Alessio Pisanò
Il trattato prevede l'abolizione dei controlli e l'adozione di comuni norme per le persone alle frontiere interne. Ma
Si chiudono le porte di Schengen a Romania e Bulgaria. Dopo il no di Francia e Germania all’ingresso dei due Paesi all’interno dello spazio di libera circolazione Ue, espresso negli ultimi giorni di dicembre, per Bucarest e Sofia sembra non esserci più speranza. Nonostante i tentativi di mediazione dell’Ungheria, alla guida della Presidenza di turno Ue, l’asse franco-tedesco sembra aver avuto la meglio, anche perché per accogliere un nuovo Paese dentro Schengen ci vuole l’unanimità dei Paesi membri.
Lo spazio Shengen prevede l’abolizione dei controlli e l’adozione di comuni norme per le persone alle frontiere interne controbilanciati dai maggiori controlli a quelle esterne, il rafforzamento della cooperazione giudiziaria e della collaborazione tra le forze di polizia, il coordinamento degli stati nella lotta alla criminalità organizzata internazionale (per esempio mafia, traffico d’armi, droga, immigrazione clandestina) e l’integrazione delle banche dati delle forze di polizia (il Sistema di informazione Schengen, SIS).
A oggi ne fanno parte i Paesi Ue (ad eccezione di Regno Unito ed Irlanda), altri Paesi europei con condizioni particolari (Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein), mentre per Cipro, Romania e Bulgaria sono in corso dei negoziati. E proprio qui sono intervenute a gamba tesa Francia e Germania, motivando il loro niet con presunti problemi “giuridici e di polizia” nonché con l’insufficiente sicurezza del confine bulgaro con
Ma
Non fanno ben sperare i recenti scandali in Bulgaria. Rumer Petkov, ex Ministro dell’Interno dimessosi per rapporti con la malavita, denuncia i 30 milioni “scomparsi” dei 130 totali stanziati da Bruxelles per aiutare il Paese a raggiungere gli standard stabiliti da Shengen. A peggiorare le cose, le recenti intercettazioni telefoniche pubblicate sulle pressioni fatte dall’attuale ministro dell’Interno Tsvetan Tsvetanov per evitare i controlli a certe aziende.
A spegnere il fuoco della polemica dovrebbe essere l’Ungheria, alla guida della Presidenza di turno Ue e dilaniata dalla querelle sulla legge bavaglio finita sotto i riflettori della comunità internazionale. Ma Budapest sembra trovarsi tra due fuochi: da una parte il bisogno di aggraziarsi i favori di Francia e Germania, capisaldi dell’Unione, dall’altra le esigenze di buon vicinato con Romania e Bulgaria nonché le promesse sulla loro pronta inclusione in Shengen. Fatto sta che l’annuncio ufficiale dello stop ai due Paesi è stato più volte fatto e ritirato, con l’agenzia di stampa ungherese MTI che ha rettificato le dichiarazioni del ministro agli Interni ungherese circa la “priorità di garantire l’accesso a Romania e Bulgaria in Schengen”.
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