venerdì 1 aprile 2011

Insulti e grida Il Pdl affonda alla Camera



NON BASTANO I MINISTRI ARRIVATI DI CORSA A MONTECITORIO: PROCESSO BREVE RINVIATO

di Fabrizio d’Esposito

Se questo è un Parlamento. La maggioranza prona ai guai giudiziari del Caimano consegna un’altra pagina vergognosa alla Seconda Repubblica. Uno spettacolo tragico, triste e caotico dopo il “vaffanculo” di mercoledì sera rivolto dal ministro La Russa al presidente della Camera Fini. Dalla bolgia di ieri emerge anche un’immagine di vera barbarie contro una parlamentare del Pd, Ileana Argentin. La Argentin è disabile, partecipa alle sedute su una sedia a rotelle e non può battere le mani per applaudire. Al suo posto, di solito, lo fa un accompagnatore. Ieri, questo ha causato la reazione di un falco berlusconiano, Osvaldo Napoli. Che si è avvicinato alla donna e ha intimato all’assistente di non applaudire. Un leghista, Polledri, ha dato ragione a Napoli e l’opposizione ha fischiato. La Argentin ha protestato: “Io non posso applaudire con le mie mani. Lo faccio con le mani degli altri. Dai banchi, forse della Lega, qualcuno ha gridato: “Handicappata di merda”.

IL SECONDO GIORNO del centrodestra avvitato sul processo breve inizia con un pasticcio surreale, inedito per Montecitorio. A sua volta, un pasticcio che vede al centro un’altra prodezza inedita della storia repubblicana: il “vaffanculo” di un ministro-deputato al presidente della Camera. La seduta si apre con il processo verbale del giorno prima. Ma l’opposizione si accorge che gli insulti di La Russa sono stati nascosti con gli omissis. Si vota. Fini lascia aperto lo scrutinio per una decina di minuti. Il governo sospende la sua riunione e i ministri si precipitano alla Camera per dire sì a un processo verbale (ennesimo inedito di uno spartito fuori dalla realtà). Fini chiude la votazione e si pareggia. Di fatto, il processo verbale viene respinto. La destra si scatena. Un giornale, oppure un fascicolo parlamentare, viene lanciato contro la presidenza. Poi urla e insulti, sempre contro il leader di Fli: “Dimissioni”, “Buffone”, si sente anche uno “Stronzo”. Il protagonista è il Guardasigilli Angelino Alfano, prediletto del Cavaliere. Scaglia contro i banchi dipietristi il suo tesserino parlamentare. L’accusa a Fini è di non aver fatto votare alcuni ministri, pur presenti. Si va avanti con l’esito della riunione dei questori per le sanzioni a La Russa. Aggiornata perché non si sa che cosa fare, per “l’assenza di precedenti sanzioni irrogate a ministri deputati”. La mattinata è quasi terminata. Casini si alza e chiede pure un dibattito sulle dimissioni di Mantovano da sottosegretario all’Interno, per le tendopoli di Manduria: “Nessuno lo ha evidenziato ma è un fatto politico di primo piano”. Altra richiesta: la presenza di Maroni per riferire sugli incidenti all’esterno della Camera dell’altra sera. Caos, bagarre sono termini riduttivi. Fini sospende la seduta. Buvette e ristorante si riempiono. Si va al pomeriggio.

MOLTI DEPUTATI leghisti, con trolley al seguito, decidono di partire. Sono nervosi e incazzati con La Russa. Dicono: “La nostra gente non sta capendo nulla, passiamo per quelli che stanno con i cocainomani”. Il loro malessere è reso pubblico dal Senatùr: “La Russa doveva stare zitto”. E due, dopo il “ministro della Guerra”, copyright Calderoli, sulla crisi libica. I Responsabili, poi, continuano ad avere mal di pancia per l’atteso rimpasto che non arriva mai. Il più noto di loro, Scilipoti, ha partecipato di corsa al voto sul processo verbale dopo che un grido di donna ha squassato il Transatlantico: “Dov’è Scilipoti? Questo Scilipoti ha davvero rotto i coglioni”.

Alle quindici, Fini suona la campanella e la seduta riprende con un colpo di scena. Mercoledì la maggioranza ha fatto l’inversione del giorno per accelerare sul processo breve e ci sono stati le monetine in piazza Montecitorio. Dopo nemmeno ventiquattr’ore si fa marcia indietro. Il capogruppo del Pdl Cicchitto manda avanti il giovane Baldelli che annuncia: “Chiediamo il rinvio a martedì”. Il Pd tenta il blitz per il rinvio in commissione. Non riesce per due voti. La destra s’incarta. Il leghista Reguzzoni vuole andare avanti con gli altri punti all’ordine del giorno, “piccoli comuni” e “comunitaria” nel gergo tecnico dell’aula. Il pidiellino Corsaro chiede altro ancora: “Rinviamo in commissione piccoli comuni e comunitaria”. Chiaro l’obiettivo: riprendere martedì con i due provvedimenti che servono al premier: processo breve e conflitto di attribuzione su Ruby.

QUANDO CORSARO parla, nel cortile di Montecitorio Bossi fuma un sigaro, seduto. Accanto a lui c’è il varesino Giancarlo Giorgetti, di solito gelido e silenzioso. Giorgetti sente Corsaro ed urla come un ossesso: “Ma questo è matto, non esiste una cosa del genere” e corre in aula. Altra sospensione per riunire i capigruppo. I peones del Pdl si sfogano: “Siamo vittime di un autofilibustering. Diamo l’impressione dei ladri che hanno paura di rubare”. “È tutta colpa di Cicchitto, non sa gestire il gruppo e prende ordini da Ghedini”. Non a caso, negli stessi minuti, il Caimano ha convocato un vertice a Palazzo Grazioli con Alfano e Ghedini: “Sul processo verbale si va avanti”. Il rinvio è frutto di varie causa: l’ira leghista, i malumori responsabili, i ritardi provocati dal caso La Russa. Il paradosso è questo: “Se non avessimo fatto l’inversione del giorno, avremmo già finito perché i piccoli comuni sono un provvedimento bipartisan e la comunitaria deve ritornare in commissione Bilancio”. La due giorni del processo breve provoca pure l’intervento del Quirinale. Al Colle arrivano, separati, uno dopo l’altro, i capigruppo parlamentari. A loro Napolitano manifesta sconcerto per le tensioni ed esprime “grande preoccupazione la forma e la sostanza”. In pratica, “la giustizia divide il paese” e il problema sta molto a cuore al capo dello Stato. Si ricomincia martedì. E il processo breve è all’ultimo punto dell’odg. Un capolavoro da dilettanti della porcata.

Nessun commento: