lunedì 1 novembre 2010

UN RANCORE INESTINGUIBILE


dal blog CaOS CaLMO
IL PESO DI UNA NOCE

Lettera aperta al Dr. Luigi Morsello, Direttore del carcere di San Gimignano dal 1969 al 1981

Ottobre 2010

Gentile Direttore.

immagino che abbia incontrato molte persone, a lei note, dopo l'uscita del suo libro “Una vita dentro”, nella sua ultima visita a San Gimignano.

Non ero fra quelle persone perché non ero e non sono una persona, a lei, nota!

Quanto al suo libro, non lo leggerò, per averlo già ”letto”, quasi quarant'anni fa.

In compenso ho ascoltato la sua intervista nel programma “Uno Mattina”, ho letto il suo Memoriale ed è a questo che voglio rispondere!

Vede, Signor Direttore, io abito a San Gimignano dal 1953, anno in cui sono nata. Da quel momento in poi, ho vissuto, sulla pelle, quella vita “dentro” che sperimentano tutte le persone che hanno a che fare con la vita del carcere, più o meno direttamente, e, per le quali, è impossibile restarne “fuori”.

Sono figlia di un uomo che fu trasferito a San Gimignano nel 1950, quando lei era ancora un bambino. Quell'uomo andò in pensione in seguito ai fatti dell'agosto del 1975, convinto di aver sfidato la sua buona sorte, abbastanza da non credere che gli sarebbe stata offerta un'altra possibilità!

Quella buona sorte ha un nome che anche lei conosce: Franco Galuppi.

Era uno degli agenti sequestrati il 9 agosto del 1975 e che rischiò la sua vita, per aver fatto, con un dito, un movimento quasi impercettibile ma sufficiente a convincere il portinaio che non doveva aprire la porta blindata ,interna, di accesso alla portineria!

Perché” quella porta non fu mai aperta, è una domanda che lei non si è mai fatto, ma la risposta, oltre a rendere giustizia alla realtà dei fatti, avrebbe reso meno sottile, quella “linea di demarcazione” fra eroi e temerari che lei traccia nel suo memoriale.

E' possibile che, quel giorno, una stella fortunata proteggesse comunque il portinaio ! Come sappiamo, i sequestratori “avevano un campo di tiro nella portineria” e “di lì si poteva sparare addosso a chi fosse all'interno dell'ufficio”!

Dalla sua ferrea memoria non affiora soltanto la ricostruzione degli eventi, davvero puntuale, per la ricchezza dei particolari, ma emergono anche valori, concetti, punti di vista personali sui protagonisti della vicenda che sono rimasti uguali a se stessi, come se il tempo fosse servito soltanto a “clonarli” e quindi inutili a spiegare il perché di quegli eventi, compreso il comportamento dei suoi superiori, che lei lamenta nel suo memoriale.

Come in ogni narrazione, anche nella sua, emerge qualcosa che va oltre l'intenzione dell'autore e che si allarga, inevitabilmente, a comprendere ciò che apparentemente fa solo da sfondo ai fatti narrati. In questo sfondo è evidente l'opacità di un ambiente dove i rapporti e i ruoli fra le persone appaiono molto confusi e indefiniti.

La “redenzione” o la “rieducazione” non sono processi astratti, che possono anche non passare attraverso la chiarezza di quei rapporti e la definizione di quei ruoli che, in un carcere, a maggior ragione che in qualunque altra istituzione, dovrebbe essere compito del dirigente e, nel caso, dei dirigenti, rendere trasparenti.

Ero molto giovane, quando lei venne a San Gimignano e, proprio perché ho conosciuto da vicino, tutti i cambiamenti avvenuti nel periodo che va dal 1953 al 1975 e oltre, io credo alla sua buonafede e le credo, anche quando dice di aver peccato di ingenuità.

Credo anche che, proprio per questo, lei non si sia mai accorto che molti dei fatti peggiori, di cui parla nell'intervista ad “ Uno Mattina”, che hanno attraversato la sua vita, anche in modo devastante, siano avvenuti quando lei non era e non poteva essere presente.....

Talvolta la realtà è molto più semplice e banale, di quanto noi possiamo immaginare.

Le domande che ci facciamo per chiarire, hanno spesso il difetto di non essere quelle adatte!

Non è importante essere una persona informata o meno sui fatti, per individuare, nel suo memoriale, le domande inutili o controproducenti allo scopo del racconto.

Questa per esempio:

Il pacco destinato ad uno dei due fu portato all'interno, secondo la precedente procedura. Verrebbe fatto di chiedersi perché il portinaio non lo fermò in portineria, era un operatore molto scrupoloso ma anziano. Non ho la risposta perché non me lo sono mai chiesto fino ad oggi e oggi non so dare una risposta. Pare inoltre che quel pacco stazionò diversi giorni, due o tre in portineria”.

