domenica 27 marzo 2011

Senza nucleare e senza petrolio


Il titolo è interrogativo: è una domanda. Ma la grafica non vuole punti interrogativi nel titolo. Ce li deve mettere il lettore. Non so se resteremo senza nucleare e anche senza petrolio. Me lo chiedo.
La catastrofe dell'impianto nucleare in Giappone bloccherà o altrimenti rinvierà di parecchio la costruzione di nuove centrali atomiche. Però la verità è che in Giappone la catastrofe è stata in primo luogo sismica (un terremoto tra i tre maggiori mai accaduti da quando li misuriamo) seguita da un maremoto gigantesco che ha spazzato via i collegamenti elettrici delle pompe di raffreddamento. Pertanto la lezione non è che le centrali nucleari siano di per sé pericolose, ma che non debbono essere costruite in zone sismiche. Ma al momento questa distinzione sfugge, travolta dall'orrore e dal terrore che tutti proviamo nell'aver visto le immagini di Fukushima.

Sfortuna vuole che contemporaneamente la produzione del petrolio cada sempre più in mani infide (per l'Occidente). L'Europa Occidentale quasi non ne ha, e anche gli Stati Uniti non ne hanno a sufficienza nemmeno per sé. In quell'emisfero il Paese con più petrolio è il Venezuela, governato «a vita» da un caudillo alla cubana e nemico viscerale degli Stati Uniti. In Africa l'oro nero si trova soprattutto in Nigeria dove guerriglieri-pirati infestano il delta del Niger e i musulmani scannano i cristiani; e poi, appunto, soprattutto in Libia.

Mubarak è caduto lestamente perché il suo esercito dipendeva dagli aiuti americani (che non potevano consentire un massacro della popolazione civile). Gheddafi, invece, paga i suoi soldati e mercenari con i proventi del petrolio e quindi si può permettere di resistere e anche di massacrare chi gli resiste. In verità Gheddafi avrebbe già schiacciato la rivolta nel sangue senza l'intervento autorizzato dalle Nazioni Unite; purtroppo un intervento vacillante che rischia di affondare nel ridicolo. Al momento la sola certezza è che se Gheddafi resta in sella si vendicherà negandoci il suo petrolio.

Cosa resta? Restano l'Arabia Saudita e i vari emirati arabi di contorno; e resta la Russia, più l'Iran degli ayatollah. E siccome l'Iran è un nemico mortale dell'Occidente, è chiaro che resta troppo poco per un mondo affamato di petrolio. Senza contare che anche l'Arabia Saudita diventa instabile se tutto il Medio Oriente traballa. Resta anche - non lo posso dimenticare per dovere di inventario - il metano. L'Italia lo riceve dalla Russia, dall'Algeria (instabile) e finora (ma probabilmente non più) dalla Libia.
Torno al nucleare. Sulla sua insostituibilità convengo con quanto già scritto sul Corriere da Panebianco e Boncinelli (16 marzo). E torno a ripetere che la catastrofe avvenuta in Giappone non è atomica: è sismica. La lezione è che è follia costruire centrali dove sappiamo che la terra trema. Ma è anche follia non costruirle dove la terra non trema e dove uno tsunami non può arrivare. Nei prossimi 25 anni il fabbisogno energetico mondiale crescerà, si prevede, del 60 per cento. Non sarà con il sole né con il vento che potremo colmare la voragine di vuoto energetico che si sta profilando.

Giovanni Sartori
27 marzo 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

IL RAGIONAMENTO DI SARTORI NON FA UNA GRINZA. E ALLORA? BOH!