MARCO ALFIERI
Una soluzione ci sarebbe, molto semplice, per germanizzare finalmente l’Italia…». Giorgio De Bona, presidente della Comunità montana bellunese, ammicca alla secessione mentre fuma il sigaro al tavolone dell’Hotel Ferrovia di Calalzo, l’albergo preferito da Bossi quando sale in Cadore, gestito dall’amico Gino Mondin, quello travestito da guardia rossa al compleanno di Tremonti. Saranno le due di notte.
Di fronte a De Bona Benedetto Fiori, cranio rasato e pizzetto simpatico, presidente del Parco dolomiti bellunesi - per Bossi semplicemente «il maestro» perché è direttore del coro Cadore - confessa che «Umberto è molto preoccupato dell’attuale piega politica, fa fatica a tenere buoni tutti i suoi…». In effetti. Il federalismo resta appeso alle baruffe finiane, «ogni tentativo di riforma sembra schiantarsi contro il muro di gomma della burocrazia romana, il vero cancro». E i margini per fare politiche economiche di incentivo «ai nostri territori vessati - prosegue Fiori – sono molto stretti». Giulio Tremonti in fondo lo ha ripetuto poco prima, sotto il tendone della festa leghista di Domegge. Il federalismo fiscale «è una cosa complicata, non si possono fare cose avventate. I numeri vengono prima della politica e noi non siamo di quelli che firmano l’assegno in bianco e poi lo fanno pagare alle famiglie…».
Insomma non è più come 15 anni fa, «che si poteva svalutare per correggere le asimmetrie e il mercato era fondamentalmente domestico», continua De Bona. Oggi l’Asia è tra noi, e l’Italia incorpora «un pezzo di Germania, noi, e un pezzo di Grecia, il Meridione. Un dualismo non più sostenibile dalle regioni del nord…».
Tutt’intorno al tavolone annuiscono, anzi ognuno aggiunge un pezzo personale: c’è chi racconta dei controlli dell’agenzia delle entrate «diventati ossessivi, solo che li fanno solo in Padania e mai al sud», e c’è chi stramaledice il patto di stabilità «uguale per tutti, virtuosi e spreconi». Quel che esce dalla bocca dei leghisti cadorini, certamente una terra di frontiera, è quasi una secessione preterintenzionale, che scava sotto le alchimie politiche con forza inesorabile. Militanti, imprenditori, il blocco sociale scalpita. Nonostante il Carroccio provi a governare i fenomeni e, come promette Luca Zaia, «il federalismo sarà proprio l’antidoto alla secessione».
Non a caso Bossi sta girando come una trottola la sua Padania anche «per fare da paciere, stemperare, calmare i bollori», prosegue Fiori. Parla, annusa, fa di calcolo. Poco prima, tra affettati e formaggi di malga, polenta e finferli della festa di Domegge al parco di Vallesella, abbracciando l’amico Giulio il Senatur lo ha spronato davanti a tutti. «Abbiamo bisogno di qualche altra tassa da dare alle nostre regioni per il federalismo fiscale, un irpef più flessibile, battere i pugni a Bruxelles per rivedere l’Iva. Lo terremo d’occhio Tremonti, ti terremo d’occhio Giulio…». E giù applausi.
Ecco c’è anche questo strano sentore, «tira aria da ’96» si lascia scappare qualcuno, dietro al solito veglione bossiano. Bortolo Sala alla chitarra e praticamente mezzo repertorio di Battisti, Celentano, Morandi e i cori Alpini (qui canta anche Tremonti). Due battute dell’amico Renato Pozzetto, mutismo sulla scabrosa visita di Gheddafi e un retroscena salace su Pierluigi Bersani, che «è andato da Berlusconi a offrirgli i voti», insufflando «che noi avremmo tradito. Me l’ha detto Silvio, prova a seminare zizzania», racconta il Senatur a notte fonda. Anche se «lo stimo Bersani, lo preferisco ai democristiani. Solo che non deve dire cose non vere. Con tutti i figli che ha Berlusconi, figurarsi, non verrà certo a dare a noi l’eredità», come pensa il segretario Pd quando accusa il Carroccio di acquiescenza al Cavaliere. Piuttosto, ridacchia sornione Bossi, «il Pd non vince le elezioni non per la legge elettorale, ma perché la gente non lo vota…».
1 commento:
MI PARE FUOR DI DUBBIO, E' GENTE NEL CUI CERVELLO NON ENTRA NULLA NEMMENO SE TRAPANATO. DUNQUE, GENTE PERICOLOSA. BISOGNA FAR4E MOLTA ATTENZIONE, QUESTI LA 'SECESSIONE' CE L'ANNO VERAMENTE IN TESTA.
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