido, condannato per la strage del Circeo. Morsello quel giorno non c’è, ma non se la sente di buttare la croce addosso al comandante. Si assume la responsabilità oggettiva dell’evasione – il direttore era lui – e i giudici la tramutano subito in responsabilità penale: viene condannato per evasione, l’unico direttore, forse, nella storia d’Italia a essere condannato per questo reato. Per punizione viene trasferito a dirigere la Bellaria di Lonate Pozzolo, un carcere fantasma, senza muro di cinta, senza recinzioni e senza sbarre alle finestre. Seguono altri trasferimenti in carceri inesistenti. Si spara al cuore nel settembre del ’92 ma per fortuna uno spostamento millimetrico della traiettoria gli impedisce di morire.

“La situazione nelle carceri è pericolosissima: serve l’indulto,” ha detto Morsello alcune settimane fa, alla presentazione del libro organizzata nella sede del Senato dai Radicali e dall’associazione Il Detenuto Ignoto. “Il sovraffollamento delle carceri è endemico e dovuto a leggi criminogene come quelle sulla droga e l’immigrazione clandestina, oltre al fatto che il nostro codice prevede duecento reati che potrebbero essere declassati a sanzioni amministrative.” Per fortuna, ci sono stati e ci sono ancora tipi così nell’amministrazione penitenziaria, che fanno e rendono conto, tentano di tappare un buco in un sistema che fa acqua da tutte le parti, riparano qualche danno dell’illegalità vigente.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

LO SO LUIGI, HAI RAGIONE: LE TUE PAGINE LE LEGGO TUTTE, MA NON RIESCO AD AVERE UN MOMENTO TRANQUILLO PER SCRIVERTI (TRASLOCO RINVIATO, ORARIO PIENO IN BOTTEGA PER SOSTITUZIONE, MA FIGLIO E CANE IMMOBILIZZATI: E' UN PERIODO DA SCLERO - VOCE DEL VERBO SCLERARE... NON "TOGLIERE IL CLERO" UHU!)

Francy274 ha detto...

Molto bella anche questa recensione. Volevo pubblicarne una sul blog "condominiale".. ma il tempo me lo ha fatto sfuggire, ora pubblico questa.. spero Ti faccia piacere.. Scrittore :)

anna ha detto...

Ottima recensione da parte di uno che è vissuto come te dentro, anche se dall'altra parte della barricata.
Ho letto quello che hai pubblicato su D'Elia.
Alcune di quelle date hanno avuto molta importanza nella mia vita.
Mi ha dato modo di fare dei paragoni tra la mia e la sua vita. Eravamo giovani nello stesso periodo ed in luoghi abbastanza vicini.
Grazie Luigi, per queste notizie interessanti.
Grande persona D'Elia, e grande persona il mio amico Morsello!
Ciao Luigi

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

GRAZIE ANNA, DI D'ELIA HO SCRITTO NEL MIO LIBRO, CONSULTA L'INDICE DEI NOMI.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

C'E' ANCHE UN MIO COMMENTO AL FILM, CHE DOVRESTI LEGGERE, QUELLO DELLA SCENA ORIGINALE IN ITALIANO.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

CERTO, MI FA TANTO, MA TANTO PIACERE MA ... NON SONO, RIPETO NON SONO UNO SCRITTORE. MAGARI!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

FRANCY, LA PUBBLICHI O NO?

amalia ha detto...

Se tu avessi la "penna" di Carlos Ruiz Zafon il risultato sarebbe stato un successo mondiale .
Purtroppo a me ,volendo fare una recensione al tuo libro e non avendone le capacita', non rimane che condividere pienamente questa di D'Elia, il libro e' interessantissimo , rende partecipe il lettore degli stati d'animo del protagonista e fornisce un quadro preciso dei problemi che ci sono all'interno di un carcere.
Non e' un mero elenco di problemi tecnici e burocratici
ma anche un excursus sulla situazione politica degli anni piu' difficili della nostra storia contemporanea
Complimenti,DALLE PAGINE DEL LIBRO NE ESCE UNA BELLA PERSONA
PS : Il tuo libro avrebbe dovuto leggerlo il direttore delle carceri di Massa Carrara

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Grazie Amalia, ti sento sincera e mi fa piacere. Il libro, per essere il primo e per ora unico in Italia che descrive le cose del carcere non in modo astratto ma nella narrazione dei fatti, degli accadimenti di un direttore, avrebbe potuto essere un buon successo editoriale, ma ci voleva un editore coraggioso, invece il mio è stato fin troppo prudente. Adesso pare che voglia fare la seconda edizione, con la prefazione di un altro magistrato (Aldo De Chiara, procuratore aggiunto della repubblica a Napoli) e la post-fazione di Luigi Pagano, provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria della Lombardia. Io poi ho scritto un ulteriore capitolo sul carcere di Lodi, mia ultima sede di servizio.
Può darsi che così il libro abbia una più ampia diffusione, anche se adesso impazza la moda del libro elettronico. Forse saranno impiegate anche foto personali significative.
Ancora grazie.