domenica 30 gennaio 2011

Fiducia nel premier in calo, ma il governo tiene


T utte le principali istituzioni del nostro paese sono partecipi in questi giorni di violente polemiche, spesso mirate l’una contro l’altra. Il Presidente del Consiglio è messo sotto il mirino dai giudici milanesi con imputazioni gravissime, sino all’abuso di minorenni. A sua volta, la Magistratura viene accusata di illazioni pretestuose e di un eccesso di accanimento contro Berlusconi.

Quest’ultimo, al tempo stesso, invoca le dimissioni del presidente della Camera, Fini, cui si imputa di avere perduto la propria indipendenza politica (oltre che la vicenda della casa di Montecarlo). L’opinione pubblica risponde a questo scenario drammatico (come ha osservato Stefano Folli sul Sole 24 Ore non si era mai assistito, dal dopoguerra ad oggi, ad una situazione di tale conflitto tra i poteri dello Stato) con tre tipi di reazioni differenti e solo apparentemente contraddittorie tra loro. Da un verso, si conferma il trend di erosione della fiducia nella persona del Cavaliere, i cui primi segnali erano già stati rilevati nei giorni scorsi. Oggi solo poco più di un quarto (27,5%) degli italiani dichiara di avere «molta» o «moltissima» fiducia in Berlusconi. Tutti gli altri si dividono tra l'espressione di «poca» o «pochissima» fiducia (70%) ed una quota assai esigua di persone senza un'opinione precisa (2%). Naturalmente, la gran parte (87%) degli elettori per il Pdl conferma il consenso per il proprio leader (sebbene anche tra costoro, il 13%, esprima a suo riguardo una posizione critica).

Ma la sfiducia è presente nella quasi totalità degli elettori dei partiti di opposizione (compreso il 92%dei votanti per Fli) e anche, in misura significativa, (41%) in quelli leghisti. Il fenomeno era forse inevitabile, dati il rilievo sui media e la gravità delle accuse rivolte al Presidente del Consiglio. Ma— è questa la seconda caratteristica significativa delle reazioni dell’opinione pubblica— la diffusione delle critiche alla persona non ha comportato una diminuzione significativa del consenso verso le istituzioni che a lui fanno riferimento. Si è già rilevato la scorsa settimana come il livello delle intenzioni di voto per il partito del Cavaliere non abbia subito sin qui, secondo quanto rilevato dalla gran parte degli istituti di ricerca, diminuzioni significative, forse per mancanza di alternative. Lo stesso andamento si manifesta per l’opinione sull’operato dell'esecutivo.

La percentuale di cittadini che esprimono una valutazione positiva sul Governo rimane bassa (supera di poco il 30%, corrispondente dunque a meno di un terzo degli italiani), ma non mostra variazioni rilevanti rispetto a quanto era emerso, ad esempio, nell'ottobre scorso, anzi, fa registrare una minimo mutamento in positivo. Anche in questo caso, al consenso elevato (88%) rilevabile tra i votanti per il Pdl (e, in questa circostanza, anche tra i leghisti, sia pure in misura lievemente inferiore) si contrappone l’atteggiamento critico di tutti gli altri elettori (compresi quelli di Fli, ove l'approvazione per l’operato del Governo è pari al 25%). Va detto, comunque, che i giudizi positivi sull’azione dell’opposizione sono ancora minori, collocandosi nel complesso della popolazione poco sopra il 15%. Tuttavia, se il consenso per l’esecutivo e per il Pdl rimangono pressoché invariati, cala, in modo molto significativo, la fiducia generale nelle principali istituzioni politiche del Paese, con l'esclusione del Presidente della Repubblica. Quest’ultimo vede anzi accrescere il proprio seguito dal 79 all'84%. Ma il Parlamento, che già godeva di una fiducia popolare piuttosto modesta, subisce l'andamento opposto: oggi solo un italiano su quattro (era uno su tre l'ottobre scorso) esprime un giudizio positivo al riguardo.

Ancora peggiore è l'opinione espressa in questo momento dai cittadini nei confronti dei partiti politici nel loro insieme. Dal 15%di fiducia manifestato in ottobre, si è crollati sotto il 10%. Insomma — questo è il terzo fenomeno rilevabile nell’opinione pubblica — si allarga fortemente la disistima per le istituzioni politiche. Uno scenario siffatto può dar luogo, specie se la crisi istituzionale prosegue e si acuisce, ad un ancora maggiore allontanamento degli italiani dalla politica e dai suoi rappresentanti. Con conseguenze, in questo momento, imprevedibili.

Renato Mannheimer
30 gennaio 2011

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