venerdì 17 dicembre 2010

NUOVA LOGGIA CAMPANIA


Politici, funzionari e affaristi: un’altra lobby sotto il Vesuvio La Procura di Napoli fa perquisire la casa e il quotidiano di Lavitola

di Marco Lillo e Antonio Massari

Sono state 48 ore movimentate per Valter Lavitola. Due giornate difficili anche per un tipo tosto come l’editore amico di Silvio Berlusconi, abituato a maneggiare nell’interesse del suo leader e amico indagini transoceaniche e dossier scivolosi tra le due sponde dell’oceano, come avvenuto nel caso Fini-Montecarlo. Lavitola è divenuto famoso quando è volato fino all’isola caraibica di Saint Lucia per trovare le prove utili per dimostrare le malefatte immobiliari del cognato del presidente della Camera Gianfranco Fini. Missione compiuta quando ha pubblicato sul suo giornale, L’Avanti, la lettera del commercialista James Walfenzao al ministro della giustizia di

Saint Lucia che “incastrava Tulliani”. Stavolta l’editore socialista che per

anni ha gestito un’impresa che commercializza pesce in Brasile, potrebbe essere rimasto vittima della sua passione per le carte scottanti. Mercoledì l’editore dell’Avanti, è stato sentito dai pm di Napoli sui suoi rapporti con un maresciallo del Ros, Enrico La Monica, e con altri soggetti molto più potenti di questo carabiniere 43enne, che per l’accusa appartengono a un’associazione segreta “vietata dall’articolo 18 della Costituzione in seno alla quale venivano svolte attività dirette a interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”. In parole semplici i pm Henry John

Woodcock e Francesco Curcio, coordinati dall’aggiunto Francesco Greco, ritengono di avere individuato una sorta di P4, dopo la cosiddetta P3 scoperta a Roma dal pm Giancarlo Capaldo.

Lavitola non è indagato ma i pm lo hanno messo nel mirino perché sospettano che il principale indagato, il maresciallo dei carabinieri del Ros Enrico La Monica, in virtù dei “rapporti di fiducia” con l’editore dell’Avanti gli abbia affidato documenti delicati e altre cose da custodire. Dopo averlo sentito mercoledì sui suoi rapporti con il maresciallo del Ros e con le altre persone indagate per appartenenza all’associazione segreta vietata dalla legge Anselmi e per rivelazione di segreti di ufficio, i pm lo hanno perquisito ieri. L’editore nega tutto, persino l’esistenza dell’indagine: “Non è vero nulla, non sono stato né sentito né perquisito”, dice in serata a il Fatto Quotidiano. Ma la realtà è un’altra: i pm hanno disposto la perquisizione ieri della sede del giornale “L’Avanti” in via del Corso 117 e della sua residenza romana. Nessuno ha molta voglia di parlare di questa indagine che si svolge in gran segreto dal luglio scorso. I pm nelle scorse settimane hanno sentito molti magistrati, come il presidente Umberto Marconi, già coinvolto nell’inchiesta sulla P3, e anche politici come Mara Carfagna. Su cosa stanno lavorando i pm Curcio e Woodcock? Un “sistema parallelo” nel quale operano soggetti che sono “espressione dello Stato” e del “mondo degli affari”. Questa sorta di P4 spunta all'ombra del Vesuvio ma ha probabilmente la sua testa a Roma dove può contare su personaggi di prima grandezza. Al livello più basso c’è il sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri indagato e perquisito ieri: Enrico La Monica, ben introdotto nei palazzi di giustizia napoletani anche perché è stato in passato molto legato a una donna magistrato sotto il Vesuvio.

Reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia: la loggia occulta agiva ad ampio raggio e - come nel caso della "P3" – tentava di interferire "sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali". Anche l’avvocato Patrizio della Volpe di Santa Maria Capua a Vetere è stato perquisito ieri ed è indagato. I pm ora però hanno messo nel mirino un soggetto molto più importante: Alfonso Papa, ex magistrato napoletano, oggi parlamentare del Pdl e membro della commissione Giustizia. Perquisito anche Raffaele Balsamo, rivenditore di telefonini titolare di alcuni negozi a Napoli. Secondo l’ipotesi dell’accusa Balsamo, in passato arrestato e condannato definitivamente per associazione a delinquere e ricettazione, forniva ai membri di questa sorta di P4 numerose schede di telefonini intestate fittiziamente a extracomunitari per permettere loro di parlare senza rischiare di essere intercettati.

Ma di cosa parlavano gli indagati? ll maresciallo La Monica per i pm era in grado di acquisire notizie “riservate e secretate inerenti anche a procedimenti penali in corso”. Per i pm napoletani, il gruppo occulto aveva creato “un vero e proprio 'sistema parallelo' e surrettizio, gestito sia da soggetti formalmente estranei alle istituzioni pubbliche e alla pubblica amministrazione sia, invece, da soggetti espressione dello Stato”.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Una faccia da far invidia a Lombroso!