Questione di prospettive personali e di calcoli elettorali. Di "sfascisti" contro "inciucisti". In cui l'obiettivo finale di mandare a casa il governo, sembra quasi sbiadire in un botta e risposta, poco comprensibile, per i già molto disorientati elettori di centrosinistra. Nel pieno della crisi del Pdl, con un settembre che si annucia a forte rischio per la tenuta del governo, l'opposizione si divide. Nulla di nuovo, si dirà. Anche se lo scenario disegnato dalla cacciata dei finiani, imporrebbe una compattamento che, almeno per ora, non si vede. Due gli schieramenti in campo: i duri e puri che chiedono elezioni subito e chi, invece, punta su un governo di transizione che cambi la legge elettorale e porti il paese al voto più in avanti.
Da una parte i dipietristi, Vendola e la sinistra radicale. Dall'altra il Pd e l'Udc. I primi, convinti che i tempi siano maturi per dare una spallata al governo del Cavaliere, invocano le elezioni in tempi brevissimi. Altre soluzioni non esistono. "Il governo di transizione è solo un'ammucchiata generale a cui non parteciperemo" dice Antonio Di Pietro. Mentre una sua fedelissima come Silvana Mura punta il dito contro il Pd "che continua ad ipotizzare una soluzione pasticciata come un governo di transizione". Stessa linea per Nichi Vendola. Per il governatore pugliese e leader di Sinistra e Libertà, la strada maestra è una sola: il voto. "Sarebbe un atto di responsabilità - dice in un'intervista al Manifesto - Bisogna sapere che serve una misura di igiene politico istituzionale e in democrazia l'unica misura di questo tipo è rappresentata dalle elezioni".
Opposta la ricetta del Pd. Che, anche in vista della difficile situazione dei conti, vede come il fumo negli occhi, la possibilità di andare al voto in autunno. "Non abbiamo paura delle elezioni - dice il segretario Pier Luigi Bersani - Ma servono al Paese? C'è una situazione di rissa tutti contro tutti, i mercati stranieri ci guardano, c'è un distacco micidiale dei cittadini nei confronti delle istituzioni e una legge elettorale che fa nominare i parlamentari dai partiti". In questa situazione, è il ragionamento del leader democratico, il voto sarebbe un danno. Meglio invece puntare su un governo di transizione "per fare la nuova legge elettorale, occuparsi dei problemi legati all'economia e al lavoro, bonificare le norme che stanno consentendo un'autostrada verso la corruzione". Solo dopo si potrà tornare alle urne. Una strada che il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini indica da tempo: "Se si vuole continuare a intraprendere altre scorciatoie, questo è un problema di Berlusconi".
Posizione opposte, dunque. Distanze difficili da colmare. E non a caso Bersani replica con freddezza a Di Pietro che gli aveva inviato un appello la richiesta di "una casa comune" del centrosinistra : "Bisogna accorciare le distanze tra le forze di opposizione, ma non si può un giorno darsi i calci negli stinchi e il giorno dopo fare il partito unico, i partiti non si fanno col predellino". Controreplica dipietrista: "Dire che non c'è più tempo per le tattiche significa anche che non c'è più tempo per far finta di non capire".
E così, nel momento di maggiore debolezze della maggioranza, l'opposizione stenta a trovare un filo conduttore comune. "Il centrosinistra non finisca in mano agli sfasciacarrozze" sferza il vicepresidente della Commissione di vigilanza della Rai, il deputato Pd Giorgio Merlo, mentre Rosy Bindi all'Unità si dice disposta "ad alleanze innaturali" per mandare a casa il Cavaliere. Manovre che, dall'altra parte, vengono bollate con la consueta accusa di "inciucismo". Aspettando settembre, quando quello che adesso è pura strategia futura, potrebbe trasformarsi, velocemente, in scelte immediate.
(01 agosto 2010)
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