di GIORGIO BOCCA
NEL PAESE della mistificazione e degli illusionisti, nulla ci sorprende più della realtà quando la sua durezza ci viene sbattuta in faccia. La stampa governativa è ottimista, narra di un Paese in gara con il mondo avanzato per benessere e riformismo, ma gli uomini di legge e di giustizia sono di parere opposto. Questa è la notizia di ieri: il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, durante un incontro con la stampa, a cui erano presenti magistrati e esponenti della direzione nazionale antimafia, ha tracciato un ritratto della nostra società molto diverso e molto preoccupante.
Regna nel Paese, persino nella grande Milano nordista e padana affacciata sull'Europa, il silenzio delle vittime, di quanti subiscono le prepotenze e i furti delle mafie. Il fenomeno estorsivo e usuraio, hanno detto i magistrati e i titolari dell'ordine, continua e si infittisce. I cittadini sono restii a denunciare i delitti di cui sono vittime. "Non ci arrivano denunce" ha detto
È ancora
Questa è la situazione. Ogni giorno un proclama del capo del governo o del ministro dell'Interno sui clamorosi successi dello Stato al crimine mafioso e ogni giorno migliaia di estorsioni, di minacce e di silenzi. Capita così che molte nostre domande trovino una risposta cruda, se non crudele. Il governo Berlusconi conduce seriamente la lotta contro la mafia o favorisce la crescita di un'economia mafiosa? Siamo in una democrazia dove la legge è uguale per tutti o in un regime autoritario dove le associazioni e la mentalità mafiosa costituiscono la norma e dettano le regole? Da un lato abbiamo la vulgata governativa, gestita dal ministro dell'Interno, per cui ogni giorno si celebrano le vittorie del legale sull'illegale, si pubblicano gli elenchi delle centinaia di criminali arrestati e incarcerati fra il tripudio di poliziotti e un altro, quello dei magistrati, dei giuristi, dei sociologi che ogni giorno prendono atto della progressiva uscita del Paese dalla legalità, dal rispetto delle leggi, delle regole del vivere civile, dalla democrazia con rispetto dei diritti e dei doveri e non come campo di battaglia in cui prevalgono i più forti e i più furbi.
(16 dicembre 2010)
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