martedì 20 luglio 2010

Stefano Disegni, una striscia li seppellirà






di Marco Travaglio


L’altra mattina, a Fiumicino, in attesa dell’imbarco del mio aereo per Torino, leggevo la striscia domenicale di Stefano Disegni sul Fatto Quotidiano. Raccontava della consueta visita di Bondi al suo signore e padrone, in femminee faccende affaccendato, per annunciargli la visita di tre avanzi di galera: Peppe er Corvo, er Malandra e ‘u Scannainfami. I quali, temendo di tornare dentro, si rivolgevano a lui per un aiutino. E lui, reduce dalla nomina di Brancher a ministro del Federalismo per sottrarlo al suo processo, li promuoveva rispettivamente ministri per il Recupero dei binari morti, per la Rimozione dei chewing-gum dai marciapiedi e per la Tutela e Salvaguardia del sasso italiano, con incorporato legittimo impedimento. Perché, spiegava, “qui non si processa più nessuno, non siamo mica nel Medioevo”. Pensando di non essere visto, singhiozzavo in quell’angoletto di aeroporto e ogni tanto mi asciugavo le lacrime. A un certo punto mi sono accorto che si era radunato un piccolo assembramento di persone che, avendomi riconosciuto, si stavano preoccupando per me e mi domandavano se avessi bisogno di qualcosa. Ho faticato parecchio a spiegare che non mi era accaduto nulla di tragico: piangevo dal ridere. Ho dovuto metterli a parte della striscia di Disegni. Alla fine, quando l’han letta, hanno capito e si sono tirati a sorte la mia copia del Fatto Quotidiano.

Ecco, non so a voi, ma a me Stefano fa questo effetto. Non gli resisto. L’ho conosciuto a metà anni Novanta nella redazione di Cuore. Arrivava in moto, tutto vestito di pelle nera. Pensavo fosse matto, anzi: ne ero sicuro. Poi, dopo la chiusura di Cuore, lo persi di vista per qualche anno, finché ci reincontrammo all’Unità di Padellaro, dove pubblicava una striscia settimanale nell’inserto satirico «M» (era quasi la sola cosa che mi facesse ridere di quell’inserto). Antonio mi chiamava il sabato per leggermela in anteprima, anche lui singhiozzando dalle risate. Quando abbiamo fondato Il Fatto, è stato il primo che abbiamo chiamato, anzi precettato, con largo anticipo sull’arruolamento dei giornalisti: il nostro nuovo giornale non poteva nascere senza Disegni.

Né lui né noi sapevamo se saremmo mai riusciti a mettere in mare la barchetta, ma lui, essendo pazzo, si appassionò subito e disse che era dei nostri. Da quando il giornale uscì, ogni settimana ci regala tre quarti di pagina di delizioso veleno, riuscendo sempre a trasformare il fatto della settimana in una striscia irresistibilmente comica, cioè ancora più comica del fatto della settimana. Il che non è difficile: è quasi impossibile. Eppure lui ci riesce. E dire che non lavora solo per noi.Collabora anche al Riformista (non so come faccia, ma ci riesce), a Ciak, a Linus. Sempre con lo stesso livello altissimo, cioè bassissimo. Perché il bello della satira, quando è satira, è riuscire a dire le cose più turpi e feroci con una levità che le rende soffici come una piuma. Riesce a rendere la pornografia del potere con la stessa leggerezza che usa il bambino quando dice “cacca”. Ora il meglio della sua produzione dell’ultimo biennio è raccolto in questo libro, ‘Indemoniato!’, di cui ogni pagina da sola vale il prezzo di copertina.

