Esiste presso il Consiglio di sicurezza dell'Onu una notifica che intende risparmiare ai libici il destino toccato, fra gli altri, ai cittadini di Panama, della Nigeria o di Haiti. Una costante tiene insieme questi popoli così diversi: al termine di paurose dittature, hanno perso il filo di certi conti bancari in precedenza controllati dal regime. In quei casi erano fondi depredati da tiranni come Sani Abacha, Manuel Noriega o François Duvalier. Stavolta in gioco c'è il patrimonio della Banca di Libia: oltre cento miliardi di dollari da tutelare perché restino ai libici se e quando Muammar Gheddafi non sarà più il leader di quel che resta della Jamahiria.
La lista è depositata al Palazzo di Vetro da prima che il Consiglio di sicurezza desse il via ai bombardamenti. Da tempo era chiaro che i dettagli in quel pezzo di carta un giorno potrebbero tornare utili: in futuro nessuno in Libia o fuori potrà dire che le cose stavano diversamente, che quei soldi non sono libici, o non sono mai esistiti. Si tratta di una precauzione non da poco. Non lo è, perché ciò che emerge dal documento è il profilo di uno Stato finanziariamente molto più robusto di quanto gli analisti immaginassero fino a qui. Che
Il patrimonio della Banca di Libia ammonta in totale a 102,9 miliardi di dollari. Di questi 2,4 sono depositati presso il Fondo monetario internazionale a copertura quota libica nell'organismo di Washington. Altri 17 miliardi di dollari sono poi denaro in teoria del fondo sovrano,
Secondo osservatori del sistema finanziario
Benché l'Italia sia il principale partner commerciale della Libia, sul piano finanziario Tripoli ha puntato ancora di più sulla City di Londra. In Gran Bretagna risultano concentrati 14,4 miliardi di dollari della banca centrale, anche qui distribuiti in tutti i principali istituti: i conti sono aperti presso Hsbc, Barclays, Lloyd e anche presso
Non risultano invece posizioni in Svizzera, probabilmente perché smobilizzate dopo che Hannibal Gheddafi, figlio del Raìs, venne arrestato nel 2008 in un hotel di Ginevra per aver malmenato la moglie. La banca centrale di Tripoli non ha invece avuto dubbi nell'aprire un conto in banca negli Stati Uniti: si trova presso
Resta poi la parte oggi forse più rilevante del patrimonio della banca centrale, quella in oro. Le riserve in lingotti arrivano almeno a 143 tonnellate, pari a circa 6,5 miliardi di dollari ai valori attuali, e sono fondamentali in questa guerra perché restano la sola porzione del tesoro oggi davvero nelle mani di Gheddafi. Quell'oro non è stipato nelle banche svizzere o in quelle inglesi: è nei caveau sotto i palazzi di Tripoli. Il colonnello può ancora farlo vendere in Chad o in Niger per finanziare la guerra e stipendiare i mercenari. Ma agli uomini di finanza che lo hanno incontrato, Gheddafi non è mai parso così interessato al denaro: solo quanto basta per bombardare i propri cittadini pur di non cedere loro un solo dollaro.
Federico Fubini
24 marzo 2011
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