sabato 4 settembre 2010

Primarie? Noi ci siamo


Di seguito pubblico una mia intervista concessa al settimanale Left.

Prepara il quinto incontro nazionale dell'Italia dei valori a Vasto dal 17 al 19 settembre, è a Catanzaro alla festa provinciale del partito, va a Torino per partecipare alla Festa Democratica, rilascia interviste a tambur battente. Se il centrodestra non avesse appena scansato il rischio di elezioni anticipate, sembrerebbe quasi che Antonio Di Pietro stia accelerando verso ritmi da campagna elettorale. «Però temo proprio che le elezioni anticipate non ci saranno perché conosco i parlamentari». Il suo è il tono di chi dice “conosco i polli e pure l'intero pollaio”: «Sono tutti dei nominati e non degli eletti. Quindi la paura fa novanta: tireranno la corda ma non fino al punto da spezzarla perché non vogliono perdere il posto». Insomma, i nominati la corda magari sì ma il collo da soli di certo non se lo tirano. E questa è la sintesi.

L'analisi del leader Idv invece è la seguente: «D'altro canto Berlusconi è debole sul piano politico e istituzionale. Il terzo polo pesca nell'area moderata, quindi è possibile battere il Cavaliere. Bisogna liberarsi della testa della piovra». Ossia di Berlusconi. Il ragionamento dice in buona sostanza che siccome la triplice alleanza Fini - Casini - Rutelli dovrebbe togliere un bel po' di voti all'homo arcorensis, non ci sarebbe niente di più auspicabile di andare ora a sfidarlo nelle urne.
Tuttavia Di Pietro avverte: «Il Partito democratico deve fare una scelta: stare dalla parte di una sinistra riformista oppure mettersi assieme a questo terzo polo. Costruito fra l'altro con i rimasugli della Prima repubblica». Che in dipietrese sarebbero i centristi dell'Udc. E prosegue: «Per noi non esiste nessuna possibilità di fare agglomerati con personaggi in cerca d'autore».

Chissà però cosa ne pensa degli attuali dirigenti Pd con i quali dovrà mettere in piedi la coalizione di centrosinistra, esortati dal sindaco di Firenze Matteo Renzi ad andare a casa: «Facile criticare, difficile costruire. Renzi esprima le sue critiche quando saprà fare meglio. Si metta in gioco, dimostri quanto vale, allora potrà parlare».

Archiviato in modo spiccio il giovane sindaco, il dato ovvio è che il nuovo Ulivo di Bersani a Di Pietro va a genio epperò con un “ma”: «Vero che il nome “nuovo Ulivo” mi piace, e mi riferisco alla proposta di un'alleanza democratica lanciata da Bersani. Ma dentro ci devono stare i contenuti. Noi dell'Idv vogliamo essere i promotori di un'alleanza riformista, solidale, democratica che si fondi su tre fattori, uniformità di programma, unità d'intenti sugli obiettivi e una leadership scelta in maniera democratica».

Quindi le primarie di coalizione dovrebbero trovarlo consenziente, magari lui stesso potrebbe candidarsi alla guida del centrosinistra come auspica per esempio l'organizzatore nazionale del partito Ivan Rota, ma il leader è uno che con il trattore ci va soltanto nella campagna della sua Montenero di Bisaccia, in politica spesso preferisce il cacciavite da orologiaio pignolo: «Io candidato alle primarie? Intendiamoci: Di Pietro è Di Pietro ma anche il presidente dell'Idv. E l'Idv focalizza la sua attenzione sul candidato premier, sul programma e sulla coalizione intesi come un tutt'uno. Siccome riteniamo che sia giusto scegliere il candidato premier, siamo favorevoli alla primarie. Ma siamo contrari a primarie finte. Intendo dire che se le elezioni anticipate ci fossero fra un mese, il percorso delle primarie sarebbe molto difficile».

Intende dire che se si va a spron battuto alle urne, quelli del Pd non possono dire “facciamo le primarie” perché non è una consultazione che s'organizza come una partita di calcetto fra filiali rivali d'una banca e per giunta con candidati a fare da riempitivi per certificare la democraticità del centrosinistra.

Di Pietro non intende partecipare a una farsa, il candidato premier si può scegliere in altro modo e tenendo conto prima di tutto - questo è uno dei suoi due leit-motiv - sui contenuti. Quindi «bisogna da subito lavorare sulla coalizione e sapere anche se resterà il sistema bipolare perché dentro il Pd c'è chi non lo vuole».

Di Pietro è nato con il bipolare e nessuno uccide la mamma a cuor leggero, ergo sulla rinnovata polemica riguardo i sistemi elettorali, modello tedesco basato sul proporzionale con sbarramento di dalemiana proposta o l'uninominale dei desideri d'un Veltroni che s'aggrega al cosiddetto “appello dei 42”, la scelta è netta: «Collegi uninominali a doppio turno con sistema maggioritario». Punto. «Noi pensiamo che i cittadini abbiano il diritto di sapere per chi e per cosa votano. Quindi riteniamo giusta l'indicazione del candidato premier».
L'altro leit-motiv è: «Con Udc e finiani non ci possiamo alleare e comunque Fini e Casini non staranno mai con il centrosinistra» Però a Futuro e libertà Di Pietro ha qualcosa da chiedere: «Sul processo breve, i finiani devono dimostrare coerenza. O fanno i furbetti oppure dimostrano resipiscenza e mandano sotto Berlusconi». E allora verosimilmente si andrebbe alla elezioni anticipate auspicate dal presidente Idv, che evidentemente sente di poter fare il balzo in avanti dall'8 per cento ad oltre il 10.
In ogni caso la battaglia d'autunno per il partito, volenti o nolenti, è sul processo breve. «Sulla definizione di “processo breve” è in corso una truffa mediatica». Già, perché obiettivamente il popolo intero auspica l'abbandono di una tempistica geologica per l'ottenimento delle sentenze. «Ma qui è come dire: hai un tumore? Bene, la vuoi una guarigione breve? Certo che la voglio, ma non se si tratta di mandarmi al cimitero prima. Quella di Berlusconi è una terminologia da venditore di banane».

