venerdì 3 settembre 2010

È troppo lungo, allunghiamolo


di Marco Travaglio

Sempre più smunti, emaciati, sfatti, con due Samsonite sotto gli occhi e le piaghe da decubito, Angelino Al Fano e Niccolò Ghedini hanno varcato anche ieri il portone di Palazzo Grazioli per l’ennesimo vertice dedicato alla prima e unica emergenza nazionale: salvare le chiappe al principale.

La tragicomica coppia ricorda Fantozzi e Filini sullo yacht del megadirettore galattico che finge di invitarli in crociera-premio e poi li adibisce a mozzi di bordo in uniforme a righine.

Non si può dire che il Duo Impunità abbia lesinato impegno, devozione e abnegazione. Sono anni che i due avvenenti scudi umani del Cainano le provano tutte per risparmiargli la galera. Niente sonno, niente ferie, manco il tempo di guardarsi allo specchio (che ogni tanto aiuta). Notte e giorno sottoterra, nelle segrete di Palazzo Grazioli, ad architettare algoritmi sempre più complicati per mandare in fumo quei due o tre processi.

Due o tre si fa per dire, perché intanto quell’altro torna a delinquere, è più forte di lui, così i processi si moltiplicano con progressione geometrica e quei due sempre lì sotto a rifare i calcoli da zero.

Ora, dopo 39 leggi ad personam, siamo al punto a capo: se il 14 dicembre la Consulta si beve anche il “legittimo impedimento”, il pover’ometto torna dritto e filato in tribunale, che poi è il suo habitat naturale.

Processi Mediaset, Mediatrade e Mills.

Il più preoccupante è il terzo, perché a febbraio la Cassazione ha stabilito che Mills fu corrotto da B. (reato prescritto ma accertato con risarcimento alla Presidenza del Consiglio, dove simpaticamente siede il corruttore). Dunque, per il principio di non contraddizione, è ragionevole pensare che B. corruppe Mills. E siccome i fatti accertati nelle sentenze definitive non devono essere ri-dimostrati in altri processi, è probabile che B. venga condannato almeno in primo grado: per lui la prescrizione scatta a inizio 2012, visto che, tra lodo Al Fano e legittimo impedimento, il suo processo è rimasto congelato un paio d’anni. E proprio grazie alla sentenza definitiva su Mills, il suo sarà un processo breve, brevissimo. In teoria c’è tempo pure per l’appello e la Cassazione. E proprio questo è il guaio.

Infatti, per scongiurare un processo breve, vuole la legge sul “processo breve”. La lingua italiana, specie da quando ci ha messo le mani lui, si presta a qualunque ossimoro: dopo le guerre chiamate “missioni di pace”, la legalità spacciata per giustizialismo, Craxi venduto per esule e Mangano per eroe, Minzolingua scambiato per giornalista e il Tg1 per telegiornale, abbiamo il processo breve per evitare che quello a B. sia troppo breve.

Non è meraviglioso? Angelino e Niccolò, visti i catastrofici precedenti, han proposto al principale quattro leggi ad personam, nella speranza che ne funzioni almeno una.

1) Il “processo breve” che ammazza quelli più lunghi di 6 anni (cioè in media tutti, visto che in media durano 8 anni), ma ha una controindicazione: milioni di vittime potrebbero lievemente incazzarsi nel veder salvare il loro colpevole.

2) Idem come sopra, ma solo per i reati puniti fino a 8 anni, esclusi gli imputati recidivi; ma pure questa ha un difettuccio, è incostituzionale.

3) Allungare i 18 mesi del “legittimo impedimento”, così la Consulta non può bocciarlo perché lo stanno cambiando e si guadagna altro tempo in attesa che qualcuno gli voti il Lodo Al Fano-bis.

4) Legge Costa sul “processo lungo”: si vieta ai giudici di usare sentenze definitive e di escludere i testimoni inutili, così non si finisce mai.

Frattini Dry ha pronta una lettera all’Ue, roba da Achille Campanile: “Cari, siccome B. rischia un processo troppo breve (capirete, è in corso da appena 5 anni), lo allunghiamo un po’ con la legge sul processo breve”. La missiva sarà ovviamente in italiano, essendo intraducibile in qualunque altra lingua. L’altro giorno Frattini ci ha provato con Gheddafi, che ha riso di gusto, poi gli ha inviato il suo stregone personale per una visita approfondita.

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