martedì 19 aprile 2011

La Craxi: «Berlusconi ti voglio bene, ma devi fare un passo indietro»



di Arturo Celletti

«Mi capita spesso di guardare lo spettacolo e di interrogarmi. Anche su Berlusconi. Mi capita di chiedermi cosa direbbe Craxi...». Stefania socchiude gli occhi e, continuando a chiamare il padre con il solo cognome, completa quel ragionamento: «Craxi direbbe quello che disse Giuseppe Garibaldi a Caprera: non era questa l’Italia che sognavo; derisa all’esterno e miserabile al suo interno». È solo l'inizio di un atto d'accusa che non risparmia nessuno. «Perché alle persone a cui si vuole bene le cose vanno dette. Senza ipocrisie e senza infingimenti», ripete a voce bassa la figlia del leader socialista. Siamo nella sede della fondazione Craxi, un grande appartamento a cinque minuti dal centro di Roma. Stefania, oggi sottosegretario agli Esteri, ragiona sull'attualità politica con durezza, con rigore, ma anche con serenità. Racconta una stagione che va a chiudersi. E riflette sulla scelta più difficile per il presidente del Consiglio: il passo indietro. «Ho solo una preoccupazione: Silvio ha segnato la storia del Paese anche nel bene; ora deve uscire di scena nel modo giusto ed essere ricordato per le scelte luminose».

Che vuol dire nel modo giusto?
«Non può essere travolto dal ridicolo; deve smetterla di raccontare barzellette oscene: non gli fanno onore e non fanno ridere. Lui mi vuole bene e io ne voglio a lui: solo per questo che mi permetto di essere dura. Sono madre e ho il dovere invitarlo a pensare che la classe dirigente politica ha il compito dell'esempio».

Esempio è una parola impegnativa...
«Già, impegnativa, perché il quadro è davvero desolante: l'opposizione aggredisce gli avversari politici, La Russa urla in Aula e insulta il presidente della Camera... Poi c'è Fini: un presidente che viola costantemente il suo dovere di imparzialità istituzionale. Vede, mio padre non è stato mai troppo presente. Non c'era il giorno della mia maturità, mancava troppo spesso anche alle feste di compleanno; ma con l'esempio c'era. C’era eccome». È una conversazione vivace. La Craxi alterna i ricordi e politica. Non schiva l’ostacolo giustizia: si schiera con il premier «perché se il gioco continua a essere guardie contro ladri» dice con il gusto della provocazione «io non posso stare dalla parte delle guardie». Poi apre un volume fotografico ancora inedito. C'è un’immagine a colori: Silvio e Bettino nel mare di Hammamet. Sorridono felici. Stefania vince l'emozione e torna a ragionare sul tema giustizia. «Berlusconi vinca la battaglia; poi avrà un'ultima missione: salvare il Paese dalla vecchiaia. Aiutarlo - con un suo passo indietro - a chiudere una fase e ad aprire una stagione nuova. Con idee nuove, uomini nuovi, linguaggi nuovi. Serve generosità, ma il presidente del Consiglio vuole bene a questa nostra Italia».

Ora è la sfida sulla giustizia?
«Sono vent’anni che è strumento di lotta politica. Anni lunghi, duri, difficili. Non se ne può più. Sono riapparse anche le monetine, ho rivisto la stessa rabbia, le stesse grida...».

Come si volta pagina?
«Il problema è una casta che difende privilegi che non possiamo più permetterci. I processi sono troppo lunghi? La colpa è anche dei magistrati. Lavorano poco, hanno due mesi di vacanza, sono spesso in giro per convegni, il loro tasso di produttività è bassissimo. Tutto questo va detto. Senza paura».

Un parallelo Craxi-Berlusconi?
«È complicato quando si ragiona di due personalità così diverse e di situazioni storiche così lontane. Ma c'è un dato che li lega: tutti e due sono stati chiamati a combattere gli stessi avversari politici. Certi clan della magistratura politicizzata, certi clan dell'informazione, un certo mondo finanziario che vuole un governo ai propri ordini... Posso farle una confidenza? Berlusconi è più forte di Craxi. E non può finire come Craxi».

