martedì 18 gennaio 2011

E il prefetto disse: “C’erano orge lì dentro”


GIANNI BARBACETTO

Carlo Ferrigno, ospite ad Arcore: "Bevevano tutte, erano senza reggipetto"

“C’erano orge, lì dentro!”. Non ci sono soltanto le voci di ragazze a caccia di soldi e successo, nelle carte mandate dalla Procura di Milano alla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Altri ospiti delle feste di Arcore raccontano il Bunga bunga. In telefonate che sono state intercettate dagli investigatori e ora a disposizione dei deputati. C’è, a raccontare i riti dei festini a luci rosse, anche la voce di un uomo che è stato a lungo funzionario dello Stato: Carlo Ferrigno, poliziotto, poi prefetto ad Asti, a Napoli (2000-2003), commissario anti-racket (2003-2006). Una carriera non senza guai e incidenti di percorso.
“C’erano orge! Non con droga, non mi risulta”, racconta Ferrigno al suo interlocutore il 29 settembre 2010. “Ma bevevano tutte mezzo discinte… Berlusconi si è messo a cantare e a raccontare barzellette. C’erano loro tre”, e dalla conversazione si capisce che erano Silvio Berlusconi, Lele Mora ed Emilio Fede, “e 28 ragazze. Tutte ragazze che poi alla fine erano senza reggipetto, solo le mutandine strette”. La terminologia (“discinte”, “reggipetto”) è quella di un uomo di una certa età. Ferrigno è un settantenne che ne ha viste tante nella sua vita. Eppure si mostra stupito. “Capito? Bella roba, tutta la sera!”. Poi il prefetto racconta i particolari. Descrive al suo interlocutore la scena dell’“orgia” a cui ha assistito. Gli dice di “Maria… mezzo araba”, che faceva la danza del ventre mentre gli altri “stavano a guardarla”. Con regalo finale di Silvio: “Un anello e un bracciale”.

A essere perfidi, si potrebbe ipotizzare che Ferrigno sia stato invitato a quella che chiama “orgia” per meriti acquisiti sul campo. Sì, perché da commissario anti-racket è stato accusato di essere un “prefetto a luci rosse”: di aver preteso prestazioni sessuali da donne vittime di usura che si rivolgevano a lui. A far scoppiare lo scandalo, due uomini simbolo della lotta all’usura:
Frediano Manzi, animatore del comitato Sos racket e usura, e Paolo Bocedi, presidente dell’associazione Sos Italia Libera. “Non potevamo più tacere, come associazioni anti-racket abbiamo il dovere di denunciare questo scandalo fatto di ricatti, minacce, intimidazioni e richieste di natura sessuale, che sono state perpetrate nel tempo dal commissario straordinario anti-racket Carlo Ferrigno”. Così Manzi e Bocedi scrivono in una lettera aperta del febbraio 2010. “Era abitudine del commissario anti-racket inviare il suo fido segretario e autista, Tonino, con la macchina in dotazione del ministero a prelevare prostitute giovani e soprattutto minorenni, per fare orge e festini presso l’abitazione del prefetto a Roma; e si afferma che il prefetto facesse abitudinariamente uso di cocaina”. Ora spetterà ai magistrati stabilire se è vero quanto raccontato da Manzi e Bocedi, sulla base delle testimonianze di alcune presunte vittime.

Prima di questa vicenda, Ferrigno era stato protagonista di un’altra disavventura, questa volta non a luci rosse, ma nere. Nel 1996,
Aldo Giannuli, consulente del giudice di Milano Guido Salvini a caccia dei terroristi di Piazza Fontana, aveva scoperto, sulla circonvallazione Appia, a Roma, l’archivio segreto dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno: decine di migliaia di reperti, mai messi a disposizione della magistratura. Tra questi, una parte di un ordigno esploso nella notte tra l’8 e il 9 agosto del 1969 su un treno a Pescara, in uno dei primi attentati eseguiti dal gruppo di Franco Freda durante la campagna terroristica culminata in Piazza Fontana. E documenti sullo strano incidente aereo in cui perse la vita, nel 1962, il presidente dell’Eni Enrico Mattei.

In seguito al ritrovamento, viene avviata un’indagine nei confronti di Ferrigno, che all’epoca è capo della Direzione centrale della polizia di prevenzione, erede degli Affari riservati. Nel 1977, il giudice di Venezia Carlo Mastelloni sequestra altri dossier illegali, aggiornati fino al 1994. Nessuna conseguenza penale per il prefetto, che si dimette ma poi continua la sua carriera. Fino agli inviti ad Arcore, fino alle “orge” del Bunga bunga.

Da Il Fatto Quotidiano del 18 gennaio 2011

Nessun commento: