venerdì 18 febbraio 2011

MERCATO SCOPERTO



Fli spolpata: Pontone e Rosso tornano nel Pdl, anche Urso pronto a traslocare. Fini: “È il potere finanziario di Berlusconi”

di Alessandro Ferrucci

Tre certi all’appello: Franco Pontone, Roberto Rosso e Giuseppe Menardi. Hanno girato le spalle, se ne sono andati, hanno detto addio a Futuro e libertà e scaricato Gianfranco Fini. Altri tre sono sulla soglia: Maurizio Saia, Mario Baldassarri e Adolfo Urso, mica parlamentari di serie “B”. Quest’ultimo in particolare, era viceministro e tra i fondatori e responsabili di FareFuturo, oltre che coordinatore fino alla settimana scorsa di Fli. Troppo. Insostenibile. Spiegabile solo con formula semplice, quanto feroce: “È il potere finanziario del premier”, parola del presidente della Camera. Lo grida dalle colonne del Secolo d’Italia, di oggi dopo una giornata lunga e difficile, a tratti convulsa: chi gli è stato vicino lo ha visto alternare momenti di rabbia ad altri di sconcerto. Telefonate infuocate ad altre più ragionate per pianificare una strategia.

Come reagire “ai gerarchi” del Pdl

UN’UNICA strada: “Ora basta, dobbiamo reagire, dobbiamo ribaltare la questione: quello (Berlusconi) sta spostando l’attenzione dei media su di noi per non far parlare del processo”.Quindi la decisione: “Parlo”. Ecco fatto. Pronta la dichiarazione-bomba per denunciare “le tante armi seduttive di cui gode chi governa e dispone di un potere mediatico e finanziario che è prudente non avversare direttamente”. Potere mediatico e finanziario. Tradotto: Berlusconi li convince con le buone o le cattive. O meglio, utilizza le “cattive” per arrivare alle “buone”. Lui lo sa bene. Il 14 dicembre, il giorno del voto di fiducia al premier, ha visto tre fliniani girargli le spalle all’ultimo secondo: Moffa, Siliquini e Polidori. Per i primi due l’opera di convincimento è passata attraverso la promessa di incarichi e ruoli nel governo; per la terza sono bastate le telefonate straziate del padre, berlusconiano doc. Ora ci risiamo. Sono passati pochi giorni dalla chiusura dell’Assemblea di Milano e il gruppo del Senato si è già sgretolato mentre alla Camera si attendono ulteriori defezioni, oltre a quella di Luca Barbareschi, impegnato da giorni in un’uscita di scena degna del suo definirsi attore. Esempio chiave è quello di Rosso. Due giorni fa, un nostro giornalista l’ha incontrato e alla domanda: “È vero che sta per tornare nel Pdl?”, ha replicato con un secco “no,assolutamente: mi chiama tutti i giorni Verdini, ma non ci penso proprio, tutte stupidaggini”. Si è visto. Ieri, sotto braccio con il coordinatore del Popolo delle Libertà è entrato a Palazzo Grazioli e all’uscita era incaricato “di nuovi ruoli di responsabilità nell’ambito dell’attività politica nella provincia di Vercelli”. Più una promessa di qualcosa nel governo. Per questo ecco il passaggio di Fini dove spiega, appunto: “La ritrovata baldanza dei gerarchi del Pdl sono fenomeni tutti interni al ceto politico, sentimenti di chi teme per il proprio status di ministro o di parlamentare o di chi aspira a divenire sindaco, assessore o per lo meno consigliere comunale”.

E ancora Pontone: 83 anni, napoletano, storico cassiere di Alleanza nazionale, è stato al centro della questione “casa di Montecarlo”, con qualche mal di pancia, numerosi attacchi dalla stampa amica del premier, quindi altrettante accuse e supposizioni. Anche per lui un ritorno nel Pdl. Attenzione, però, rispetto al 14 dicembre c’è un ulteriore salto di qualità nell’operato del Caimano: oltre all’opera da mastini di Daniela Santanchè (ora la sua preda è Giorgio Conte) e Denis Verdini, anche lui sta intervenendo in prima persona con telefonate continue e giornaliere a deputati e senatori. Deve fare in fretta, la Lega gli ha imposto quota 325 a Montecitorio per stare tranquilli. Non perde un attimo, deve allontanare le elezioni. Uno dei risultati è il ritorno di Paolo Guzzanti neo-deputato del gruppo dei Responsabili e vicedirettore de il Giornale. Eppure il presidente della Camera non vede così lontano il voto: la decisione di nominare Italo Bocchino a vicepresidente di Fli per molti, all’interno del partito, è proprio il segnale di voler strutturare Futuro e libertà in assetto da “guerra”. Una guerra dalla quale si è tirato fuori Adolfo Urso, ferito e amareggiato per essere stato nominato “solo” portavoce . Non gli basta. Per questo quando Fini parla di personalismi si rivolge indirettamente al suo vecchio braccio destro. Da lui non si aspettava questa presa di posizione.

Il Caimano: “Ha quello che si merita”

IN SERATA arriva anche la replica dello stesso Silvio Berlusconi: “Fini? Ha quello che si merita, mi ha accusato di essere un dittatore quando è lui a cacciare i suoi dal partito”. Seguita dall’intervento di Giuliano Ferrara: “Stavolta no: la terza carica dello Stato che scarica bombe di fiele politico sul presidente del Consiglio per trattenere il proprio gregge parlamentare non s'era mai vista né sentita. Adesso è giusto aspettarsi con viva impazienza che il presidente della Repubblica, in modo chiaro e verificabile, censuri Gianfranco Fini”, l’editoria di oggi in prima pagina su il Foglio. Appresso Marcello Lupi, Gaetano Quagliariello, Andera Augello e tanti altri con ovvi attacchi e accuse. Dal Pd silenzio , dicono che “non c’è niente di nuovo rispetto a quanto denunciato in altri casi”. Niente. Al contrario interviene Pier Ferdinando Casini: “Quella di Fini mi pare una cosa ovvia, lo pensa non solo Fini ma tutti gli italiani”. Mentre Antonio Di Pietro rilancia sul voto: “Oggi c’è la necessità di andare alle elezioni al più presto per verificare se i cittadini voglio ancora dare fiducia a Berlusconi o meno. Sarebbe un voto plebiscitario: volete ancora farvi governare da lui o no?”. Fini ha dato un’altra risposta-spiegazione a chi ritiene e riteneva di “no”.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

TUTTI DEI QUAQUARAQUA'!