giovedì 6 gennaio 2011

PRIMO MAGGIO E LIBERAZIONE NEGAZIONISMO LEGHISTA



La Provincia di Padova fa il calendario identitario

di Erminia della Frattina

“Se te voi catare on fiore, no sta tèmare el spin” sta scritto nel mese di maggio. Come dire: se si vuole cogliere un fiore si deve correre qualche rischio, ci si può anche pungere (traduzione per i non padani). Deve essere questa la folgorazione che ha spinto l’assessore leghista all’identità veneta della Provincia di Padova Leandro Comacchio a rischiare, stampando un calendario protoleghista e talmente attento alle tradizioni locali da dimenticare quelle istituzionali.

Nel calendario infatti si ignora completamente la festa della Liberazione il 25 aprile, sostituita con una più padana festa di San Marco, e non si fa nessun cenno alla festa del Lavoro il primo maggio. “È profondamente diseducativo”, reagisce la giunta Zanonato che ha restituito il dono al mittente.

I VENETI lavorano sempre, “dovrebbe esserci un almanacco che riporta la festa del lavoratore tutti i santi giorni” è la giustificazione sempliciotta di Maurizio Conte, altro assessore leghista del Veneto, nel solco della più classica agiografia del popolo lavoratore. “Continua l’offensiva leghista ai valori dell’unità d’Italia – contesta Piero Ruzzante, segretario del Pd padovano – dopo la mancata approvazione di una legge regionale che favoriva le celebrazioni per il 150esimo anno dell’unità d’Italia, arriva il calendario che ignora il 25 aprile e il primo maggio”. E ancora dice Ruzzante: “Dimenticando di festeggiare la Liberazione cancellano il grande tributo di sangue dato dai veneti all’Italia, dimenticano la medaglia d’oro per la Resistenza consegnata all’università di Padova. Tutto ciò offende i veneti, celebrando un’identità costruita sull’ignoranza e ad uso e consumo della Lega Nord”.

Davanti a questa deriva, prosegue l’ex deputato Ruzzante, il Pd invita i cittadini a riscoprire la storia.

APPUNTAMENTO allora tramite conferenza stampa alla doppia proiezione del film “Noi credevamo” di Mario Martone in alcuni multisala della città. Le polemiche hanno costretto a intervenire anche il presidente della Provincia Barbara Degani in quota Pdl, che si è affannata a spiegare la distinzione tra calendario di appuntamenti dell’istituzione che lei presiede e quelli propri dell’identità veneta. “Sul palco del primo maggio l’anno scorso c’ero anch’io accanto ai rappresentanti delle altre istituzioni – ha detto – e c’ero anche il 25 aprile”.

Così mentre i colleghi della maggioranza di centrodestra in Provincia corrono a mettere una pezza alla faccenda, il calendario mostra le proprie intenzioni fin dalla copertina. Nel calendario delle tradizioni venete che i Comuni del Padovano avrebbero dovuto distribuire oggi ai bambini campeggia in copertina la Befana, anzi pardòn “la vecia”, tradizione locale e quindi da tramandare alle nuove generazioni. Ma da contrapporre con fermezza, come ha ricordato lo stesso assessore Comacchio durante la conferenza stampa di presentazione, al Babbo Natale, considerato “straniero e importato”. Insomma un immigrato. Per fortuna quello veneto è un popolo paziente, come si legge nel sottotitolo: “del calendario e dela passiensa no se pole far sensa”.

A dare poi un tocco di assoluta originalità è l’inserimento il 25 marzo di una ricorrenza sconosciuta e pomposa, la “Terza edizione della festa del Popolo Veneto”.

Il sindaco del Comune di Solesino Walter Barin, che si è rifiutato di distribuire il calendario e ha invitato i colleghi degli altri comuni a fare altrettanto, ha interpellato direttamente l’assessore leghista. “La Festa del Popolo Veneto è prevista da una specifica legge regionale” è la difesa di Comacchio forte del sostegno legislativo, anche se la festa - come testimonia il numero stesso di edizioni - tanto antica non sembra. “Ci sarà anche una legge regionale, ma non mi pare però che sia nelle tradizioni locali” chiude al telefono Barin. Così se il 2 giugno è ben segnata la Festa della Repubblica, forse una dimenticanza degli autori del calendario, il 28 febbraio cade il “Bati marso”, una sorta di Capodanno veneto che, come i cinesi, posticipano di qualche tempo.

Infine il venetissimo calendario non manca di segnalare la festa della mamma, del papà e dei nonni. Insomma un revisionismo storico leghista, ma casereccio e in salsa familiare.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

COME LI POSSIAMO DEFINIRE: CIALTRONI? DEFICIENTI? TESTE DI CAZZO? CI DOBBIAMO ATTREZZARE PER UNA NUOVA RESISTENZA? COSA CAZZO DOBBIAMO FARE?