

Un altro discorso del “predellino”? Ma la posta è più alta: lo farà dal predellino di un camion? Una nuova “adunata oceanica” a piazza San Giovanni? Una presenza ancora più invadente sul video? Che cosa c'è in programma per l'estate di Berlusconi per ridare fiato al suo partito? Rifarà, come suggerisce Cicchitto, rimasto prigioniero della Prima Repubblica, il partito d'antan con sezioni, tessere, congressi? Sposterà uomini, chiamerà altre facce, costituirà nuovi uffici e regie? Possiamo sbizzarrirci per capire come Berlusconi “lavorerà” il partito. Alla stessa guisa della massaia con la pasta, il pane non viene diverso. E la ragione è semplice: quello è il Pdl: un partito “appeso” a Berlusconi. Proliferano fondazioni, associazioni, giornali che esprimono gruppi in cerca di e in lotta interna per spazi di potere: ma operano al servizio di Berlusconi.
IL PDL È UN coacervo di personaggi, notabili, clientele, comitati d'affari che ruotano attorno a Berlusconi. È uno schema associativo neo-feudale con signori, vassalli, valvassori, valvassini che controllano il potere locale, in nome di Berlusconi, che procacciano voti, influenze e svaghi e in cambio ricevono lo status di popolo di Berlusconi.
Berlusconi può cambiare l'ordine dei fattori: il prodotto non cambia: è destinato a proliferare nuove “fondazioni”; a sprofondare nella corruzione e ad essere incalzato dall'esercito degli astenuti, già ormai più del 40%. Ma anche questo esercito non ha armi per sloggiare Berlusconi. Il vero sostegno di Berlusconi non è tanto il Pdl quanto il Pd che non è e non appare essere una credibile alternativa. E nella democrazia se non vi è una opposizione percepita come credibile, i governi non cadono ma brancolano.
NON È IL PARTITO il terreno su cui deve misurarsi Berlusconi. La crisi ha investito clamorosamente la sua leadership politica, come è emerso con il contrasto tra lui, Alfano, Letta e altri, oltre che con Fini e Napolitano sulla proposta relativa alle intercettazioni (occorre aggiungere anche il contrasto su un altro terreno con Tre-monti). Un commentatore cauto come Massimo Franco ha definito, sul Corriere della Sera del 21 luglio, Berlusconi “impotente”. Dia alla crisi endemica del partito lo sbocco politico fisiologico. Si dimetta. Corra il rischio di un governo senza di lui: un rischio allo stato delle cose assai remoto perché non è immaginabile un governo contro il Pdl e
Berlusconi può fare un governo nuovo e un programma “serio” (visto che ha praticamente eretto uno scudo contro le inchieste a suo carico e ha il tempo di dedicarsi ad altro): nascerebbe insomma un Berlusconi bis, il quale verifica la sua maggioranza davanti alle Camere. Sarebbe un passaggio importante perché nel corso della crisi si possono aprire nuovi scenari – Casini? – ed è più agevole il chiarimento con Fini e il confronto anche numerico tra le rispettive forze. Il governo si può rafforzare o in caso contrario si va ad elezioni anticipate. E non è da escludere che possa nascere un governo provvisorio con il compito di cambiare la legge elettorale: cosa che non riuscì a Marini al termine dell'altra legislatura, anche se tutti i materiali erano pronti. In conclusione, la crisi che attraversa la coalizione di governo è gravissima perché è morale e politica. Una tale crisi non può risolversi nel Pdl, ma deve entrare nella sede naturale che è il Parlamento.

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