LUCA TELESE
La mattina in cui Berlusconi cadde, sotto la spinta delle manifestazioni popolari (bipolarismo modello tunisino), il direttore generale Mauro Masi, detto “il RAIS”, varcò l’ingresso di via dell’Arancio, dopo aver chiesto un colloquio a Massimo D’Alema: “Massimo, tu lo sai, ai tempi del tuo governo con te ho lavorato benissimo, sono sempre stato sono un tecnico: contro Santoro non ho mai avuto nulla di personale. Eseguivo gli ordini. E sono disposto a chiedere sinceramente scusa e a rimettermi al servizio del paese”. Il presidente del Copasir sospirò malinconico: “Mauro, lo so bene, ma qui tutto è in mano ai girotondini di Moretti e D’Arcais, dove andremo a finire?”
La mattina in cui Berlusconi si dissolse, abbattuto da una intifada di pietre (modello egiziano), il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, varcò il portone di via del Nazzareno, per un colloquio con Pier Luigi Bersani: “Pierluigi, tu lo sai, mentre Masi faceva di tutto per chiudere Santoro, io – anche senza clamore – ho fatto resistenza passiva. Adesso penso di dover essere premiato, cosa ne pensi di me alla Rai, come una figura di garanzia istituzionale?”. Bersani accigliò lo sguardo e rispose: “Corrado, tu lo sai quanto ti stimo, ma purtroppo c’è Di Pietro che ringhia come un mastino, vuole fare un piazzale Loreto, sono solo dei talebani”.
La mattina in cui Berlusconi si schiantò affondato da una vandea popolare (modello Berisha) Nicole Minetti chiese un appuntamento a Walter Veltroni: “Walter, parliamoci chiaro, sono proprio le intercettazioni che lo dimostrano: io combattevo il berlusconismo da dentro, ero la contraddizione in senso al sistema. Se non ci fossimo state io, Patrizia e Noemi, quel maledetto culo flaccido sarebbe ancora lì. Vorrei organizzare un centro massaggi per la tua corrente o in alternativa occuparmi di pubblica istruzione”. Veltroni scosse la testa e abbassò gli occhi: “Cara Nicole, figurati se ho un pregiudizio. Mi sono caricato persino
La mattina in cui Berlusconi cadde, dopo il rinvio a giudizio dei magistrati, Marina prese il potere in 24 ore: Moretti, D’Arcais, Di Pietro, Vendola, Mussi, Santoro, Vauro, Grillo, i girotondini, Rodotà e tanti altri furono deportati negli studi del Grande Fratello, a Cinecittà, provvisoriamente trasformati in lager. Masi fu premiato per aver salvato il paese dal caos, con la cancellazione di Annozero. Varò subito un nuovo regolamento per garantire all’Opu (Opposizione Politicamente Utile) il 15% dello spazio nelle tribune del Tg4. Nel suo primo intervento Pier Luigi Bersani sferrò un duro attacco al governo: “Ora più che mai torno a proporre un governo di vera alternativa, guidato da Tremonti”. Ma Tremonti non c’era più: travolto dallo scandalo dei “fanciullini”, dopo le rivelazioni del settimanale Chi. L’ultimo leader dell’Opu che riuscì a dire qualcosa fu Massimo D’Alema che riuscì a resistere. Il suo rifugio di St. Moritz rimase, malgrado tutto, inespugnabile.
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