mercoledì 2 marzo 2011

Santoro: «È il Minculpop» Perplesso anche Sgarbi


Come si vede Michele Santoro a settimane alternate è presto detto: «Siamo al Minculpop, ma con gerarchi che assomigliano alle caricature dei fascisti». Un Annozero quindicinale gli ricorda un Ventennio riciclato. Perciò rigira polemicamente la domanda: «Di che cosa ci meravigliamo? Viviamo in un Paese in cui una commissione parlamentare di Vigilanza nomina il consiglio di amministrazione della Rai e, nonostante questo, la maggioranza di governo, dopo aver deciso i vertici dell'azienda e dopo aver schiacciato il servizio pubblico subordinandolo agli interessi personali del presidente del Consiglio, pretende di organizzare direttamente anche il palinsesto».

La rotazione degli spazi fa sorridere Enrico Mentana che però si chiama fuori: «Non è cosa che mi riguardi, è affare di chi lavora in Rai». Ma al suo tg de La7 la presenta come «una proposta incredibile, la quadriglia dei talk show, ora bisognerà mettere le targhe ai conduttori, uno scenario paradossale. Passeremo dalla delottizzazione degli anni Ottanta a questa iper-lottizzazione, davvero di tutto e di più». Non appoggia il metodo Butti nemmeno Vittorio Sgarbi, da aprile su Raiuno in prima serata, che pure, con Giuliano Ferrara (dal 14 marzo riprende il suo Radio Londra) sarebbe uno dei candidati a far «riposare» Santoro e Floris. «Più che all'alternanza io punterei ad aggiungere altre voci. Farei una fascia oraria dopo ogni tg, affidata a giornalisti diversi, 10 minuti per tutti. Ogni integrazione significa democrazia, il resto è solo distribuzione di spazi». Che abbia ragione Santoro? «Mah, ci sarà pure il Minculpop, ma lui lavora in Rai perché è imposto dalla magistratura, la sua è una forma peggiore di prepotenza, nessuno ha il diritto eterno ad occupare sempre lo stesso orario».

Da ex presidente Rai, Lucia Annunziata sa come funzionano le cose a Viale Mazzini. «E in tanti anni che conosco Butti, che è sempre attivissimo, nessuna sua proposta è mai andata a risultato. La sua vera ambizione è fare il direttore generale, gli piace giocare con i palinsesti e con gli organigrammi, come con i soldatini. Questa qui poi è priva di senso, senza logica pratica. In termini di audience e di costi sarebbe da spararsi in fronte. E quando anche l'azienda volesse applicarla, il Tesoro gli direbbe che sono matti. Ma non mi allarmo nemmeno, Butti progetta e sogna, poi però la vita scorre normale».

Dall'altra parte del cielo televisivo, ovvero da Matrix, Canale 5, Mediaset, Alessio Vinci premette che non gli piace commentare le vicende altrui. «Però comunque la proposta mi sembra poco attuabile, come si fa a darsi il cambio? Anche fare un giorno sì e uno no, sarebbe pazzesco. La verità è che mi piacerebbe vivere in un Paese dove i conduttori non sono necessariamente di parte».

L'ultima parola, come la sua trasmissione su Raidue, è di Gianluigi Paragone che, pur in quota centrodestra, distingue: «La validità di una trasmissione si misura con gli ascolti, non basta cambiare il conduttore. Trovo esagerato entrare nei palinsesti, ma anche creare dei martiri a comando. Se l'idea di Butti è dare dignità a culture giornalistiche diverse, apprezzo, se invece è condizionare l'offerta tv, pensando di fare un favore ad altri giornalisti, questo non mi piace». Invoca però parità di trattamento: «Giusto difendere la libertà di tutti, non solo di certi. Se si tocca Santoro, apriti cielo, mentre Giuliano Ferrara non è ancora arrivato e già l'hanno etichettato come il megafono del governo».

Giovanna Cavalli
02 marzo 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Importa qualcosa a qualcuno di Sgarbi?