venerdì 9 luglio 2010

Intercettazioni e Lodo, la guerra di B. punta al co-fondatore


di Sara Nicoli

Fate pure delle modifiche, basta che l’impianto rimanga quello del Senato; eppoi facciamo presto”. Le fissazioni di Berlusconi sul ddl intercettazioni restano le stesse; qualche modifica, non sostanziale, giusto per far vedere che “siamo aperti al dialogo, soprattutto con il Quirinale”, ma guai a scardinare l’impianto della legge che è uscito da palazzo Madama. “Aperti alle richieste dei magistrati, ma nessun cambio sulle sanzioni agli editori; la privacy va difesa ad ogni costo”. Così i desiderata del Cavaliere che su Fini, ormai, usa solo poche parole: “Non esiste più”.

Gli ultimi giorni di Pompei sono sempre i peggiori. Ieri il Cavaliere ha riunito di nuovo tutti a Palazzo Grazioli dopo un incontro al Quirinale con Napolitano che gli ha fatto chiaramente capire che l’aria che tira è più pesante che mai: non ci voleva quel titolo del Giornale il giorno di un previsto rendez-vous per il Consiglio Superiore di Difesa. Berlusconi contava di parlare a Napolitano sia delle intercettazioni che del lodo Alfano, invece niente, solo gelo.

Inutile tentare un’intesa, stavolta non arriverà neppure attraverso il solito Gianni Letta. La chiusura, da parte del Colle, è granitica, tanto che ieri Berlusconi non ha neppure tentato qualche battuta per svelenire il clima alla vigilia del black out mediatico; il nodo modifiche alle intercettazioni verrà dipanato solo dal ministro Alfano. Che, a quanto si apprende, sarebbe intenzionato a presentare solo tre emendamenti, due sull’allungamento dei tempi degli ascolti (si parla di 120 giorni al posto degli attuali 75, con proroghe di una settimana anziché di poche ore) e uno sul meccanismo del giudice collegiale che deve autorizzare le proroghe dei tempi. Poche aperture, invece, sui reati spia (“un pallino dei finiani” è stato commentato ieri a Palazzo Grazioli) e nessuna sul fronte delle multe agli editori e al divieto di pubblicazione da parte dei giornalisti anche delle intercettazioni non più coperte da segreto. Alfano ci penserà per tutto il fine settimana, ma non è detto che i desiderata di modifica da parte del governo siano presentati entro lunedì in Commissione Giustizia della Camera, quando scadranno i termini. Malgrado Berlusconi abbia pregato Alfano di “non fare forzature”, quello che si teme tra i falchi del Cavaliere è che il relatore, Giulia Bongiorno, possa presentare emendamenti autonomi (il regolamento le dà questa facoltà) che metterebbero i berluscones in grave imbarazzo: votarli o non votarli?

“Il testo non è intoccabile”, ha spiegato ieri il ministro Frattini, ma un conto è fare quello che dice Berlusconi, un altro andar dietro la “finiana” Bongiorno. Ecco perché, dietro le quinte, si sta facendo strada la possibilità di arrivare alle modifiche reali volute dal governo con un maxi-emendamento da presentare in aula con annessa richiesta di fiducia: “Stiamo guardando il calendario – ha concluso Frattini – potremmo farcela ad approvare il ddl prima della pausa estiva, lavorando fino al 5 agosto”.

Ma la priorità di Berlusconi, in questo momento, sembra un’altra. Ovvero quella di riprendere il controllo del Pdl che gli è sfuggito totalmente di mano. Un po’ per colpa di Fini, ma non solo. Ecco perché anche ieri è tornato a battere il ferro della questione di "mettere fine alle correnti interne – ha spiegato Berlusconi – a partire dal depotenziamento delle fondazioni”. In ambienti vicini al premier, si fa l’ipotesi di formare una “mega fondazione” dove conglobare tutte quelle proliferate negli ultimi mesi per “riuscire a mantenere un controllo culturale e politico più attento allo sviluppo del partito”. C’è da giurare che “Generazione Italia” non aderirà mai a questa funambolica ipotesi di “accentramento”, ma d’altra parte l’ultima chiamata per il “soldato” Fini pare sia già suonata e superata. Il comune sentire dei berluscones sul presidente della Camera è stato brillantemente riassunto ieri dalla parlamentare europea Iva Zanicchi: “Fini deve andare fuori dalle palle, non è del Pdl!”. Quando si dice la classe. Intanto al Senato, il Pdl ha presentato tre emendamenti al Lodo Alfano in Commissione Affari costituzionali per spalmare lo scudo anche al presidente del consiglio e ai ministri lasciandogli la possibilità di rinunciarvi. Quanto promesso è stato dunque mantenuto e la stessa cosa accadrà sulle intercettazioni. Colle o non Colle, Berlusconi vuole fare. E la fiducia si avvicina.

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