domenica 5 settembre 2010

La reazione degli onesti


Rispetto ai fischi riservati al presidente del Senato Schifani, ospite ieri alla festa del Pd a Torino, pubblico una mia intervista rilasciata al quotidiano "La Repubblica"

Antonio Di Pietro: "Contestatori? Ma questi sono difensori della legalità, resistenti, altro che contestatori".

La Repubblica: Antonio Di Pietro, lei non condanna i fischi a Schifani?
Antonio Di Pietro: "Siamo alla fiera dell'ipocrisia, del perbenismo e dell'inciucio".

La Repubblica: Dentro il Parlamento è l'unico che difende la contestazione al presidente del Senato.
Antonio Di Pietro: "E questo è deprimente. La cosa peggiore è prendere atto che abbiamo a che fare con una classe politica lontana dal popolo che se la prende con chi interpreta la voce del popolo".

La Repubblica: E anche con chi zittisce alcune voci, come hanno provato a fare a Torino con Schifani.
Antonio Di Pietro: "Ma quando un cittadino si può ribellare? In uno Stato di diritto ci dev'essere un luogo per far sentire la propria voce. E dove se non in un comizio pubblico? Solo nei regimi è vietato contestare. Solo Gheddafi, quando è venuto ha preteso incontri blindati".

La Repubblica: Libero fischio in libero Stato, dunque?
Antonio Di Pietro: "Sembra che in questo Paese non stia succedendo niente. Facciamo finta che non ci sia una cricca piduista e fascista che ha occupato le istituzioni, approvando leggi liberticide e ad personam che violano la Costituzione. Però tutto questo non si può dire e si vuole togliere al cittadino il diritto di ribellarsi quotidianamente".

La Repubblica: Napolitano parla di "intimidatorie gazzarre" e di "allarmante degenerazione".
Antonio Di Pietro: "Il presidente della Repubblica, messo nei suoi panni ha il dovere, oltre che il diritto, di difendere il ruolo della seconda carica dello Stato. C'è una nobile preoccupazione dietro le sue parole. Ma non è una buona ragione per zittire il popolo".

La Repubblica: Qualche giorno fa lei ha chiesto di "zittire dell'Utri in tutte le piazze".
Antonio Di Pietro: "E lo rivendico. Rivendico la contestazione e l'esasperazione dei cittadini a Como e a Torino. E poi, io a Torino, dal Pd, ci sono stato. Qualche giorno fa, a dibattere con Franco Marini. C'erano migliaia di persone. È stato un tripudio di consensi per me. E per Marini molti fischi".

La Repubblica: Le hanno detto che si era portato la claque.
Antonio Di Pietro: "Ma quale claque: eravamo 10 gatti. C'è un popolo reale che vota e che non ne può più di questa opposizione con la cravatta al collo e la camicia bianca".

La Repubblica: Lei con questa opposizione dovrebbe allearsi, o no?
Antonio Di Pietro: "Io sto cercando di denunciare la truffa mediatica di un Berlusconi che non ha più il carisma di anni fa. A me l'Alleanza democratica proposta da Bersani sta bene: l'obiettivo è cacciare Berlusconi. Ora, però, c'è da fare il contenuto. E il Pd deve decidersi: o sta di qua o sta di là, con i Fini e i Casini. In tal caso, l'Idv resterà un punto di riferimento per la difesa di certi valori".

La Repubblica: Ma non aveva detto che era pronto ad allearsi anche col diavolo pur di mandar via Berlusconi?
Antonio Di Pietro: "L'obiettivo è quello di un governo che duri il battito d'ali di una farfalla. Per una maggioranza simile bisogna avvicinarsi anche a quei finiani che hanno rotto e hanno segnalato il problema della legalità. Poi, una volta sfiduciato Berlusconi ognuno per la sua strada".

La Repubblica: Questo clima favorisce accordi e dialogo?
Antonio Di Pietro: "C'è un popolo che reagisce. Questo clima mi ricorda gli albori di Mani pulite: ci sono migliaia di persone che si sono rotte di sentirsi prese in giro, umiliate e offese. Quelli che se ne lamentano, anni fa vedevano come una liberazione la gente che scende in piazza".

La Repubblica: Fassino li ha definiti squadristi
Antonio Di Pietro: "Parlava al suo popolo, al popolo del Pd. E se l'ha definito così, vuol dire che questi dirigenti non riconoscono più neanche i propri elettori".

Nessun commento: