L’opposizione manda sotto la maggioranza Tramonta l’ipotesi Aventino: dobbiamo logorarli in aula
di Wanda Marra
“Se ci fossimo ritirati sull’Aventino, il processo breve l’avrebbero approvato in due ore. Questo dovrebbe capirlo anche il Fatto Quotidiano”. Massimo D’Alema, mentre cammina per il Transatlantico, ha il consueto ghigno polemico, ma sprizza soddisfazione. La giornata di ieri viene letta come la dimostrazione plastica che se l’opposizione fa l’opposizione e sta “saldamente” in aula la maggioranza (che i numeri ce li ha a stento, come è sempre più evidente) va in difficoltà. Quella di ieri è cronaca: la maggioranza prima si vede respingere il verbale della seduta di lunedì (quella del “vaffanculo” di
IERI IL CLIMA nel Pd tendeva però decisamente più verso le barricate in aula. “È una discussione demenziale”, tira corto Livia Turco. I sorrisi nel Pd per una volta si sprecano. E l’apparato si sente legittimato dal successo della giornata. “Sull’Aventino ci stanno già le tende”, ironizza il responsabile Giustizia, Andrea Orlando. “Se ci dimettiamo tutti, come facciamo ad avere la garanzia che non ci subentrino i non eletti? E poi, non è detto che il Parlamento non possa funzionare pure a metà”. Rischi, certamente. Ma è pur vero che quando gli si fa notare che il Parlamento è totalmente bloccato e che l’incidenza dell’opposizione è minima ammette: “Certo, è questo il vero problema”. “Dobbiamo combattere fino all’ultima goccia di sangue”, è addirittura epico Roberto Giachetti, che ieri si è fatto notare in prima linea nella battaglia. È stato lui che si è reso conto (insieme al collega dell’Udc, Galletti), in mattinata, che la maggioranza era largamente assente, lui che ha proposto il voto sul processo verbale che ha mandato gli avversari nel panico, li ha costretti a discutere e, una volta andati sotto, a riscriverlo. Ancora, è stato Giachetti che ha chiesto il rinvio in Commissione del processo breve. Richiesta - bocciata per soli due voti - che ha costretto la maggioranza, conscia di non poter garantire continuativamente la presenza in aula, a formulare una controproposta e a chiedere il rinvio del provvedimento alla prossima settimana. Insomma, ieri è stato il giorno della tattica parlamentare, della lotta punto su punto, della guerra di trincea.
PRIMA della ripresa dei lavori dell’aula, alle 15, per quando era prevista la richiesta di rinvio in commissione, circolava un messaggio tra i Democratici, mostrato orgogliosamente da Walter Verini: “Ore 14.55 precise tassativa presenza in aula senza eccezione alcuna”. Il risultato dello sforzo dell’opposizione lo sintetizza il capogruppo del Pd, Dario Franceschini intervenendo in Aula: “In questi due giorni abbiamo assistito a uno spettacolo indecoroso. Prima con un atto di arroganza parlamentare avete fatto la richiesta di inversione dell’ordine del giorno sul processo breve e dopo 24 ore c'è una resa incondizionata del centrodestra sullo stesso provvedimento”. Magari si vince una battaglia, ma niente di più. A farlo notare è di nuovo Ignazio Marino: “L'attività parlamentare è stravolta”. Il quale dunque ripropone: “Dobbiamo dimetterci tutti”. Più per la piazza che per il Parlamento, Marino ieri mattina era presente al sit-in di Montecitorio. Insieme a una Rosy Bindi più pasionaria che mai. La quale peraltro ha dichiarato in un’intervista a Vanity Fair che sarebbe disponibile a candidarsi leader del centrosinistra se il suo partito fosse d’accordo.
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