di GIUSEPPE D'AVANZO
Il presidente del Consiglio, settantacinque anni, si tiene accanto in villa - a pagamento - una prostituta minorenne per un paio di mesi, nel 2010. Questo è il fatto, assai ostinato nonostante la nebbia e le censure. Nasce una domanda processuale (Berlusconi ha commesso un reato?) e sortisce qualche effetto politico. Lasciamo in un canto la questione giudiziaria, per il momento.
Elenchiamo qualcuno degli esiti politici sotto forma di domanda.| Quell'uomo, già sorpreso in altri anni in compagnia di minorenni, ha il pieno controllo della sua vita?
Le sue condotte lo hanno reso vulnerabile ai ricatti o minacce della sua ospite, delle sue ospiti?
Quanto la vita caotica di quell'uomo danneggia il Paese che governa?
A quel discredito, domestico e internazionale, può egli stesso porre rimedio?
I suoi comportamenti possono essere, una buona volta, appropriati ai doveri pubblici che liberamente ha voluto assumere?
Come si vede, ognuno di questi interrogativi è concreto, factual perché rinvia all'interesse nazionale e al nostro destino collettivo. Per questa ragione pretende un'assunzione pubblica di responsabilità e reclama con urgenza un giudizio politico, prima che morale e giudiziario.
Se fossimo in un Paese dove il discorso pubblico si nutre di buonafede, disinteresse, civismo, si ritroverebbero (e si affronterebbero) nel perimetro di quelle domande le ragioni della crisi istituzionale che minaccia di precipitare il Paese in
una guerra civile o in un ineluttabile declino.
Purtroppo il discorso pubblico nazionale è alimentato soltanto dalla manipolazione, dal falso indiscutibile organizzato a tavolino, da uno spettacolo che conserva la comunità nell'incoscienza dissolvendone ogni senso critico. "Confondere e non convincere" è la regola. Non è altra l'intenzione della manovra chiamata "in mutande ma vivi" lanciata da Giuliano Ferrara, oggi unico canovaccio politico-informativo a disposizione del premier. È il tentativo manifesto di accantonare la questione politica per trasformarla in questione morale. Il trucco offre l'opportunità di mettere su un'artefatta baruffa contro l'"ipocrisia moralistica" che liquida ogni responsabilità e rifiuta ogni giudizio.
Lontano dalle sue responsabilità e protetto da ogni giudizio, il Re Nudo può salvarsi ancora una volta. E il Paese? Che si fotta, il Paese!
Viene in mente Molière, Tartuffe ou l'Imposteur. Il sermone di Giuliano Ferrara contro la "Repubblica delle virtù (il grand guignol va in scena oggi in un teatro di Milano) e dovrebbe, vuole essere - mutande a parte - terribilmente serio ma vi spira soltanto un'aria burlesca tanto lo spettacolo è un'impostura. Se si sfiora la questione da un'angolazione qualsiasi, o se ne vaglia un qualunque argomento o ragione, la ciarlataneria affiora ovunque, con qualche sprazzo comico. Induce al riso Berlusconi disegnato da Andrea Fortina con le fattezze di Giustiniano. È farsesco leggere, nell'intervista pubblicata dal "Foglio", Berlusconi che parla come Ferrara, che è Ferrara, pasticheur in pose da cardinal Mazarino, e
In Italia la memoria ha strepitose paralisi e tuttavia sentire quelle parole e formule - libertà, tolleranza, coscienza pubblica, coscienza privata - arrotarsi tra i denti da lupo del capo del governo fa venire il freddo alle ossa. Quale tolleranza, se ancora oggi ricordiamo gli ordini ai prefetti di prendere le impronte ai bambini nei campi Rom o di ricacciare in mare donne incinte, neonati e migranti in cerca di asilo politico. Quale libertà se nelle biblioteche del Nordest ha libero corso una lista di proscrizione dei libri non graditi e quindi vietati.
Dov'erano i liberali che oggi in pose servili difendono il diritto delle donne a prostituirsi quando il governo chiedeva per i clienti delle prostitute la galera. Dove s'erano appisolati questi quaresimalisti, quando ministri proponevano la tortura per scacciare il fantasma del terrorismo o uomini di governo sollecitavano l'omofobia o la discriminazione per una pelle diversa, una diversa fede, un altro luogo di nascita, fosse anche dentro i confini nazionali, ma troppo a sud. Come quelle bocche possano dire "libertà, tolleranza" quando hanno in animo di decidere per legge dello Stato delle nostra vita e della nostra morte, delle nostre cure mediche e di quanto dolore possiamo sopportare. E, a proposito di vita, di quale dionisiaca vita parlano gli "immutandati" - nicciani d'occasione - se ad ogni piè sospinto, ci ricordano che la vita non è il bene più alto per i mortali perché c'è sempre qualcosa di diverso in gioco nella vita, oltre la procreazione, oltre il sostentamento dell'organismo vivente, magari la salvezza dell'anima in questa vita o nell'aldilà.
Sotto l'aspetto sintattico, direbbe Franco Cordero, la prosa degli "immutandati" "è pastone o brodaglia". Nel lessico della Crusca, "pappolata"; in piemontese, "supa"". È una schifezza indigeribile che ha il solo pregio di mostrarci in trasparenza come il consenso che chiede Berlusconi sia soltanto obbedienza.
I bambini obbediscono, gli adulti acconsentono, ma a che cosa dovrebbero acconsentire gli adulti "in mutande ma vivi"? Berlusconi non propone loro un'idea, un programma, neppure un sogno.
Offre soltanto se stesso, la sua inadeguatezza, la propria sopravvivenza, la sua impunità. Ci si può sentire davvero "vivi" nell'obbedienza a un capo privo di un pensiero diverso dal suo personale tornaconto?
(12 febbraio 2011)
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