

l Governo Berlusconi sta cercando di chiudere il web con una legge nata male e finita peggio, perché nel tentativo di rammendarla l’hanno storpiata e resa inattuabile. Di seguito pubblico un'intervista che ho rilasciato al quotidiano
“Non bastava il bavaglio alla stampa, che rimane tutto, ora vogliono pure chiudere Google”. Non ha dubbi Antonio Di Pietro e sulla legge annuncia un ostruzionismo durissimo.
LA REPUBBLICA: Rettifiche sul web entro 48 ore. Che ne pensa?
ANTONIO DI PIETRO: “Solo in apparenza si vuol far credere che la norma serve per garantire la privacy, ma in realtà è un modo per spegnere la rete, la cui forza sta nella capacità di autoregolarsi lasciando che ognuno immetta le proprie osservazioni. Un esempio? Il web si è riempito della notizia che ero stato messo sotto indagine. Ma se avessi preteso che, non avendo ricevuto alcun avviso di garanzia, dovesse essere cancellata, l’unica soluzione era chiudere la rete, perché ormai la notizia si era diffusa a macchia d’olio”.
LA REPUBBLICA: Non è giusto che la vittima di un’informazione falsa pretenda la correzione visto che viene danneggiato?
ANTONIO DI PIETRO: “Ora che è stata chiesta l’archiviazione, ho subito inserito la mia replica. La democrazia della rete sta nel fatto che ognuno fornisce la sua versione perché tutti se ne facciano un’idea. Ma la pretesa di togliere una notizia in 48 ore non solo è impossibile, perché si dovrebbe chiudere Google, ma la conseguenza è che nessuno pubblicherà più nulla nel timore di sanzioni”.
LA REPUBBLICA: Non è troppo agitare lo spauracchio del bavaglio su Google?
ANTONIO DI PIETRO: “La rete è un’autostrada in cui viaggiano tante auto, anche quelle dei rapinatori, ma per prenderli non si può chiudere l’autostrada, ma dare loro la caccia e arrestarli. L’obiettivo di Berlusconi è imbavagliare la rete, obiettivo impossibile”.
LA REPUBBLICA: Altre vie?
ANTONIO DI PIETRO: “Una sola, chiudere l’autostrada di Google. È una censura a 360 gradi, di fatto irrealizzabile. Io pubblico una notizia, seguono i post, che vengono linkati e trasmessi in mille mailing list. Non posso rimuovere la prima notizia, ma risponderne civilmente e penalmente. Non posso correre dietro l’etere della comunicazione, l’iperspazio di cui non ho più alcuna titolarità. Ma la libertà della rete mi consente di diffondere la mia versione nell’immediatezza del fatto”.
LA REPUBBLICA: Cos’è inaccettabile nel ddl?
ANTONIO DI PIETRO: “E’ una legge nata male e finita peggio perché nel tentativo di rammendarla l’hanno storpiata e resa inattuabile. Le perle. La prima: la richiesta dell’ascolto a tre giudici. Con tribunali sotto organico e per l’incompatibilità di chi ha già trattato un caso tutto si bloccherà. La seconda: aver soppresso la norma Falcone che permetteva di intercettare i reati satellite. Ora restano quelli di mafia che sono l’atto finale di una progressione di indagini che parte da un reato non di mafia. La terza: le ambientali possibili nei luoghi di privata dimora solo se si sta commettendo un reato. Un assurdo logico e giuridico perché in caso di flagranza io arresto e non intercetto”.
LA REPUBBLICA: E Fini soddisfatto del compromesso?
ANTONIO DI PIETRO: “Non è una conclusione nobile, resta un ddl che blocca le indagini e imbavaglia l’informazione, perché pure con l’udienza-filtro le notizie non potranno arrivare in tempo reale e in modo completo. Posto che è una legge schifezza, quella di Fini è solo una resa cui l’IdV non vuole sottostare”.
ANTONIO DI PIETRO: “Attueremo ogni tipo di protesta, referendum compreso augurandoci che il Pd ci venga incontro. Ma non lasceremo l’aula perché vogliamo gridare la nostra indignazione fino all’ultimo”.

Nessun commento:
Posta un commento