di Marco Travaglio
Aristotele sosteneva che il vuoto non esiste, perché la natura lo aborrisce (“horror vacui”) e corre a riempirlo di materia. Ma nel ‘600 Evangelista Torricelli lo smentì con il celebre esperimento del tubo pieno di mercurio con un’estremità aperta e infilata in una vasca anch’essa piena di mercurio. Ma solo perché non era ancora nato Franco Frattini. Altrimenti Torricelli si sarebbe risparmiato tanta fatica e la scienza tanti secoli di estenuanti diatribe. Da anni ormai il volto di Frattini Dry, espressivo quanto un termosifone spento, viene usato come prova vivente (si fa per dire) del vuoto torricelliano nelle scuole che, a causa dei tagli, non possono permettersi tubi e vasche di mercurio.
Figurarsi lo stupore del mondo accademico e pure diplomatico, nell’apprendere dalla viva (si fa sempre per dire) voce del ministro degli Esteri che egli ha “delle idee”.
L’ha rivelato l’altroieri, quando Francia e Gran Bretagna hanno annunciato un’iniziativa a due sulla Libia in vista della riunione Nato di martedì, scordandosi di invitarlo: “Anche l’Italia ha le sue idee e le sue proposte e le farà valere nelle sedi opportune discutendole con i nostri partner”.
Il guaio è che i “nostri partner”, ammesso e non concesso che noi abbiamo “idee” e financo “proposte”, non paiono interessati ad ascoltarle né tantomeno a discuterle. Si accontentino del baciamano di B. a Gheddafi.
Resta da capire quali siano le “sedi opportune” in cui l’inutile Frattini potrà “farle valere”. Forse le nevi della Val Badia, dov’è un apprezzato maestro di sci. O forse gli atolli dei Caraibi, dov’è solito abbronzare la fronte inutilmente spaziosa con l’ausilio di unguenti Coppertone durante le più acute crisi internazionali.
La notizia che il pelo superfluo del governo italiano “ha delle idee” ha seminato sgomento nelle cancellerie, abituate a considerarlo – come rivela Wikileaks – “un fattorino”: ora di B., ora di Putin, ora di Gheddafi. Lo stesso Frattini Dry è rimasto sconvolto dalla propria rivelazione, non avendo mai sospettato neppure lui di “avere delle idee”.
La politica estera (si fa ancora per dire) dell’Italia l’aveva sempre fatta B. Ma ora che il Cainano s’è improvvisamente eclissato, in attesa di capire chi vince fra Gheddafi e i ribelli, la stampa che di solito snobbava F.F., anzi lo trapassava proprio come fosse trasparente, ha cominciato a notarlo, ad avvicinarglisi e a porgli addirittura delle domande. Così, purtroppo, lo sventurato risponde. Ma, non essendo abituato, dà fiato alla bocca emettendo suoni sconnessi che nessuno può pretendere rispondano ai normali criteri della coerenza.
Un giorno addita Gheddafi a “esempio” di democrazia e riformismo.
Un altro invita l’Europa a “non interferire in Libia, non siamo noi a dire chi deve restare e chi se ne deve andare”.
Poi all’improvviso intima: “La comunità internazionale è coesa sul principio che Gheddafi se ne deve andare”.
Perciò i “partner” fanno a meno delle sue idee: per evitare la labirintite.
Anche B. non lo regge più: “Sono Frattini e
Intanto i suoi giornali tifano per Gheddafi e Il Giornale di Olindo Sallusti distribuisce addirittura il Libretto Verde alla modica cifra di 2,80 euro. Ma F.F. spiega così l’afasia di B.: “Il premier tace perché condivide il mio lavoro”. Strano: di solito, se uno condivide il lavoro di un altro, si congratula. Invece B. adotta il silenzio-assenso, piuttosto insolito per uno che non tace neanche quando dorme. Ma al fattorino piace crederlo. Ed escogita un’altra idea geniale: 1.500 euro a ogni profugo che se ne va: Bossi gliela fulmina con una pernacchia. Intanto Frattini Dry, insieme con Maroni, riappare a Tunisi accanto a Tarak Ben Ammar: i due fanno di sì col capino mentre il vecchio socio di B. dà loro la linea. Tutto è finalmente chiaro: il vero ministro degli Esteri italiano è lui. Aveva ragione Aristotele, il vuoto non esiste. Appena compare Frattini, arriva Tarak e lo riempie.
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