È più forte?
«Silvio ha il consenso popolare che Craxi non aveva. E poi ha tv e denaro. Quello che non ha è una cultura politica e questo lo rende fragile nell’atto di governare. Ma ora deve stringere i denti e andare avanti per completare il lavoro sulla giustizia. Deve difendersi e impedire che la sovranità popolare si sposti dalle urne alle toghe. È la sua battaglia, ma è anche la mia».

Merita il Quirinale?
«Vorrei vedere l'età abbassarsi. Siamo un Paese vecchio. La mia generazione si consumerà in questa lunga transizione. Interroghiamoci: da quanto i nostri presidenti hanno ottant’anni?».

Angelino Alfano: sarà lui il successore del premier?
«Non può un’intera classe dirigente politica essere nominata con il favore del potente di turno. Io per prima. Non è questo il modo per selezionare una classe dirigente. Il ministro della Giustizia? Stiamo sempre parlando di classi dirigente scelte dall'alto».

Nel governo ci sono ministri di valore?
«Tremonti, Sacconi, Frattini, Brunetta... Tutti i socialisti sono classe dirigente responsabile».

Allora perché dovrebbero lasciare campo libero a un ex dc come Alfano?
«Perché trovare il coraggio di assumersi una responsabilità e ricordarsi della loro storia è forse una pretesa eccessiva. Ma qualcuno, prima o poi, deciderà di battere un colpo».

Magari proprio il ministro dell’Economia?
«Giulio ha fatto bene, ha tenuto la barra dell'economia dritta. Ma troppe volte dà l'impressione di rintanarsi facendo solo conto sulla Lega... Deve ragionare, la Lega non gli basterebbe...».

Lo chiama Giulio?
«Certo, era il mio fiscalista»

E Casini lo chiama Pier?
«Siamo amici da anni: lui nel giovanile Dc e io nel giovanile socialista... Abbiamo figlie della stessa età, sono state amiche... Pier è un democristiano e i democristiani sono spesso più uomini concentrati sulla tattica che non appassionati alla strategia. È il suo limite, ma quando si riorganizzerà il sistema politico eserciterà un fascino. certo più di altri».

La novità sarà Montezemolo?
«No, non voglio nemmeno pensarlo: potrà mettere qualche soldo nella politica, ma soldi ce ne sono già a sufficienza».

Vogliono raddoppiare i finanziamenti ai partiti.
«Evidentemente le salsicce non tirano più. Ho incontrato Ugo Sposetti, lo storico cassiere dei Ds e il firmatario della proposta, e gliel'ho detto: le feste dell’Unità non portano più quello che serve? Lui ha riso». Parliamo da cento minuti e siamo alla fine. Stefania parla del padre e della politica: «Era una signora che si sedeva sempre a tavola con noi», dice sottovoce. Poi ci mostra l'archivio della fondazione. Guardiamo i libri di Bettino. Poi ci soffermiamo ancora sulle foto incorniciate: il leader socialista e i potenti della terra. «Abbiamo bisogno di un Risorgimento morale». L'atto d'accusa si allarga. «é pieno di personaggi della Prima Repubblica, come d’Alema. Sembrano extraterrestri. Io il nuovo fatico a vederlo».

Perché è la prima a dire quello che non va al premier?
«Quanti amici veri ha Berlusconi? Pochi. Quanti gli nascondono la verità solo per tornaconto? Nemmeno può immaginarlo».

Lei è amica di Veronica?
«I miei figli sono cresciuti con i suoi figli. Abbiamo diviso vacanze, momenti spensierati e anche momenti duri».

Avete parlato di ciò che è successo nell'ultimo anno?
«Siamo amiche quindi non riferisco le conversazioni private con Veronica. Si accontenti di una confidenza: ha amato infinitamente Silvio ed è tra le poche persone che gli vogliono ancora bene».

Vuole ancora bene all'ex marito, ma che può fare?
«Nulla. Immagino che tutto sia successo proprio per questo».

Allude alle feste di Arcore?
«La magistratura deve perseguire i reati, non moralizzare la società. Ma quello che è successo non è stato un spettacolo bello».


18 aprile 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Questa qui sogna ad occhi aperti.