Il lettore potrebbe domandarle perché, l'unico portinaio, a cui lei si riferisce, l'operatore scrupoloso ma anziano (l'uso degli aggettivi per definire le persone, che lei fa nel suo memoriale: sereno, sveglio, anziano, meridionale, toscano ecc. è davvero, di per sé, tutto un programma !) che, avrebbe dovuto coprire, da solo, turni di due o tre giorni di seguito, avrebbe dovuto impedire l'ingresso proprio di “quel” pacco!

Potrebbe chiederle se, nella sua immaginazione, qualcuno avesse dotato il portinaio di occhiali a raggi x!

E ancora, soprattutto, ... potrebbe chiederle come ha potuto credere che, la “nuova procedura”di distribuzione dei pacchi, potesse fare a meno di una struttura che era, chiaramente, presente solo nella sua fervida immaginazione e come lei potesse anche solo pensare che, il tutto, potesse “funzionare”, in virtù di un suo ordine!

Non le sembra un po' troppo ingenuo, anche per il Direttore di un Educandato Femminile?

Molto prima che lei arrivasse a San Gimignano , quel portinaio che deve la sua vita a colui che non trova collocazione fra i suoi eroi e temerari, era addetto alla spesa e al magazzino.

La sua borsa era sempre piena di domandine firmate dai carcerati e controfirmate dai negozianti. Qualche volta c'erano degli oggetti acquistati all'ultimo momento e da consegnare al suo rientro. Un giorno vidi, là dentro, un sacchetto pieno di noci! Gliene chiesi una, ma lui me la rifiutò, nonostante la bizza che ne seguì e l'insistenza di mia madre, convinta che il fruttivendolo avesse aggiunto, per “buon peso”, senz'altro, qualche noce!

Quel pomeriggio, mi furono comprate le noci ma io non ebbi mai “quella” !

Non seppi subito se mio padre era stato “cattivo” con me ma certo, questa, fu l'impressione che ricavai nell'immediato !

Solo più avanti, negli anni, compresi il significato del suo gesto , l'eredità che esso rappresentava e le sue conseguenze.

Conseguenze non certo in grado di cambiare i fatti o la realtà, ma sicuramente in grado di valutarne la prospettiva!

Il carcere di San Gimignano non era dotato di strutture superefficienti, ma credo che due soli esempi siano sufficienti a cogliere un cambiamento che poco ha a che fare con la modernizzazione delle strutture:

  • - Anni 60 : nella portineria del carcere di San Gimignano, per le scale che portavano allo Spaccio, si poteva incontrare Chiriotti, detenuto a strisce marroni e bianche che cantava “noi siam come le lucciole viviamo nelle tenebre..... “ Al suo corpo, pesante qualche milione di noci, faceva da contrappeso un'anima leggera, per quanto ne sappiamo, come un guscio di noce! Chiriotti era “dentro” per un evento sfortunato: un colpo era partito dalla sua pistola e aveva ucciso un civile, durante la guerra in Grecia. Questo fatto che, di norma, sarebbe stato “perdonato”, a lui, repubblichino impenitente, era costato 13 anni di carcere!
  • -Anni 80: nella portineria del carcere di San Gimignano, per le scale che portavano allo Spaccio, si poteva incontrare.... Gianni Guido! Vuole decidere lei il peso della sua “anima”?

Nemmeno lei ha creduto e crede (visto che se ne è assunto la responsabilità morale) che, per il Direttore di un istituto di pena, sia atto non necessario o non dovuto, o semplicemente ininfluente, “pesare quanto ne sappiamo delle anime”, prima che i relativi corpi vengano collocati in un punto qualunque dell'universo carcere!

Quello che ha creduto e crede ancora oggi, è l'inevitabilità di un evento che, in realtà, è stato solo l'ultima e la più eclatante conseguenza di una visione complessivamente poco chiara dei rapporti fra le persone e dei problemi che tali rapporti avrebbero generato .

Che senso ha dire queste cose dopo tanti anni?

Direi -nessuno- se lei avesse avuto il buon gusto di non “riesumare” anche i morti, per raccontare e/o giustificare un operato che, evidentemente, aveva più di qualche pecca!

Mio padre non amava la pubblicità, né avrebbe voluto che rispondessi a quella che avrebbe considerato solo una provocazione ma, dovunque si trovi, sa di avermi trasmesso un'eredità che non posso ignorare!

Sicuramente lei avrà avuto altre eredità, nella vita, che non la mia!

Glielo auguro di cuore perché posso assicurarle che, questa, non è un'eredità “comoda”, che so essermi stata trasmessa per dovere e non per darmi l'illusione di una facile prospettiva!

