martedì 1 marzo 2011

Il Cavaliere ora rompe la tregua "Napolitano si sta mettendo di traverso"


CARMELO LOPAPA

"Anche lui non mi fa governare". In pubblico morde il freno, si limita a prendersela con lo staff del Quirinale. In privato, quando i ministri fanno capannello dopo il pranzo milanese con gli eletti lombardi, Silvio Berlusconi esterna tutta la sua rabbia. "Ho detto solo le cose come stanno, si sta mettendo di traverso". Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano entra senza eccezione nella lista di coloro che in questi anni hanno ostacolato la sua azione di governo.

Sono giorni da resa dei conti. A poca distanza da lì, al Tribunale milanese, viene riaperto il processo sui diritti tv. Altri tre lo attendono al varco nelle prossime settimane. Il capo del governo punta gli avversari a testa bassa senza più remore o diplomazie istituzionali. "Se alcune cose non le ho potute fare è anche colpa sua, non solo di Fini" lamenta con riferimento, per esempio, alla stretta del Colle sulle intercettazioni. Una delle norme che sta più a cuore a Berlusconi, per ovvie ragioni, e che in questi giorni non a caso verrà rispolverata per essere portata in aula. Non tollererà altri ostacoli, il Cavaliere, ora che con la riforma della giustizia in Parlamento tenterà di risolvere alla radice i suoi problemi con la giustizia. "Dal Colle arrivano solo tirate d'orecchie, ma io andrò avanti ugualmente con le riforme, a cominciare da giustizia e intercettazioni: stavolta non mi fermano" si sfoga il premier con un paio dei ministri che siedono al suo tavolo, al pranzo seguito alla kermesse della Confcommercio meneghina. La Russa e Romani, la Brambilla e la Gelmini, Rotondi e Fazio, il governatore Formigoni e, ministra in pectore tra i ministri, Santanché.

La lista delle contestazioni è lunga. La prima carica dello Stato non avrebbe a suo dire mantenuto gli impegni sul "legittimo impedimento" poi cassato in Consulta. Il 12 febbraio scorso è arrivata a minacciare lo scioglimento delle Camere se il clima da scontro istituzionale dovesse proseguire. In ultimo, ha stoppato il varo in Consiglio dei ministri del decreto sul federalismo municipale e costretto a rivedere il Milleproroghe. "Incidenti" che, dal suo punto di vista, confermerebbero l'esistenza di una strategia tesa a impedirgli di governare. Convincimento non nuovo. Stessa platea di industriali, ma a Parma, l'11 aprile 2010 Berlusconi si era già lamentato dei suoi scarsi poteri, ricordando come "ogni provvedimento che esce dal Consiglio dei ministri debba poi essere sottoposto al presidente della Repubblica e al suo staff, che controlla minuziosamente anche gli aggettivi". Un episodio che è ben ricordato al Quirinale.

Sullo sfondo, stavolta anche il sospetto dell'asse Quirinale-Montecitorio. "Fini non perde occasione per attaccarmi con ogni mezzo e dal Colle niente, silenzio: vengono usati due pesi e due misure" si sfoga il premier alludendo all'ultimo battage mediatico del presidente della Camera tutto giocato all'attacco dell'"imputato" Berlusconi. Convinto che siamo già nel pieno di uno "scontro istituzionale, ma non certo per colpa mia: lo hanno aperto Fini e i pm, io mi sto solo difendendo".

L'ultimo attacco del presidente del Consiglio non ha colto di sorpresa lo staff del Colle, consapevole che non si è trattato del primo e molto probabilmente neanche dell'ultimo. Ad aprile scorso erano stati usati gli stessi termini, forse peggiori. Self control, dunque, nelle stanze del Quirinale, e non potrebbe avvenire diversamente, è il ragionamento che viene fatto, dato che gli unici poteri ai quali si rifà nei suoi interventi la Presidenza della Repubblica sono quelli riconosciuti dalla Costituzione. Insomma, dicono sul Colle, la "puntigliosità" è un complimento: segno del buon lavoro svolto rispettando le funzioni attribuite dalla Costituzione.

Dialogo assente, dunque. Nessuna collaborazione istituzionale. Moral suasion ridotta ai minimi termini dall'insofferenza di Palazzo Chigi. Silvio Berlusconi d'altronde è già proiettato all'imminente campagna elettorale per le amministrative, come ha spiegato ieri a La Russa, Gelmini e agli altri ministri. "Sarò ogni sabato e domenica in giro per l'Italia, ci metterò la faccia, ancora una volta, senza di me il partito non potrebbe farcela" striglia i suoi. E ai collaboratori lancia un suggerimento che è quasi un monito alla vigilia della formazione delle liste elettorali da Napoli a Milano, da Torino a Bologna: "Voglio quasi tutti candidati giovani e donne, soprattutto donne, perché ormai è evidente che fanno meglio degli uomini". In Parlamento, forte dei numeri, il centrodestra andrà come un treno: "Pensateci, abbiamo più maggioranza oggi senza Fini che quando siamo stati eletti. E a breve altri ancora passeranno con noi".

1 marzo 2011

3 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

GOVERNARE = FARSI I CAZZI SUOI = FARE QUEL CAZZO GLI PARE.

Francy274 ha detto...

Giusto! E' così da dicesette anni!
Mio nonno soleva dire una frase, riferendosi a persone indegne " chi ha cento nemici, cent'anni dura".. Non l'avevo mai capita, ora si!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

SAGGE PAROLE QUELLE DI TUO NONNO.