lunedì 30 agosto 2010

Amato: l'Ulivo? Un grosso rischio


CARLO BERTINI

«Mettere insieme i vari pezzi e frammenti da cui è costituito il centrosinistra può essere un’operazione positiva se li mette insieme davvero. Se si deve formare un cartello più elettorale che politico il rischio è vivere le difficoltà passate». Giuliano Amato mette in guardia Pier Luigi Bersani sul progetto di dar vita ad un Nuovo Ulivo. L’ex premier sbarca alla festa del Pd per tenere una lezione sui 150 anni dell’Unità d’Italia nella veste di presidente del comitato promotore delle iniziative che si terranno quest’anno in tutto il paese. Ma in qualità di uno dei massimi protagonisti della stagione dei governi dell’Ulivo, Amato sa bene quali insidie vi siano per chi ha tenuto il timone a Palazzo Chigi in quella fase.

«Ora - osserva - c’è il Pd che ci si aspetta eserciti le funzioni per cui è stato creato, se è in grado di attivare un processo di progettazione politica. Se il Pd vuole mettere insieme i pezzi deve essere in grado non soltanto di ficcarli tutti insieme nello stesso cassetto, ma di dare un senso comune alla coalizione. Può essere che ci si riesca...». Lei non ci crede molto? - gli chiedono i giornalisti. «Non lo so. L’esperienza del 2006-2008 ha avuto anche dei momenti frustranti, all’insegna del principio "occupiamoci di ciò che ci divide, non di ciò che ci unisce". A volte vedo riemergere questa vocazione e se quella vocazione lì permane, allora l’operazione ha poche probabilità di successo».

Amato non si sottrae alle domande di stretta attualità, anche se dice di non saper prevedere quanto durerà questa situazione e se il governo cadrà sul processo breve, anche se «si capisce che è un tema delicato al quale il premier tiene molto e che non tutto il Pdl è d’accordo».

E in questa fase turbolenta in cui il rapporto tra nord e sud del paese è quanto mai incrinato, nell’anno in cui si celebra un anniversario così solenne, può essere invece in gioco l’unità della nazione? «No questo no. Ma anche se oggi c’è chi dice che è stata fatta male o che era meglio non farla, non ritengo che si tratti di posizioni tali da mettere a repentaglio l’unità». E quindi, il senso della lezione che Amato tiene di fronte alla platea di militanti Democrats, a suo dire «è duplice: noi italiani ci siamo divisi su tantissime cose e anche sulla storia d’Italia. E’ tempo di seguire l’esempio di Napolitano e di trovare un’interpretazione unificante sulla quale si è d’accordo tutti.
La seconda lezione è che i momenti vincenti della nostra storia sono quelli in cui qualcuno ha impostato un futuro per l’Italia e non per qualche italiano». E alla Lega che sostiene che il federalismo è un antidoto alla secessione, Amato replica che «per ora il federalismo è una legge di principi con un alto livello di astrazione. Il problema principale del federalismo per l’Italia è quello fiscale: il paese ha un forte debito pubblico che presumibilmente resterà sulle spalle dello Stato. Il mercato non accetterebbe mai una sua ripartizione per le regioni. E allora quali basi imponibili rimarranno allo Stato per pagare questo debito e quali andranno agli enti decentrati?

Ecco, io prima voglio avere questa risposta e solo quando arriverà si comincerà ad attuare il federalismo». Ma perché, secondo lei la Lega è ora il partito più in salute? «Perché sono bravi sul territorio, sanno interloquire e hanno costruito una loro organizzazione. Poi rispondono senza troppe mediazioni alle domande degli elettori. E questo facilita un partito e di sicuro le forze politiche che cercano di mediare oggi sono quelle che hanno più difficoltà. E’ tutto qua, ma poi bisogna vedere come finisce: è vero che vanno di moda i "Tea parties", ma bisogna vedere quanti elettori si affidano a chi unilateralmente offre una sola soluzione».

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

DELLA SERIE: GLI "INTRAMONTABILI"!