mercoledì 5 gennaio 2011

Le primarie fanno male al Pd


Le elezioni primarie sono una invenzione americana. E negli Stati Uniti servono specialmente (ma non soltanto) per selezionare i candidati alla presidenza del Paese. In Italia sono state, invece, una invenzione di Prodi e del suo fido Parisi. Dico invenzione e non importazione perché le primarie prodiane non erano una vera contesa, una vera gara; erano piuttosto un modo per rafforzare e legittimare un candidato che era un leader senza partito, che non aveva il sostegno di un suo partito.

Negli Stati Uniti esistono molte varietà di primarie, alcune «aperte» a tutti, altre «chiuse», e cioè riservate agli iscritti o a chi si dichiara tale. Ma non mi addentro in questa casistica, che è varia, cangiante e complessa. Il punto è che dopo il fallimento del progetto prodiano le primarie, quelle vere, sono state adottate dalla sinistra.

È una buona idea? In linea di principio, sì. Perché non c'è dubbio che le primarie sono uno strumento e un «aumento di democrazia» molto più efficace del voto di preferenza. Sono le primarie, ben più che le preferenze, a dare voce e peso effettivo all'elettorato nella scelta dei candidati. Inoltre la sinistra italiana soffre oggi di mancanza di idee, di nuove «idee di sinistra». E le primarie diventano una idea di sinistra, visto che Berlusconi ha una concezione padronale del suo partito, e visto, quindi, che per lui le primarie sono inaccettabili.

Ciò detto, non è detto che le primarie funzionino sempre come dovrebbero. Un primo rischio è che le primarie «estremizzino» la scelta dei candidati. È così, o può essere così, perché chi va a votare nelle primarie è di solito più coinvolto nella politica, e quindi più «intenso», più appassionato dell'elettore medio, dell'elettore normale. In tal caso il candidato scelto dalle primarie è un candidato sbagliato, un candidato perdente. Se, per esempio, Vendola trionfasse nelle primarie della sinistra, la mia previsione è che per il Pd sarebbe una catastrofe.

Un secondo rischio è che le primarie producano, all'interno del partito che le adotta, un forte frazionismo. Per vincere nelle primarie i pretendenti debbono avere una propria organizzazione elettorale interna. La prima volta, o per un paio di volte, le primarie possono essere salutari: immettono aria fresca, svecchiano un partito troppo ingessato e intorpidito. Ma poi la frammentazione in correnti, oggi variamente travestite da «fondazioni», centri studio e simili, diventa inevitabile. Negli Stati Uniti non è così perché lì i partiti sono deboli, non scelgono i candidati ma, piuttosto, sono scelti dai candidati. Inoltre negli Stati Uniti i soldi (elettorali) saltano il partito e vanno direttamente a chi scende in campo. In Italia, invece, i soldi per i partiti vanno ai partiti. E questa differenza fa molta differenza.

Infine, una stranezza (forse). A lume di logica i partiti con primarie dovrebbero piacere agli elettori più dei partiti senza primarie. Ma in Italia non è così. Agli elettori di Berlusconi sembra (dai sondaggi) che delle primarie non importi un fico.

Giovanni Sartori
03 gennaio 2011

3 commenti:

Mauro B. ha detto...

Ci fossero più Sartori. Illuminante. Durante le primarie il candidato può davvero solleticare i sogni dell'elettore di centro-sinistra. Cosa che sarebbe un suicidio in campagna elettorale, momento nel quale il candidato deve essere invece il più ecumenico possibile.

Tuttavia non sono così sicuro che le scelte che saprebbe compiere una ristretta cerchia di burocrati di partito si rivelerebbe molto più performante delle decisioni di una parte, pur se minoritaria, dei cittadini.

Mi quoto..

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Giovanni Sartori mi piace per due motivi. Primo perché un toscano fiorentino D.O.C. (io ho lavorato in Toscana - Firenze e San Gimignano) dal 1967 al 1981). E poi perché ciò che scrive è davvero illuminante. Prima di te mai nessuno ha fatto un qualche commento ai suoi articoli su questo blog ed è comprensibile: se non si ha una qualche conoscenza specifica si può solo dire o pensare: ha ragione!
Anch'io penso che Sartori abbia ragione, che le primarie siano l'unico metodo che consentirebbe di aggirare il sistema della preferenze, ma ... ma non siamo gli U.S.A., le nostre primarie sono cosa altra e non altrettanto efficace. Proprio questo articolo consente di fare questa riflessione. Certo, i burocrati del PD, anime morte e sepolcri imbiancati, non vinceranno mai una elezione. Faccio mio il grido di Nanni Moretti: "Con questa classe politica non vinceremo mai!". Mai profezia fu più ragionata e quindi una non-profezia.

Mauro B. ha detto...

:) Sartori è veramente un grande uomo, e come tutti i grandi uomini riesce ad essere semplice anche quando parla di cose difficili..;)