mercoledì 3 novembre 2010

Il terrore di Berlusconi corre sul filo del telefono


ALLARME PER LE INTERCETTAZIONI DI RUBY
S’INDAGA SULLE PRESSIONI, REGOLARE L’AFFIDO

di Davide Milosa e Ferruccio Sansa

Le ore di intercettazioni sono centinaia. L’inchiesta è in corso da mesi. Ancora prima del fermo di Ruby e della sua misteriosa nottata alla questura di Milano del 27 maggio. Si tratta di prostituzione di alto bordo. Meglio di favoreggiamento. Nelle telefonate si parla di ragazze immagine e di starlette televisive che arrotondano incontrando a pagamento, negli alberghi della città, professionisti e imprenditori. È un’indagine classica che nasce da informazioni confidenziali, si alimenta con servizi di appostamento per strada e trova conferma nelle registrazioni. Tutto normale, dunque. Se non fosse per un particolare. A un certo punto gli investigatori in una telefonata ascoltano il nome di Karima-Ruby. In un attimo ricordano e riannodano i fatti. Salta fuori l’annotazione del commissariato Monforte in cui si parla delle pressioni del premier per liberare Ruby “Rubacuori” e affidarla al consigliere regionale del Pdl Nicole Minetti. Cosa che si verificherà regolarmente dopo un colloquio tra il Cavaliere e il capo di gabinetto della Questura Pietro Ostuni. Alle 2 del mattino del 28 maggio Ruby è in strada in compagnia della Minetti e di una modella brasiliana, che le passa il telefono col quale chiama direttamente il premier. Qualche mese dopo, la minorenne viene interrogata dai pm Pietro Forno e Antonio Sangermano. I registratori continuano a girare e raccontano così che la notizia della deposizione di Ruby arriva in tempo reale alle orecchie del Cavaliere. Chi lo avvertì resta un mistero. Ma un fatto è certo: Ruby, in quel periodo è in rapporti diretti con Lele Mora e soprattutto con Nicole Minetti, oggi entrambe indagati per favoreggiamento. Comunque sia, da quel momento il presidente del Consiglio comincia ad aver paura. E incarica il suo avvocato Niccolò Ghedini di aprire un’indagine difensiva. Decine di ragazze vengono ascoltate dal parlamentare, ma ben presto a Palazzo Chigi ci si rende conto che il problema è un altro. Non le parole di eventuali testimoni, ma le intercettazioni da cui emerge un continuo via vai di ragazze ad Arcore.

UN TIMORE che ieri è diventato pubblico. Con il premier, che all’inaugurazione della fiera milanese del Ciclo e motociclo, tuona contro le intercettazioni. Vorrebbe che non fossero usate come prova, né dall’accusa né dalla difesa. Fa di più: propone la loro “legittimità” solo per terrorismo, mafia, omicidio, pedofilia e in via preventiva. Definizione, quest’ultima, che regala il pallino ai servizi segreti controllati direttamente dal presidente del Consiglio. Ma il Cavaliere non si ferma e se la prende pure con la libertà di stampa: “Chi pubblicherà il testo di intercettazioni dovrà subire un fermo del suo media da tre a trenta giorni”.

Insomma, Berlusconi vuole chiudere i giornali. Mai come questa volta quelle del premier sono dichiarazioni ad personam. Fatte e cucite su misura sul caso Ruby che rischia di affondarlo definitivamente. Lui tenta la carta della greve ironia: “Meglio essere appassionato di belle ragazze che gay”. Secca la risposta del segretario del Pd Pier Luigi Bersani: “Per il premier la donna è solo un dopolavoro del maschio”. Torniamo al luglio scorso. Il nome di Ruby è entrato a pieno titolo nell'inchiesta. Ora si sa chi è e quali sono i suoi rapporti. È in quel momento che gli investigatori nei brogliacci annotano le generalità di Mora e della Minetti. Non è finita, perché giorno dopo giorno, il loro ruolo si fa sempre più chiaro. I dialoghi fissati sul nastro non lasciano dubbi: a organizzare la logistica delle giovani donne ad Arcore è la stessa Minetti. Mentre Mora ha in mano la scuderia. Certo, non si parla mai apertamente di prostituzione.

I DIALOGHI riguardano apparentemente solo ragazze immagine che partecipano alle feste del premier. Ma una volta ascoltate in procura le donne cominciano a raccontare. Nessuna - nemmeno Ruby lo farà - ammette di essere stata a letto con Berlusconi. Alcune però dicono di aver visto altre modelle avere rapporti sessuali con il premier. Rapporti lautamente retribuiti. Mora, Nicole Minetti e il direttore del Tg4 Emilio Fede finiscono sul registro degli indagati. La vicenda, poi, si arricchisce di un particolare in più. Agli atti della procura di Milano finisce anche l’elenco degli oggetti sequestrati nella casa famiglia di Nervi dove Ruby viene spedita dopo l’ennesimo fermo del 29 giugno, avvenuto in seguito a una lite con la coinquilina brasiliana. È un punto decisivo e che spiega ancora di più la grande paura di Berlusconi. Dall’elenco del sequestro spicca, infatti, il computer portatile di Ruby. Un pc munito di chiavetta con la quale la diciassettenne navigava su Internet. La speranza degli investigatori sta soprattutto nelle e-mail spedite e ricevute. Dalla lista degli oggetti spunta anche dell’altro. Ad esempio gli 87 capi d’abbigliamento, da dove spiccano vestiti firmati Dolce&Gabbana, Guess, pellicce di volpe. Ci sono anche 19 paia di scarpe, 34 gioielli e 3 orologi di Louis Vuitton. Anche qui le verifiche sono in corso per capire se qualche oggetto sia stato acquistato da Mora o da Berlusconi stesso. Come resta aperto il capitolo delle pressioni di Palazzo Chigi per ottenere la liberazione di Ruby il 28 maggio.

Ieri mattina a Milano si è insediato il nuovo questore Alessandro Marangoni, il quale non ha voluto commentare gli interventi del premier sui vertici della polizia ambrosiana. La procura pensa ormai che formalmente le procedure di affido siano state rispettate dagli agenti e i funzionari di grado inferiore. E che, quindi, non sia necessario sentire il pm del tribunale dei minori, Annamaria Fiorillo, che si occupò con loro della questione Ruby. Lo dice il procuratore Edmondo Bruti Liberati: “È stato tutto regolare non ci saranno altri accertamenti”. Ma il resto “dell’inchiesta procede”. Perché, al di là della questione escort, dovrà accertare eventuali responsabilità o omissioni da parte dei vertici della Questura che ad oggi non risultano indagati. Anche se il racconto della notte tra il 27 e il 28 maggio resta ancora pieno di buchi.

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