Certo è che una noce, avrebbe potuto aiutare, anche lei, ad allargare la sua prospettiva e a distinguere meglio i suoi eroi, antieroi e temerari e, cosa non meno fondamentale, avrebbe potuto aiutarla molto ad accettare la mancanza della loro necessità!

Pubblicato da Caos Calmo a 09:42

RISPOSTA

Cara signora,

la sua lettera aperta denota una sua parziale e confusa conoscenza delle realtà di una casa penale (non v’è mai una sola realtà nel carcere). Inoltre, in essa è palpabile un rancore che continua ad alimentarsi nella sua mente a distanza di 35 anni dalla rivolta e non si stempera nemmeno nella indubbia maturità dei suoi anni.

Non me lo so spiegare. Nel 1975 lei, figlia di un agente di custodia, aveva 22 anni, frequentava l’università, probabilmente ha frequentato il liceo classico, insomma era o avrebbe dovuto essere culturalmente attrezzata per ‘leggere’ la situazione del carcere in un periodo, definito successivamente il “decennio degli anni di piombo”, ma non l’ha fatto e ha continuato a non farlo per tutti gli anni successivi, fino ai giorni nostri.

La sua attenzione si appunta su un unico episodio, mentre tutti gli altri le sono sfuggiti o non l’hanno interessata. Sono certo che suo padre glieli ha riferiti e comunque, siccome in pensione dal 1975, avrebbe dovuto conoscerli per interposta persona (l’ag. Galuppi Franco) e riferirle. Ma non il solo Galuppi, che è vivo e vegeto ed è ancora oggi una persona perbene, avrebbe dovuto essere ascoltato, se pure gli ha parlato. San Gimignano è un borgo medioevale con un agglomerato urbano esterno, in cui si sapeva anche quello che non era accaduto.

Lei non parla delle due precedenti rivolte dei detenuti del 1974, non scrive della miriade di episodi di microcriminalità all’interno del carcere (di detenuti a danno di detenuti), non sa o non riferisce o non le interessa riferire che l’istituto da me diretto fino al 1981 fu l’ultimo ad aprire le celle nelle ore diurne, fra tutti quelli toscani, e il primo a richiuderle quando il gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa ebbe l’incarico di tutelare la sicurezza delle carceri italiane mediante il ricorso ad una norma (l’art. 90 dell’ordinamento penitenziario, successivamente dichiarata incostituzionale), perché in Italia si verificava in media una evasione al giorno. Lei punta l’attenzione sul sequestro di persone del 1975 ed è quello per lei un chiodo fisso.

La storia l’ho raccontata nel post che lei ha commentato mediante un richiamo al suo blog. Le conviene andare a rileggerselo con più attenzione.

Così noterà meglio che io vidi il det. Turrini puntare una pistola alla testa del maresciallo comandante Pilloni, non vidi l’ag. Galuppi Franco, il cui ruolo non ho mai conosciuto fino a ieri. Posso confermarle che effettivamente Galuppi fece un cenno con il dito, impercettibile, che bloccò un altro agente (Barletta Franco) che stata per aprire il portone n. 2 interno alla portineria e che dava sull’atrio I^ sezione, dovendo assumere servizio assieme al brig. Carangi Gabriele, ma l’episodio non mi fu mai riferito. Più in dettaglio, il Barletta, che si trovava in portineria assieme al Carangi, sentì chiamare dall’atrio e si affacciò alla sfinestratura blindata del portone, notando quel gesto salvifico. L’avessi saputo avrei proposto il Galuppi per una promozione per meriti speciali, come feci per l’ag. Castiglione Emilio (promosso appuntato) il brig. Carangi Gabriele e l’app. Guazzini Mario (non accolte).

Deve premettere che nessuno di noi avevamo la stoffa dell’eroe, ivi compreso il Castiglione, che non capì che il det. Turrini volle farsi disarmare quando capì che il det. Mistroni era stato ucciso, vedendolo morto con i suoi occhi. Tuttavia il Cartiglione ebbe il coraggio di saltare addosso al Mistroni, che aveva ben due pistole (la terza l’aveva Mistroni) e fu ricompensato.

Torniamo all’incipit della vicenda. L’app. Cialente Marcantonio (suo padre, oggi scomparso) era uno dei tre portinai storici (si dovrebbe dire piantoni) che io trovai al loro posto nel 1970, gli altri erano l’app. Buiani Nello e l’app. Miniati Gerardo. Erano tre persone sagge (in modo diverso fra loro) ed esperte, ma il nuovo corso della storia irruppe troppo rapidamente nelle carceri italiane e quindi anche a San Gimignano, cogliendo di sorpresa il personale anziano, che non si capacitava per quanto stava accadendo e meditava già prima del 1975 di andare in pensione (con 25 anni di servizio + 5 annualità riscattate).