Classifica impossibile
Ho cercato
di stilare una classifica delle storie (alcune seriali) o dei miei personaggi preferiti. Impossibile. Berlusconi che dialoga con le sue palle e il suo pisello. Il Papa che, in latino maccheronico, strepita coi cardinali perché non trova “meae scarpettae rubrae de Prada”.D’Alema che sdottoreggia persino sulle lampadine fulminate e sul tempo che fa, e tutti intorno che hanno imparato a fare il contrario di quel che dice lui. Rutelli che assume le forme e le sembianze degli oggetti, alberi, cespugli, muri che gli stanno intorno, come il ministro Goria tutto barba e senza lineamenti del Forattini migliore (cioè di tanto tempo fa). Bersani che, per essere vicino alla gggente e ai gggiovani, va al Festival di Sanremo consigliato da Cristiano Malgioglio.Bruno Vespa che, siccome la funzione crea l’organo, si trasforma in un tappetino con tutti i nei al posto giusto. Minzolini che chiama Berlusconi a tutte le ore del giorno e della notte per far decidere tutto a lui, persino come rispondere alla domanda “Come va?” Veltroni e Fassino moscissimi che si allenano sul ring del pugilato. Capezzone reclutato dai mariti fedifraghi per trovare scuse politiche alle corna che mettono alle mogli. Dell’Utri che propone il monumento al Mafioso Ignoto. Angelino Alfano che deve trovare una giustificazione a ogni legge-capriccio di padron Silvio, il quale a ogni risposta esatta gli dà lo zuccherino. I dialoghi di Bossi col figlio Renzo, detto il Trota. Ghedini costretto a deforestarsi continuamente il pelo sullo stomaco per evitare il soffocamento. Napolitano che dorme e intanto firma tutto, mica come quegli isterici di Ciampi e Scalfaro, che infatti non dormivano mai. La Rai che manda in onda la nuova rubrica culturale “Per una pugnetta di libri” e il nuovo quiz “Chi vuol esser corruttore?” E poi la saga di Bondi, l’“umile e devoto palafregno” che tritura le palle al suo Sire, Faro, Celeste, Conducator, Prence con i suoi ditirambi in endecasillabi sciolti e rime baciate, mentre quell’altro è intento a sperimentare le più avveniristiche tecnologie turboerettili.

Finto bon ton e paraculismo
Ma dovendo
proprio scegliere le mie strisce preferite, opterei per quelle senza volti noti, che sbertucciano l’incultura impunitaria berlusconiana e, di rimbalzo, il bon ton a costo e a saldo zero del Pd e il paraculismo della stampa e dell’intellighenzia “terziste”. Ce n’è una, irresistibile, sul dibattito che nasce dopo un borseggio per strada: la vecchina borseggiata grida “Al ladro”, e quello prontamente denuncia il “giustizialismo” insito nelle sue parole, “accenti di giacobinismo che lasciano trapelare un’antica voglia di giustizia sommaria”, come un Panebianco o un Galli della Loggia qualsiasi. A quel punto interviene un signorino occhialuto e azzimato col mento ben levigato: tipico esemplare di dirigente o intellettuale del Pd, un incrocio fra Violante ed Enrico Letta. Il quale invita tutti ad “abbassare i toni”, a “fare un passo indietro” in nome del “bene comune” e lontano da “dipietrismi demagogici”, perché “non è con l’antiscippismo preconcetto e viscerale che vinceremo”, anzi è proprio “l’antiscippismo che rafforza gli scippatori”, quindi propone un sereno dibattito all’insegna del dialogo costruttivo, magari istituendo un’apposita commissione in cui invitare il ladro a un “confronto tematico da cui uscirà a pezzi”. Il ladro, intanto, si dilegua con la borsetta. Ecco, non mi viene in mente nulla di più efficace di questa striscia di Stefano per polverizzare le cazzate dei sedicenti “riformisti” che, ossessionati dal timore di passare per antiberlusconiani, da quindici anni reggono il sacco a Berlusconi o gli fanno da palo. Un’ultima avvertenza: mai leggere Indemoniato! in luoghi affollati da sconosciuti, tipo aeroporti, stazioni, bar, ristoranti, spiagge. Vedendovi piangere o rotolare per terra, qualcuno potrebbe chiamare la neuro. O l’esorcista.
Travaglio mente sapendo di mentire: non mi sono mai vestito di pelle nera. Avevo degli incantevoli completini glamour. (Stefano Disegni)


Guarda la striscia completa di Stefano Disegni

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