domenica 5 dicembre 2010

Attacco a Napolitano, il Pdl ricuce Il Pd all'attacco: "Deriva eversiva"


Il Pdl tenta di ricucire lo strappo con Napolitano, dopo l'improvvido «me ne frego» di Denis Verdini pronunciato venerdì sera: tutti i dirigenti del partito di Berlusconi hanno espresso «rispetto» per il presidente della Repubblica e le sue prerogative, ma nella sostanza non arretrano di un millimetro, continuando a sostenere che in caso di sfiducia il 14 dicembre, il Capo dello Stato dovrà sciogliere le Camere. Tesi respinta dalle opposizioni del Pd e dell'Udc che rilanciano invece il governo di transizione che affronti la crisi e cambi la legge elettorale. E Gianfranco Fini ha cercato di smorzare la tensione: «non ci sono nè traditori nè servi del Cavaliere».

A proclamare il «rispetto» verso Napolitano sono stati oggi il portavoce del Pdl,
Daniele Capezzone, l'altro coordinatore del partito, il ministro Ignazio La Russa, e molti parlamentari, come il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto e il suo vice Osvaldo Napoli. Ma tutti hanno subito aggiunto la postilla: o fiducia a Berlusconi o urne. Una lesione alle prerogative di Napolitano? No, spiega il sottosegretario Carlo Giovanardi: «le forze politiche hanno tutto il diritto di suggerire quale sia, a loro avviso, il miglior sbocco possibile dalla crisi». Il pressing del Pdl su Napolitano non piace però alla Lega che ritiene dannoso incrinare il rapporto con il Quirinale. E così il ministro Roberto Calderoli ha tirato le orecchie a Verdini, osservando però che anche Fini ha prevaricato le prerogative del Colle, preannunciando un governo di transizione.

A stigmatizzare le parole di Verdini è stata l'opposizione. «Le sue sono parole gravi, ma lo è ancora di più il silenzio di Berlusconi», ha commentato
Walter Veltroni, mentre Enrico Letta, vicesegretario Pd, ha parlato di «deriva eversiva». Al di là di queste critiche, da Pd e Udc, arrivano indicazioni opposte a quella del Pdl: dopo Berlusconi non c'è il diluvio, ma un governo di transizione, rilanciato dal segretario centrista Lorenzo Cesa e da Letta, che ha portato come esempio il governo Ciampi del 1993. A rompere il fronte dell'opposizione è però l'Idv, che ha chiesto il voto anticipato con Massimo Donadi e Luigi de Magistris. Le tesi espresse dal Pdl, da una parte, e dalle opposizioni, dall'altra, sullo scenario post 14 dicembre in caso di sfiducia, sembrano comunque indirizzate a convincere non tanto Napolitano, quanto i deputati indecisi, accomunati solo dal desiderio che non ci sia uno scioglimento anticipato delle Camere.

La minaccia del Pdl di un voto a marzo, scoraggia quanti nel centrodestra sono tentati dal voto contro Berlusconi. E al contrario Pd e Udc cercano di rassicurarli che un eventuale loro atto che andasse in questa direzione non provocherebbe la corsa alle urne. Che non tutti i parlamentari abbiano deciso che fare lo conferma Alessandro Maran, vice capogruppo Pd alla Camera: «La compravendita di parlamentari e le concessioni sono aperte e dureranno fino al 13» ha detto a proposito del Pdl. Ma il Pdl si muove soprattutto a livello politico e oggi Cicchitto ha aperto su una modifica sulla legge elettorale, pur di continuare nell'esperienza del governo Berlusconi, passo apprezzato dal finiano Adolfo Urso che però ha insistito su «un governo di responsabilità nazionale che parta sempre dal centrodestra». Ma questo non è lo scenario a cui mira il premier. Il leader di Fli, Gianfranco Fini, ha cercato di abbassare i toni, invitando le parti a non darsi l'un l'altro del «traditore» e del «servo». Ma le critiche al premier sono ribadite tutte: «non importa chi governa, ma cosa fa», e se Berlusconi insiste sulle promesse, come quella su Napoli pulita in pochi giorni, allora «vuol dire che non vuole sentire».

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