giovedì 9 dicembre 2010

Sistema Ennio Doris, sistema dopato con il fisco irlandese


VITTORIO MALAGUTTI

Senza il doping fiscale garantito dall'Irlanda il bilancio Mediolanum si sgonfierebbe. In realtà il blancio del 2009 si aggira attorno ai 206 milioni di euro

Se in Italia c’è un banchiere che sta tifando alla grande per il salvataggio dell’Irlanda, questo è di sicuro Ennio Doris. Proprio lui, l’amico e socio di Silvio Berlusconi, il fondatore di Mediolanum, uno degli uomini più ricchi del Paese con un patrimonio personale di gran lunga superiore al miliardo di euro. Chi non lo conosce? E’ quel signore in doppiopetto che traccia cerchi sulla sabbia predicando ottimismo nei suoi spot televisivi.

Doris tifa Irlanda ed è in buona compagnia. Il crac di Dublino, infatti, minaccia di innescare una spirale di pesanti ribassi per le quotazioni dei titoli di stato italiani. Con forti perdite in bilancio per gli istituti di credito che ne hanno comprati in gran quantità. Ma il capo di Mediolanum ha una preoccupazione in più. Una preoccupazione che vale svariate decine di milioni. Quanto basta per sgonfiare i lauti profitti fin qui realizzati dal gruppo finanziario (banca, assicurazione, fondi d’investimento) che fa capo per il 35 per cento allo stesso Doris insieme alla moglie e per una quota analoga alla Fininvest di Berlusconi.

È tutta una questione di tasse. Quelle targate Dublino, che garantiscono un trattamento di favore alle società straniere che scelgono l’isola come sede di una loro filiale. Ebbene, da anni ormai Mediolanum fa ampio ricorso a questa forma di doping fiscale e gli utili aumentano di conseguenza. Per salvarsi dal crac, però, adesso l’Irlanda potrebbe decidere di cambiare le regole del gioco alzando le imposte societarie. Gliel’hanno già chiesto alcuni partner dell’Unione europea, in testa a tutti la Germania. E, paradosso del conflitto d’interessi all’italiana, tra gli uomini politici che hanno voce in capitolo nella trattativa internazionale c’è anche il premier Berlusconi. Il quale, come detto, è anche un importante azionista della stessa Mediolanum. Farà gli interessi del Paese o quelli del suo personale portafoglio? Chissà.

Finora, comunque, il governo di Dublino ha preferito dare un taglio allo stato sociale colpendo milioni di cittadini piuttosto che abbandonare una politica fiscale che ha attratto aziende da tutta Europa. Non è detto, però, che la catastrofica situazione delle finanze pubbliche non imponga presto di rivedere almeno in parte questa scelta. Risultato: tasse più alte alle filiali di società straniere, comprese quelle di Doris. E allora addio doping fiscale, addio superprofitti.

Va detto che Mediolanum non è l’unico gruppo italiano sbarcato in Irlanda per risparmiare sulle tasse. Tutte le maggiori banche nazionali, ma anche aziende industriali e di servizi, hanno colto al volo l’occasione. Dublino funziona come una porta girevole. I capitali arrivano, pagano tasse minime e poi tornano in patria, nelle casse della holding capogruppo, sotto forma di dividendo. Un gioco da ragazzi. Con grandi vantaggi: la corporate tax irlandese ammonta al 12,5 per cento dei profitti. Le imposte societarie italiane (Ires e Irap) pesano invece per oltre il 30 per cento.

E allora tutti in Irlanda per dribblare il Fisco nostrano. Uno sport molto diffuso. Il campionissimo della specialità, però, è proprio lui, Doris. Tanto che ormai il vero motore di Mediolanum si trova in Irlanda. Gli utili del gruppo arrivano da lì, caso più unico che raro nel panorama delle società italiane quotate in Borsa. Ma vediamo come funziona il congegno che ha fatto la fortuna del grande amico di Berlusconi. Tutto ruota attorno alla Mediolanum International funds, con sede a Dublino, la società a cui fa capo amministrazione e gestione di una scuderia di fondi d’investimento, distribuiti in Italia con i marchi “Best Brands” e “Challenge”.

A quanto pare la gestione dei fondi rende, eccome. Nel 2009 la Mediolanum International funds ha realizzato la bellezza di 206 milioni di profitti. Nello stesso anno l’intero gruppo Mediolanum, che in Italia controlla una banca e una compagnia di assicurazioni, più altre attività minori in Spagna e Germania, è arrivato a quota 216 milioni. Come dire che la redditività aziendale dipende quasi per intero dalla filiale dublinese. Se poi consideriamo che un’altra controllata con base in Irlanda, la Mediolanum asset management, ha chiuso i conti con quasi 9 milioni di utili, ce n’è abbastanza per affermare che Doris guida una macchina da soldi con la targa di Dublino.

In realtà, a ben guardare, il ricco bilancio del gruppo sembra il risultato di un collaudato gioco di sponda miliardario. Si parte dall’Italia, con i risparmiatori nostrani che investono nei fondi Mediolanum. Il denaro arriva in Irlanda, nelle casse della società di gestione, la Mediolanum International funds. Conti alla mano, quest’ultima amministra oltre 14 miliardi di euro e l’anno scorso ha ricevuto circa 400 milioni sotto forma di commissioni varie, tra cui quelle di management e di performance. Che poi sarebbero le somme prelevate dal patrimonio dei fondi a titolo di compenso per la gestione e per i suoi risultati.

A sua volta la società irlandese versa circa 150 milioni alla casa madre italiana (Banca Mediolanum) a titolo di commissioni di sottoscrizione e distribuzione. Tolte alcune spese accessorie, i profitti lordi ammontano (nel 2009) a circa 235 milioni. Rimangono da pagare le imposte, che però in Irlanda, come detto, sono molto basse. Alla fine la Mediolanum International fund se la cava con meno di 30 milioni. In Italia avrebbe rischiato di pagarne più del doppio. Un bel guadagno per Doris e il suo socio Berlusconi. A questo punto non resta che spedire in Italia il pacco regalo. L’anno scorso la filiale di Dublino ha staccato dividendi per 180 milioni. Poco più della metà (51 per cento) è andata a Banca Mediolanum, un’altra fetta ha preso la strada della holding Mediolanum spa. Un regalo d’Irlanda. A prova di Fisco.

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