L’app. Cialente, uno uomo grande e grosso con un bel paio di baffi e che io ricordo con affetto, non credette al Barletta fin quando non constatò di persona e mi chiamò a casa.

A San Gimignano sono stato molte volte. Ci tornerò a marzo 2011, il sindaco Bassi ha intenzione, assieme all’ex sindaco Marrucci, di fare una presentazione del mio libro “La mia vita dentro. Memorie di un direttore di carceri”, giunto alla II^ edizione, nel teatro-cinema locale.

Quanto alla frase che lei riporta virgolettata, effettivamente può indurre in errore, ma appare incredibile anche a una persona non informata sui fatti, che un servizio di piantone possa essere svolto per tre giorni consecutivi dalla stessa persona. In questo senso andava letta, posto che tutti e tre erano persone accorte. Come anche che lo stazionamento del pacco per alcuni giorno non implicava alcuna negligenza da parte dei portinai, come non fu negligente l'app. Tammaro Nicola, che fu addetto solo per quel giorno a un servizio che non era il suo e al quale non fu fatto firmare, essendo egli il sostituto abituale del titolare di quel posto di servizio, l'ordine di servizio che dettava la nuova disciplina del controllo e della consegna dei pacchi né ricevette alcuna consegna.

A questo punto conviene un cenno sulla struttura (adesso è aperta, la vada a visitare per bene). Nel 1970 era un colabrodo, vi erano state poco prima due evasione, la seconda di 4 detenuti dai tetti. Nel 1975 tutte le c.d. “difese passive” (eccetto una) erano state installate (La Moderninfissi di San Gimignano, Salvestrini Salvo e Migliorini Balilla ebbero un bel po’ da fare per fornire portoni e portonicini blindati – di loro invenzione - e inferriate a maglia scambiata con ferro antitaglio – applicate nelle finestre d’angolo addirittura in numero di tre). Il motivo per il quale i detenuti facevano il diavolo a quattro per andare via era proprio perché si sentivano troppo controllati, dal personale e dalla difese passive.

Quando i tre portinai storici andarono in pensione (oltre Cialente anche l’app, Buiani Nello non c'è più), l’unica cosa da fare per completare il cerchio difensivo era blindare il posto di servizio della portineria, ma incontrai l’irriducibile contrarietà dei vecchi portinai, che andarono in pensione, e dei giovani che li sostituirono. Qui io non ebbi animo di obbligarli a lavorare in un posto blindato e questa mia debolezza la pagai cara.

Lei afferma che non leggerà il mio libro perché l’ha già letto 40anni fa. È un grave errore il suo, le basterà consultare la casa editrice per capirlo, questo è il link: http://www.infinitoedizioni.it/prodotto.php?tid=89

Lungi da me il volerla convincere, badi, il suo pregiudizio è stratificato nel tempo, una crosta nella sua coscienza, sicuramente irremovibile.

Un cordiale saluto.

Luigi Morsello

5 commenti:

Anonimo ha detto...


Non comprendo tanto livore, sedimentato nel tempo!
Auguro alla signora di raggiungere quella serenità che consente agli umani anche di rapportarsi agli altri sempre con rispetto.
Madda

Anonimo ha detto...

Con quel suo dire di aver già letto il tuo libro, forse intendeva perché indirettamente i fatti che racconti le venivano riferiti? però, come appunto dici tu, non ce n'è solo uno, di carcere in cui sei stato!
Mah, strano che ti ritenga responsabile, dopo che ti sei assunto anche "colpe" che non avevi: mi sembra che tu abbia portato già abbastanza questo peso, per quello che ne so io - avendo letto il libro (e non avendo tu ricevuto smentite dai protagonisti ancora in vita)!
Infine, penso non abbia capito lo scopo del tuo voler far conoscere, oggi, ciò che porta le carceri ad essere quello che sono: un problema così trascurato, della nostra società, da chi dovrebbe occuparsene...

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

IO STO ASPETTANDO UNA REPLICA.

Francy274 ha detto...

Mi dispiace che la signora dichiara che non leggerà mai il tuo libro, sarebbe invece di grande importanza se lo facesse. Un confronto fra ciò che ricorda e ciò che invece è stato vissuto in prima persona dall'autore, potrebbero rivelarle cose che non conosce e che darebbero la giusta dimensione al suo risentimento.
Il suo scritto è molto ingarbugliato, a tratti quasi incomprensibile, dettato forse dalla profonda amarezza per ricordi che le fanno ancora male.
Spero risponda alla Tua replica, parlarne personalmente con Te non potrà che giovarle.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

NON CI SARA' REPLICA.