Aldo Maturo
Scade tra qualche giorno, il 22 gennaio, il termine per impugnare il proprio contratto di lavoro a tempo determinato che si succede illegittimamente da anni, come accade nel mondo della scuola con i docenti e il personale ATA o in tante aziende private (co.co.pro, call center, etc.). La direttiva europea 1999/70 aveva stabilito da oltre 10 anni che gli Stati sono tenuti ad introdurre nelle rispettive legislazioni nazionali norme idonee a prevenire e a sanzionare l’abuso nella successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
La nuova legge 183 del 4 novembre scorso ha dato piena attuazione a tale Direttiva ma già la Magistratura si era mossa in tal senso stabilendo la illegittimità dei contratti che si succedono a tempo determinato, condannando l’Amministrazione a risarcire il danno subito dai precari cui in qualche caso ha corrisposto, se intanto non era intervenuta la prescrizione, la differenza tra quanto effettivamente percepito e quanto avrebbero dovuto percepire se fossero stati da subito assunti con contratto a tempo indeterminato (Tribunale di Alba, 8 novembre 2010,Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, n. 17454 del 10 novembre 2010).
Qualche Tribunale (Siena) ha addirittura trasformato da tempo determinato a tempo indeterminato il contratto di un’insegnante che da sei anni veniva assunta a inizio anno e licenziata a fine anno scolastico.
Anche
La nuova normativa si applica a tutti i casi di invalidità del licenziamento, a coloro che si trovano in uno stato di lavoro con contratto a tempo determinato, ancora in corso o già concluso e reiterato ed ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge (24.11.2010) La fattispecie deve rientrare nell’ ampia previsione dell’art.32 della L.183/2010, cui si rinvia gli interessati.
L’istanza va presentata con raccomandata A.R. diretta al proprio datore di lavoro, anche attraverso la propria organizzazione sindacale. In questa fase non è necessario essere assistiti da un avvocato.
"L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo»
Se il giudice dà ragione al ricorrente e converte a tempo indeterminato un contratto a tempo determinato, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore, stabilendo una indennità omnicomprensiva nella misura tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Nessun commento:
Posta un commento