venerdì 24 dicembre 2010

D'Alema agli Usa: i magistrati minaccia per lo Stato italiano


CARLO BERTINI, ALBERTO INFELISE

«Sebbene la magistratura italiana sia tradizionalmente considerata orientata a sinistra, l’ex premier ed ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha detto lo scorso anno all’ambasciatore (Usa, ndr) che la magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano». Queste le parole contenute in un cablo scritto dall’ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, in un cable del 2008 e inviato a Washington. Il cablo, pubblicato dal quotidiano spagnolo «El Pais», è ovviamente targato Wikileaks. Nel dispaccio del 3 luglio 2008, intitolato «Berlusconi incontra forti turbolenze», nel paragrafo «La magistratura in Italia: per molti un sistema “rotto”», l’ambasciatore americano argomenta che la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche relative alle inchieste giudiziarie da parte della stampa creano «imbarazzo a coloro che si battono per una riforma del sistema giudiziario e per la fine della pratica delle intercettazioni».

I responsabili delle fughe di notizie «raramente vengono» individuati. «Nonostante 15 anni di dibattiti sulla necessità di una riforma del sistema, non sono stati fatti progressi significativi. Gli italiani considerato il loro sistema “rotto” e hanno veramente poca fiducia sul fatto che garantisca giustizia», commenta ancora il diplomatico americano. La notizia, uscita in Italia dopo la mezzanotte ha creato stupore e sconcerto nell’entourage del presidente del Copasir D’Alema. Matteo Orsini, membro della segreteria del Pd e braccio destro dell’ex ministro degli Esteri ha osservato che «più volte D’Alema ha detto pubblicamente che le fughe di notizie sono scandalose e che non si trovano mai i responsabili. Ma da qui a dire che la magistratura costituisce una minaccia per lo Stato ce ne corre ed escludo fermamente che sia questa l’opinione di D’Alema che non ha mai detto cose del genere». Le inchieste in cui si parla del cablo sono relative al «caso Mills» e ai «diritti tv Mediaset».

Nel caso «più seguito» dalla stampa, «Berlusconi è accusato di aver trattato favori politici con l’ex direttore della Rai,
Agostino Saccà, anche se la gran parte delle prove riguarda le raccomandazioni di Berlusconi che certe showgirl avrebbero dovuto avere più spazio (in tv, ndr)». Sul punto, Spogli commenta in una nota che «Berlusconi non sarebbe tenuto alle dimissioni in caso di una condanna penale, anche se probabilmente subirebbe forti pressioni politiche per farlo. Le condanne non sono considerate definitive, finché non superano altri due giudizi. In Italia, questo può richiedere diversi anni».

Dopo un’analisi del «Lodo Schifani», di quella «che Berlusconi chiama una giustizia ad orologeria», l’ambasciatore americano conclude - nel commento finale del dispaccio - che i «guai giudiziari hanno perseguitato i 15 anni di attività politica» del premier italiano «anche se non ha mai ricevuto una condanna definitiva». Anche con le critiche alla magistratura di alcuni esponenti dell’opposizione, «sembra che alcuni magistrati motivati politicamente siano andati troppo oltre».

La legge per l’immunità, «che ha il supporto implicito del presidente Napolitano», potrebbe poi «mettere a tacere» i problemi legali del premier fino alla fine del «mandato di governo». Secondo quanto riporta Spogli, Gianni Letta ha detto che potrebbero essere pubblicate altre «imbarazzanti intercettazioni. Berlusconi è finito nelle turbolenze e non è chiaro se abbiano girato a suo vantaggio. È possibile immaginare uno scenario nel quale Berlusconi potrebbe perdere popolarità, la sua abilità di portare avanti le riforme e anche il suo potere di governare».

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non sarà certo "Baffino" a fermare Silvio.