giovedì 23 dicembre 2010

L’ultima lite con “Papi” Barbara in trincea


I vizi del premier e la saga di Arcore tra eredità, divorzio e Mondadori

di Gianni Barbacetto

Il pranzo di Natale che Silvio farà in famiglia rischia quest’anno di diventare peggio di una seduta della Camera, con fronda simil-finiana in casa, ma zero possibilità di ricomprare i dissidenti. Il suo Gianfranco Fini casalingo si chiama Barbara, la figlia che ha imparato a far sentire la sua voce via Vanity fair. Già lo scorso anno c’era andata giù dura: “Non credo che un uomo politico possa permettersi la distinzione tra vita pubblica e vita privata”, aveva dichiarato al settimanale. Allora c’erano stati la festa di Noemi Letizia e i racconti di Patrizia D’Addario. Ora si è aggiunta anche Ruby. E Barbara rincara la dose: “Sono vicende che mi hanno amareggiato”, confessa a Vanity fair. “Penso che quelle che mio padre chiama pubblicamente debolezze abbiano inciso sulla sua vita privata, ma anche sulla vita politica”. E poi ci mette il carico. Tirando in ballo Mara Carfagna: “Se si sente discriminata lei, che dai Telegatti è diventata ministro, la cosa assume dimensioni ancora più grottesche”. Poi, elevando il tono: “Vedere certe signorine girare in auto blu non fa bene all’immagine del Paese”. Sì. Mara Carfagna resta il primo punto di rottura dentro la famiglia Berlusconi. Era il 27 gennaio 2007 quando Silvio fece complimenti pesanti alla serata di gala per la consegna dei Telegatti (“Se non fossi già sposato, la sposerei subito. Con lei andrei dappertutto...”). Due giorni dopo, era piovuta dal cielo di villa Macherio la prima lettera di Veronica: “Interpreto quelle affermazioni come lesive della mia dignità. Sono parole che per l’età, il ruolo politico e sociale, il contesto familiare della persona da cui provengono, non possono essere ridotte a scherzose esternazioni. A mio marito e all’uomo pubblico chiedo quindi pubbliche scuse”.

LE SCUSE non sono mai arrivate, in compenso sono arrivate le feste a villa Certosa, le notti ad Arcore, le escort a Palazzo Grazioli, fino al bunga-bunga. La madre di Barbara ha intanto fatto le sue scelte, calibrato le sue mosse, scritto una seconda lettera, quella dell’adesso basta (“Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni... È una persona che non sta bene... Io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione”). E gli intimi raccontano la collera di Barbara e l’imbarazzo di sua sorella Eleonora, a pranzo con il padre ad Arcore, quando hanno visto girare per casa un paio di ragazze non meglio identificate.

Ora Barbara, la maggiore dei tre figli di Veronica, ha 26 anni, un marito (Giorgio Valaguzza), due bambini. E ha voglia di dire la sua, di mostrarsi al mondo come persona autonoma, che ragiona e cerca di percorrere la sua strada, professionale e umana. E di non lasciare alla madre tutto il peso di un rapporto difficile, in bilico tra affetti e dignità. Ancor più difficile il rapporto di una figlia: “Credo a mio padre, ma gli scandali amareggiano”, dice Barbara a Vanity fair. “È ovvio che non sono d’accordo con un certo tipo di condotta, ma devo anche credere alle verità di mio padre”. È cresciuta, la bambina che nel 1984 ebbe come padrino di battesimo Bettino Craxi. Oggi ci tiene a rimarcare le sue differenze. Anche politiche, quando confessa di sentirsi rappresentata da Matteo Renzi, il sindaco Pd di Firenze. Così ora Berlusconi ha il terzo polo in casa.

Certo non è imputabile a lei la brutta scena avvenuta nel luglio scorso alla sua cerimonia di laurea, all’Università San Raffaele, quando il rettore don Luigi Verzé, alla presenza di papà Silvio, si è rivolto solo a Barbara, tra i tanti neolaureati presenti, complimentandosi e offrendole addirittura una cattedra, nella futura, ipotetica facoltà di Economia dell’ateneo. Le colpe dei padri (e degli amici dei padri) non possono ricadere sui figli. Così Barbara resta soltanto una diligente studentessa che al San Raffaele ha conseguito una laurea (triennale) sul pensiero di Amartya Sen.

SEMMAI i problemi sono altri. Hanno a che fare con l’eredità e il collocamento dei figli di Berlusconi nelle aziende del padre. L’eredità è stata oggetto di una lunga trattativa sotterranea condotta da Veronica, finché Berlusconi ha intestato ai tre figli della seconda moglie una delle “Holding Italiane” che controllano il suo impero. Così Barbara, Eleonora e Luigi hanno raggiunto la parità patrimoniale con Marina e Pier Silvio. Non la pari dignità in azienda, visto che la Mondadori è già presidiata da Marina e Mediaset da Pier Silvio. I tre figli di Veronica sono più giovani, devono farsi le ossa. Ma Barbara scalpita. Nega, a parole, che ci siano tensioni: “Non siamo mai stati oggetto di discussioni legate al patrimonio o a ruoli in azienda”. Ma si sa che a Barbara, che ama presentarsi come l’intellettuale della famiglia, piacerebbe molto avere un posto in Mondadori. Lo aveva già detto a Vanity nell’agosto 2009: “A oggi non c’è nessuna lotta. E, se mio padre è uomo giusto ed equo, non ce ne saranno nemmeno in futuro”. Sottolineando la sua “passione per l’editoria”, aveva ribadito: “Mio padre ha sempre visto in me delle qualità che potevano essere adeguate per questo settore. Lui ha sempre pensato che, quando ne avessi avuto le capacità, mi sarei occupata di Mondadori”. La sorellastra Marina, sempre ben più decisa nel difendere politicamente il padre, ha già fatto capire (con un’intervista al Corriere della Sera) che se lo può scordare. La saga politico-imprenditorial-familiare continua. Il seguito alla prossima intervista.

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