

Silvio Berlusconi operò “sicuramente con abuso della qualità di presidente del Consiglio, ma, altrettanto certamente, al di fuori di qualsiasi prerogativa istituzionale e funzionale propria del presidente del Consiglio dei ministri, al quale nessuna competenza spetta in materia di identificazione e affidamento dei minori e che, più in generale, non dispone di poteri di intervento gerarchico nei confronti dell’autorità della polizia di Stato ovvero della polizia giudiziaria, impegnata nell’espletamento di compiti d’istituto”. E ancora la telefonata ai vertici di via Fatebenefratelli, durante la quale spacciò la diciassettenne Ruby per nipote di Mubarak e ne chiese il rilascio, fu un “indebito intervento nei confronti del capo di gabinetto della questura Pietro Ostuni, il suo tramite di ulteriori funzionari”. Anche per questo, scrive il gip Cristina Di Censo, la prova a carico di Silvio Berlusconi “appare evidente in ragione dei contenuti delle plurime e variegate fonti di prova tutte riferite e pertinenti ai capi d’imputazione”.
Il giorno dopo il loro deposito, diventano pubbliche le 27 pagine con cui il giudice ha mandato alla sbarra il presidente del Consiglio per concussione e prostituzione minorile. Così diventa chiaro perché secondo il gip il premier non deve essere processato dal tribunale dei ministri. E quali sono gli elementi sulla base dei quali ha disposto il processo con rito immediato. Il lungo elenco delle fonti di prova va da pagina
E mentre oggi dall’ufficio del giudice delle indagini preliminari sono partite le notifiche del decreto che dispone il giudizio e della richiesta di giudizio immediato dei pm – un plico di poco meno di 800 pagine, recapitato al Presidente del Consiglio e ai suoi difensori e a Ruby, ai tre funzionari della Questura di Milano e, tramite l’avvocatura della Stato, al ministero dell’Interno – emergono nuove tessere del quadro accusatorio che hanno portato il gip a ritenere sussistente l’evidenza della prova a carico del capo del Governo. Da un lato, i magistrati sono prudenti sulle dichiarazioni contenute nei cinque verbali di Ruby (quello del 3 agosto scorso è stato redatto in due tempi), ritenute credibili a “segmenti” perché contraddittorie in più punti. Dall’altro però nelle carte ci sono anche una serie di intercettazioni che testimoniano non solo come i suoi genitori, M’Hamed El Mahrog e la moglie Naima, fossero “a conoscenza di fatti riguardanti la vita di Ruby” ed evidentemente le sue frequentazioni milanesi, ma come lei stessa avesse cercato di impedire che la madre li rivelasse alla polizia che si era recata a Letojanni (Messina) per sentire la donna.
Il 30 settembre il padre, alle 11.19, al telefono con la figlia, le riferisce che “questi sono usciti da me insieme a tua madre, erano in due donne e tre uomini” e che prevedevano “di fare fino alle
Dalle telefonate risulta inoltre, come i rapporti tra Ruby e i suoi genitori siano ben diversi da come lei ha descritto più volte: non così tesi, evidentemente, se i due genitori conoscono la vita che la giovane figlia conduce tra Milano e Genova come ragazza ‘immagine’ nei locali notturni e nelle serate mondane. E nemmeno così conflittuali se il padre le chiede “di fare quello che può per sbloccare l’invio del denaro”, probabilmente un contributo economico da mandare alla famiglia, compresi i due fratelli più piccoli, quando la ragazza è in comunità in Liguria. Intanto, nel tardo pomeriggio di oggi Ruby si è recata da Genova a Milano per un colloquio con il suo nuovo probabile legale, Paola Boccardi, che domani dovrebbe depositare la nomina.

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