

Massimo Cacciari
(07 luglio 2010)
Tutti ne parlano ma non c'è una classe politica decisa e capace di realizzarlo davvero
Tremonti ha preso in mano la bandiera del federalismo e presentata una relazione che più creativa non si può. Metodi, tabelle con cifre inverificabili, paradossali calcoli a base di promesse e slogan. Ma ciò che conta è che la bandiera sventoli sul Carroccio, come novello sol dell'avvenire. Tanto, dall'altra parte, mica ci sono sul tavolo proposte federalistiche credibili, o uno straccio di discussione e mobilitazione sul tema. Soltanto, quando va bene, la critica degli aspetti più indigeribili della pseudo-manovra governativa. E col sottinteso più o meno trasparente che di federalismo tout court meglio è tacere.
Perché? Perché nessuno in Italia è oggi in grado di affrontare con realismo e coerenza la ricostruzione federalistica del nostro Stato. Ci si aspettava che la relazione tremontiana fornisse almeno quattro dati a proposito di "federalismo fiscale", ma l'unica cosa relativamente concreta riguarda la fissazione di alcuni costi standard.
E la causa è chiara: di "federalismo fiscale" ha infatti senso discutere se si intende porre mano all'inaudita e devastante sperequazione tra le Regioni nella quota di gettito impositivo che esse "trattengono".
E sarebbe interessante chiedere alla Lega, che governa da anni in Lombardia e in Veneto e a Roma, come mai proprio le "sue" Regioni abbiano visto ulteriormente cadere le risorse loro "concesse" dall'odiata capitale.
Il problema non può essere affrontato seriamente per la semplice ragione che o lo Stato rinuncia a importanti entrate - oppure sarebbe necessario "premiare" gli attuali "virtuosi" togliendo quattrini a quelle Regioni che contribuiscono alla fiscalità generale a volte enormemente meno di quanto ottengano in trasferimenti. Ipotesi socio-politicamente impraticabili entrambe. E allora chiacchieriamone!
Più utile sarebbe discutere di Ente Locale, la vittima sacrificale di questa e delle passate manovre. Tremonti annuncia che finalmente l'imposta sulla casa sarà competenza del Comune. Tuttavia la sua quota più importante, quella sulla prima casa, viene soppressa definitivamente per decreto dello Stato. Per non aggiungere che a nessun Comune italiano essa è stata rimborsata per intero, come era nelle promesse. Ma, si dice, i Comuni potranno accorpare vari balzelli e tariffe. Come se da questi interventi potessero venire aumenti di entrate! Avverrà l'opposto. Ma chi ha governato una città tra i grandi capi? E le tasse di scopo dove sono finite? Della possibilità per i Comuni di rivolgersi ai propri cittadini per opere significative, oppure, come nel caso delle città d'arte, per istituire tasse di soggiorno, come avviene in molti altri paesi, non c'è alcuna traccia.
Troppo facile prevedere che il welfare municipale entrerà in crisi sia per effetto della situazione economica che dell'invecchiamento della popolazione. Dove sarebbe da ridistribuire (vedi Regioni) non si può; dove sarebbe da tagliare davvero (vedi Provincie) non si può; dove sarebbe da risparmiare (vedi Città metropolitane) non si può.
Ma perché? Perché il problema è istituzionale-costituzionale e tutto politico. Perché nuovi rapporti inter-regionali sul piano finanziario-fiscale presuppongono una sede parlamentare che abbia come propria "missione" il decidere in materia, e cioè un Senato delle Regioni e delle Autonomie. E altrettanto vale per l'abolizione delle Provincie e la formazione di vere Città metropolitane. Per non parlare della esigenza di ridurre il numero delle Regioni.
Riforme di questa portata non possono avvenire a spezzatino, a colpi di maggioranza, senza disegno politico-culturale. L'Europa sarà pure iniziata da carbone e acciaio, ma i grandi mitteleuropei, Schuman, Adenauer, De Gasperi, che quell'inizio hanno segnato, esprimevano una visione e una volontà costituente, si muovevano nel senso di un nuovo patto tra le nazioni europee. Questo significa federalismo, e nulla di questo è oggi in circolazione.
Chi ne fa ideologia di partito, chi lo derubrica a calcolo economico (costa? Non costa? Ma certo che costa, se tutto deve restare com'è e le Regioni del Nord - solo le Regioni per carità! I Comuni crepino pure - devono ottenere di più), chi invece a mero decentramento.

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