PAOLO PASSARINI
Giorgio Napolitano non può dire al presidente del Consiglio che deve allargare la sua maggioranza né come, ma può, come ha fatto ieri, sottolineare con un cenno di visibile assenso l’espressa intenzione di Silvio Berlusconi di procedere in questa direzione; e può dirgli, come gli ha detto, che adesso è opportuno mettere governo e maggioranza in condizione di «affrontare le questioni sul tappeto». Del resto è evidente a tutti, non solo al Presidente della Repubblica, che il principale problema politico che il Paese adesso ha di fronte è quello di una sterile e protratta instabilità.
Per il resto, da un punto di vista strettamente istituzionale, come ha osservato lo stesso Napolitano, «non è cambiato alcunché». Era corretto e dovuto che il presidente del Consiglio, superato un voto di fiducia, salisse al Quirinale per «comunicare» come intende «andare avanti», avendo adesso a suo sostegno una maggioranza mutilata. «Come poi va avanti - commentano al Quirinale - sono fatti che riguardano lui e i partiti che lo sostengono».
Ma, in realtà, l’abituale raccomandazione, da parte di Napolitano, a fare il possibile per «allentare le tensioni» ieri ha assunto un significato più specifico. L’Italia ha schivato i rischi di una crisi al buio in un brutto momento, ma adesso non può permettersi un’ulteriore escalation della guerriglia politica. Anche se per crederci bisognerebbe avere l’ottimismo come fede, la «nuova fase politica» dovrebbe, da questo punto di vista, essere meglio della precedente.
Sta di fatto che Berlusconi si è impegnato, con Napolitano, a condurre un’attenta «verifica» e ad avviare un convinto lavoro di «ricucitura», al termine del quale conta di realizzare un salutare «rimpasto» di governo. Il presidente lo ha preso in parola.
Berlusconi ha raccontato ieri che Napolitano teme che elezioni in questo momento non abbiano un effetto «positivo». Il Quirinale, per evidenti ragioni, non può confermare, ma è comprensibile che Napolitano tema le conseguenze, anche di immagine all’estero e soprattutto in Europa, derivanti dallo scioglimento anticipato di una legislatura apertasi con una maggioranza blindata. Napolitano stesso lo aveva fatto ampiamente capire in un discorso in provincia di Salerno contro l’idea di elezioni anticipate come soluzione «fisiologica». In più, adesso, c’è la nota preoccupazione per le possibili speculazioni della finanza internazionale.
Per il resto tutto quello che il Presidente della Repubblica ha da dire, e ritiene di poter dire attraverso un testo meticolosamente controllato, lo dirà lunedì prossimo, in occasione del discorso per i tradizionali auguri di Natale alle «alte cariche» dello Stato. Vista la situazione, sarà un discorso importante, basato sulla consapevolezza che il Paese sta probabilmente entrando in una «fase», non una semplice congiuntura politica, del tutto nuova.
L’incontro di ieri è stato veloce e, forse anche per questo, uno dei migliori tra i due, soprattutto considerando gli ultimi. In ogni caso, la vignettistica politica corrente potrebbe esercitarsi sul tema del «disgelo». Tuttavia Silvio Berlusconi è arrivato un po’ in ritardo al Quirinale e, scusandosi, ne ha attribuito la causa alle numerose manifestazioni che ieri hanno fatto collassare il traffico nel centro della capitale. Nel complesso, nello studio del presidente assieme a Gianni Letta e al Segretario generale Donato Marra, è apparso come una di quelle persone di cui si dice che, dopo una gran paura, sono diventati «più buoni». Ma poi, dopo solo una mezz’oretta di colloquio, atteso da qualche parte per un’ennesima presentazione del libro di Bruno Vespa, se ne è andato di gran fretta, rovinando buona parte dell’effetto precedente.
1 commento:
QUI SI CAPISCE COME E PERCHE' GIANFRANCO FINI DI E'FATTO FREGARE! E ALLA GRANDE PURE.
VA A FIDARTI DEGLI EX COMUNISTI!
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