lunedì 26 luglio 2010

Il deputato Fabio Granata insiste "Nel Pdl c'è una questione morale"


GUIDO RUOTOLO

Domenica di passione per Fabio Granata. Crocefisso soprattutto dai vecchi camerati dell’Msi per le sue professioni di fede antimafia che avrebbero inferto colpi mortali al governo e al suo sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ritenuto colpevole di non aver voluto dare la patente di pentito a Gaspare Spatuzza. Di fronte a tutte le frecce avvelenate che gli sono state lanciate, lui, che vive sotto scorta, ha passato la mattinata a manifestare contro le trivellazioni di petrolio nel ragusano. E dopo aver riflettuto e aver avuto conforto da Roma, Fabio Granata ha accettato di rispondere alle accuse dei suoi colleghi di maggioranza e di partito.

Onorevole, non deve essere piacevole trovarsi sul banco degli imputati...
«Sono sorpreso. Ciò che ho espresso sulle stragi del ‘92 e più in generale sui temi della legalità sono concetti e valori da sempre patrimonio della destra politica italiana. Una destra che ha in Paolo Borsellino e in tutti quei servitori dello Stato uccisi perché facevano il loro dovere, il punto di riferimento imprescindibile dell’agire politico».

Un bravo ragazzo ma un cavallo pazzo, l’ha definita così Gianni Alemanno.
«Sono amareggiato particolarmente per il tentativo di dipingermi come un irresponsabile rispetto ad alcune verità di fondo su quegli anni bui che sono le stesse ribadite da personaggi come Ciampi, Piero Grasso, Fini, Pisanu, lo stesso presidente Napolitano. Nessuna tesi eversiva ma la consapevolezza che su quella stagione bisogna ancora fare piena luce pretendendo verità e giustizia. Non furono solo stragi di mafia, quelle di Falcone e Borsellino».

Tesi suggestiva, tutta da dimostrare.
«La ciclopica storia di depistaggi e insabbiamenti portata avanti con i primi processi che hanno visto protagonista quel pentito inquinato che corrisponde al nome di Vincenzo Scarantino, dimostra che opera di deviazione vi fu e che non fu farina del sacco di Cosa nostra».

Spatuzza, su di lui si è spaccata la maggioranza...
«Non ho dato patente di attendibilità a Gaspare Spatuzza. Non tocca a noi politici dispensare queste patenti. Come l’intera Antimafia, ho preso atto che tre Procure competenti, Firenze, Palermo e Caltanissetta, lo hanno ritenuto attendibile. In particolar modo, le due procure siciliane hanno circoscritto la sua attendibilità alla ricostruzione delle stragi di Falcone e Borsellino. In particolare, la strage di via D’Amelio. Non conosco un rigo delle dichiarazioni di Spatuzza sui fatti successivi a Falcone e Borsellino, per cui non ho espresso e non intendo esprimere alcuna valutazione. Sul premier Berlusconi, tanto per essere chiari, continuo a ritenere che sia vittima di un accanimento giudiziario ingiustificato».

Il presidente della commissione che vaglia le posizioni dei dichiaranti che vogliono ottenere il programma di protezione, Alfredo Mantovano, si è risentito per le sue dichiarazioni, chiedendo al presidente Fini di essere tutelato...
«Stimo Mantovano. Dico subito che secondo me ha commesso un errore di valutazione. Tutto qui, nulla a che vedere con il sospetto di collusione con la mafia. Si può esprimere una critica? Lo dico perché sono consapevole che Alfredo Mantovano è un magistrato e insieme al ministro dell’Interno Maroni ha ben condotto l’azione di contrasto alle mafie».

Ma le sue critiche sono andate ben oltre: ha accusato parte del governo di non fare lotta alla mafia.
«Ho messo insieme alcuni fatti e alcuni segnali. Su Spatuzza ho già detto. Aggiunga che diversi membri del governo e del Pdl hanno utilizzato un linguaggio inaccettabile nei confronti delle Procure maggiormente impegnate in questi procedimenti. E poi il silenzio di settori del governo che pure sono impegnati nella lotta alle mafie nell’impegno a migliorare in Parlamento il testo sulle intercettazioni. Arrivavano suggerimenti dal prefetto Manganelli, il capo della Polizia, del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso su come non indebolire gli strumenti investigativi della lotta alla mafia. Noi, tra mille difficoltà, abbiamo raccolto quei suggerimenti e anche su questo siamo stati accusati di remare contro il governo».

Non crede che lei sia il pretesto per mettere in difficoltà il presidente della Camera, Gianfranco Fini?
«Lo sospetto anch’io. Da parte mia non posso che ribadire che non mi scuso per quello che ho detto. Che non posso tacere che nel Pdl c’è anche una questione morale. Che se finisco io davanti ai Probiviri, vorrei che anche i Cosentino e i Verdini vengano processati dai giudici del partito. Sono consapevole che a Orvieto sono prevalsi i venti di guerra di chi vuole risolvere traumaticamente i conflitti politici».

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