lunedì 14 febbraio 2011

Berlusconi, fiducia a picco è tornato ai livelli del 2005


di ILVO DIAMANTI

Silvio Berlusconi resiste. Nonostante le inchieste, gli scandali e le proteste. Anzi, reagisce con violenza. Contro i nemici. La Magistratura, i giornali e i giornalisti della Repubblica Giudiziaria. Perfino - anche se in modo meno esplicito - contro il Presidente della Repubblica. Ma la sua posizione e la sua immagine ne hanno risentito sensibilmente.

LE TABELLE DEMOS

Come mostra il sondaggio condotto nei giorni scorsi dall'Atlante Politico di Demos per la Repubblica. Oggi, infatti, la fiducia dei cittadini nei confronti di Silvio Berlusconi ha toccato il fondo. La quota di italiani che ne valuta positivamente l'operato (con un voto almeno sufficiente) è ridotta al 30%. Meno che nel settembre 2005, quando il Cavaliere sembrava avviato a una sconfitta pesante alle elezioni politiche dell'anno seguente. Il che suggerisce di usare cautela, prima di darlo per finito, visto come sono andate le cose in seguito. Tuttavia, gli avvenimenti recenti fanno sentire i loro effetti.
Quasi metà degli italiani ritiene vere le accuse rivolte dagli inquirenti a Berlusconi. E pensa che il Premier si dovrebbe dimettere. Meno del 20% considera, invece, falsi i fatti che gli sono addebitati. Anche se oltre metà degli italiani ritiene che, per quanto colpevole, il Premier resterà "impunito". Come sempre. Anche per questo la fiducia in Berlusconi, oltre che limitata, appare in declino costante e precipitoso.

È, infatti, calata di 5 punti percentuali negli ultimi due mesi, ma di 12 rispetto allo scorso giugno e addirittura di 18 rispetto a un anno fa. I motivi di insoddisfazione degli elettori, d'altronde, vanno al di là delle feste e dei festini a casa del Premier. Solo un italiano su quattro, infatti, pensa che il governo Berlusconi abbia "mantenuto le promesse". Quasi metà rispetto a due anni fa.

Neppure gli elettori leghisti sembrano disposti ad ammetterlo. Da ciò la crescente incredibilità di Berlusconi. Sempre più indebolito sul piano del consenso personale. Mentre tutti gli altri leader politici hanno migliorato la propria immagine presso gli elettori, negli ultimi due mesi. Nella maggioranza (e non solo), Tremonti resta il più apprezzato. Nel Terzo Polo, non solo Casini - di gran lunga il più stimato - ma anche Fini ha recuperato (un po' di) credibilità, dopo la battuta d'arresto subìta il 14 dicembre. Nel Centro-Sinistra, infine, Vendola si conferma il "più amato", per quanto anche Bersani abbia allargato la propria base di consensi. È significativo il seguito di una outsider come Emma Bonino. Nonostante il peso elettorale, limitato, del suo partito. A conferma del disorientamento di quest'epoca, senza riferimenti fissi. Senza baricentri. Come emerge, con chiarezza, dalle intenzioni di voto. Contrassegnate, anzitutto e soprattutto, dal calo sensibile dei due partiti principali. Il PDL, infatti, scende al 27%, il PD al 24%. Insieme: poco più del 50%. Alle elezioni politiche del 2008 superavano il 70%. Segno definitivo che l'illusione bipartitica è finita. Compromessa - se non finita - insieme alla capacità di Berlusconi di unire e dividere il mondo (politico) italiano. Con la conseguente frammentazione, che, più degli altri, premia la Lega, a destra, e SEL, a sinistra. È interessante osservare come il quadro cambi sensibilmente di fronte a scenari di coalizioni possibili. In primo luogo, si assiste a una riduzione consistente degli indecisi. I quali, praticamente, si dimezzano con effetti evidenti sugli equilibri politici.

Secondo le stime dell'Atlante Politico, infatti, l'attuale coalizione di governo, allargata alla Destra di Storace, perderebbe nettamente il confronto (57% a 43%) con una - ipotetica - "Grande Alleanza" di opposizione, che dal Terzo Polo arrivasse fino a SEL, passando per il PD e l'IdV. Ma appare sfavorita anche in una competizione tripolare. Il Centrosinistra (PD e IdV insieme a SEL) vincerebbe, infatti, in misura più larga rispetto a due mesi fa (6 punti percentuali in più). Aiutato, per un verso, dal voto di elettori incerti di centrosinistra; per altro verso, dalla crescita del Terzo Polo a spese del Centrodestra.

Si spiega così la resistenza del Premier di fronte a ogni ipotesi di voto anticipato. Assecondato, con malcelato disagio, dalla Lega. Si spiegano, allo stesso modo, le telefonate del Premier durante le trasmissioni "nemiche", la crescente pressione esercitata sui media. Ma anche la guerriglia condotta dagli uomini della maggioranza contro ogni sondaggio sfavorevole. Il Premier, il PdL, il centrodestra sono impegnati a modificare il clima d'opinione loro sfavorevole. Con ogni mezzo. E ad allontanare le elezioni anticipate. Visto che oggi il Centrodestra ha la maggioranza - ipotetica e incerta - in Parlamento, ma è minoranza nel Paese, fra gli elettori.

In questo Paese spaesato non può sorprendere la crescita costante e vertiginosa dei consensi nei confronti del Presidente, Giorgio Napolitano. Verso cui esprime fiducia oltre l'80% degli italiani. Lo "stimano" quasi tutti gli elettori del PD, ma anche l'80% (circa) di quelli del PdL e oltre due terzi dei leghisti. È che il Presidente offre una sponda nel vuoto politico e nella crisi che scuote le istituzioni. D'altronde, le mobilitazioni e le proteste sociali delle ultime settimane, al di là delle specifiche rivendicazioni (ieri le donne hanno riempito le piazze in nome della propria "dignità), denunciano anch'esse un "vuoto" politico. Un deficit di alternativa. Il PD, d'altronde, non è più in grado, da tempo, di "fare opposizione", da solo. Ma neppure di stabilire i confini e le condizioni di un'alleanza. Se promuovesse un'intesa esclusiva con il Centro, ad esempio, perderebbe, come mostra l'Atlante Politico. Il PD resta, comunque, determinante per costruire l'alternativa. Ma deve farlo in fretta.

Oggi, un'alleanza tra le forze di opposizione avrebbe grandi possibilità di rappresentare la "maggioranza" - dei cittadini ma anche degli elettori. È ciò che teme Berlusconi. È il motivo per cui non vuole interpellare il "popolo sovrano". Almeno in questa fase. Ma - per lo stesso motivo - il PD e gli altri partiti di opposizione dovrebbero rivendicare il ritorno alle urne. Al più presto. Indicando, fin d'ora, quale coalizione. Il programma è obbligato: riformare e rifondare questa Repubblica straordinaria, questa democrazia indefinita. In modo, per quanto possibile, condiviso. Anche se ci attenderebbe una campagna elettorale dura, durissima. In tempi duri, durissimi. Ma, come ha ammonito il Presidente della Repubblica, è meglio una battaglia a termine, per quanto aspra, di questa guerra quotidiana - senza fine e senza quartiere - fra Berlusconi e le istituzioni dello Stato. Da cui io, personalmente, mi sento ogni giorno di più, sconfitto.

(14 febbraio 2011)

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