Allora in battaglia autunnale Di Pietro ci va in ogni caso: si tratti di primarie, elezioni, o di restare in Parlamento a fare le occupazioni delle Camere contro le leggi ad personam, come ha già annunciato. Lui preferirebbe combattere per le emergenze del Paese: «La scuola - elenca - il lavoro, il precariato, l'occupazione».

Su Marchionne molla il cacciavite da orologiaio e va giù con la sciabola: «Marchionne è un furbacchione e la Fiat ancora di più. Ai lavoratori si dice: mangiate questa minestra oppure saltate dalla finestra. La Fiat è nata e cresciuta con le risorse pubbliche e occupando spazi. Poi va all'estero. Pensa solo ai risultati finale e vede il lavoratore come una cosa che ora le serve e ora no. Nelle aziende, riguardo il rapporto di lavoro, la visione ultima spetta al lavoratore perché bisogna superare anche certe posizioni retrive del sindacato».

Sul sito del partito si staglia in bella evidenza, tanto per essere chiari su chi nel centrosinistra è pronto ad ogni evenienza, il programma dell'Idv in undici punti. Il fatto è che ai capitoli “Lavoro” e “Economia e finanza” ci sono solo voci di spesa. Di come fare a trovare soldi per finanziare, per esempio, il raddoppio della cassa integrazione, il salario minimo d'ingresso per i giovani, la detassazione delle tredicesime o altre cose auspicabilissime come l'abbattimento del costo del lavoro e del carico fiscale alle imprese, traccia poco o punto v'è.

«Quel programma è la sintesi di un faldone di centodieci pagine con dentro la lotta all'evasione fiscale e massicci interventi di riduzione della spesa pubblica, per esempio l'abolizione delle province e delle comunità montane». In effetti è vero, le due misure stanno nel capitolo “Riforme istituzionali e riduzione dei costi della politica”. «E prevediamo fra le altre cose anche lo snellimento dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali delle società a capitale pubblico, l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 12,5 per cento al 20 salvo che per i buoni del Tesoro, il ritiro dei contingenti militari che vanno all'estero con i cannoni a fare la pace». Quindi via dall'Afghanistan se il centrosinistra mai arrivasse al governo con un Idv forte.
All'incontro di Vasto di queste cose si parlerà: «Affronteremo i punti fondamentali del programma che mettiamo a disposizione del centrosinistra. Il Pd deve capire che l'Idv non è più una forza residuale e vuole incidere all'interno della coalizione. Per esempio, se i Democratici intendono promuovere il nucleare, ricordino che sui tre referendum - no al nucleare, no alla privatizzazione dell'acqua, no al legittimo impedimento - abbiamo raccolto più di due milioni di firme. A Vasto ci occuperemo anche di giovani, scuola, occupazione, che rappresentano temi fondamentali, oltreché di pluralismo dell'informazione». Argomento quest'ultimo assai sentito da Di Pietro. «La grande capacità di Berlusconi di organizzare una comunicazione truffaldina consiste nel continuo spostamento dell'attenzione sul “fattore oltre”. E se la stampa e la televisione rincorrono notizie che non servono ai cittadini, si sposta l'attenzione su dei non temi. Si parla della tenda di Gheddafi e non dello scandalo sanità. Siccome siamo in un regime, tutto è diventato gossip e non abbiamo più una comunicazione indipendente che distingua la propaganda dalle notizie. E questa è una conseguenza del conflitto di interessi».

In questa melassa dell'informazione irreggimentata rientrano anche gli scandali dell'attuale estate politica italiana, forse la peggiore dal punto di vista della degradazione del dibattito pubblico dal dopoguerra a oggi. Dentro ci stanno la casa a Monte Carlo di Fini e anche i due appartamenti che per qualche giorno hanno messo a cuocere nel forno mediatico Di Pietro accusato di averli presi in affitto grazie ai buoni uffici della “cricca”. Roba da dossieraggi di servizi segreti teleguidati, si sussurra nel giro dei palazzi romani.

Il leader sospira: «Distinguiamo. Intanto un politico deve sapere che il suo livello di riservatezza è minore di quello di un altro cittadino. Però in nome di questo principio, Berlusconi ha realizzato un sistema di pressione e compravendita: in sintesi, o ricatta o compra. Prima che su di me si facesse attività di dossieraggio, lui mi ha offerto il ministero dell'Interno. Tuttavia non bisogna farsi dei film sui servizi segreti. Ora è sufficiente l'attività di delazione di qualche peones che sa che un giornale pubblica fango e vuole farsi bello. Ma ci si difende denunciando e dimostrando». Infatti sulla storiaccia delle presunte case della cricca ha querelato “plurime persone” e della faccenda non si è più parlato. «Io sono sempre andato davanti ai giudici. Quelli che dicevano che non avevo la laurea, hanno smesso quando sono stati condannati». Semplice e chiaro: se la calunnia è un venticello, bisogna fare un salto in procura e aprire le finestre. «La differenza fra il caso mio e quello di Fini sta proprio nel fatto che io ho denunciato e ottenuto sentenze di condanna. Fini dovrebbe rendere nota la proprietà della casa di Monte Carlo ma se dopo due mesi non l'ha detto vuol dire che non lo può dire».

Nessun commento: