mercoledì 6 aprile 2011

Le bandiere della dignità



di CURZIO MALTESE

Chissà se esiste un deputato, uno solo su 314, capace di credere davvero che Berlusconi quella notte abbia telefonato in questura per evitare l'incidente diplomatico d'Egitto. Uno solo, un piccolo utile, ma onesto idiota.
Uno che non abbia votato una menzogna puerile in totale malafede, in cambio di posti, Poste, poltrone, privilegi, soldi, auto blu, contratti, consulenze, ma per convinzione.
Un Chance il Giardiniere della maggioranza, un fesso capitato in una banda di consapevoli mascalzoni. Se esistesse, si potrebbe ancora raccontare questa classe dirigente miserabile, troppo al di sotto anche delle peggiori aspettative. Ma quasi sicuramente non c'è e allora si può dire soltanto il resto, gli altri, quelli fuori a protestare. Davanti al palazzo, al Pantheon, in piazza Santi Apostoli. Tanti, pochi. Abbastanza in ogni caso per dar fastidio a un progetto di sistematica umiliazione.
Nella fase finale del berlusconismo, non tutto si spiega con la necessità stringente di sopravvivere ai processi, con l'interesse del capo e gli affari dei servi. Nel vecchio Berlusconi c'è come una libidine dello svacco, una scommessa, una provocazione. Vedere quanto il Paese, per lui, è disposto a degradarsi agli occhi del mondo. Oggi, a proposito, arrivano le telecamere e gli inviati dal mondo intero per raccontare il processo Ruby, la grottesca sfilata delle olgettine e degli olgettini. Ma ieri lo spettacolo del palazzo era perfino peggiore, da regime vero. Per esser chiari, un regime non è quando si censurano i telegiornali o si fa ministro un'amante o si fanno approvare venti leggi ad personam o ci si circonda di delinquenti e mafiosi o si attenta un giorno sì e l'altro pure alla Costituzione. Questa è soltanto una democrazia (molto) corrotta. Regime è quando riesci a comprarti quelli che fino all'altro giorno ti denunciavano in piazza per le "mignotte ministro", l'attentato alla democrazia, la collusione con le mafie. Perché ogni potere assoluto deve passare anzitutto dalla scomparsa della dignità.

Alla perdita generale della dignità l'ultimo Berlusconi lavora con lena instancabile, si direbbe con entusiasmo, ogni giorno, con qualsiasi mezzo. Si tratti di una legge per sé o d'una barzelletta su fica e culo, della riabilitazione implicita del fascismo o dell'esaltazione dei ladri di Tangentopoli, della spudorata compravendita di parlamentari o di festini con minorenni. È un programma che l'assorbe, lo eccita come un bunga bunga. I problemi veri, le guerre civili alle porte, Lampedusa e L'Aquila possono attendere. Nella furia di abbassare di continuo il prossimo, non risparmia umiliazioni neppure agli alleati fedeli. In fondo, non ha mai dimenticato gli anni in cui la Lega lo definiva il mafioso di Arcore, il riciclatore di soldi sporchi dell'eroina. Quindi pretende proprio da Bossi e dai leghisti il maggior tributo servile, la più isterica delle difese dei propri interessi. Naturalmente, l'ottiene. Poi ci sono i sedicenti responsabili, fenomeno estremo dell'antropologia politica italiana, ma si sconfina appunto nel non raccontabile.

Un gran pezzo dell'Italia, per dirla con Edmondo Berselli, gli va dietro con gioia, da sempre tifosa dello svacco. Ma lo scopo di tanto agitarsi non è ormai il consenso, la mobilitazione dei berluscones pronti a intonare "meno male che Silvio c'è".
L'obiettivo vero è il non dissenso, la smobilitazione rassegnata degli altri. Per questa ragione, ogni volta che la protesta scende in piazza sotto la bandiera della dignità e non delle politiche, la reazione della corte è furibonda, uterina, fanatica, immensamente volgare. Come l'espressione di Ignazio La Russa o un titolo di Libero e il Giornale messi insieme. Così è stato dopo il Palasharp, la manifestazione delle donne, quelle di ieri in giro per la Capitale. Agli occhi del servo, la ribellione è un atto di libertà insopportabile. E comunque ricorda che le cose possono cambiare in fretta. I sindaci rideranno pure alle barzellette sguaiate, ma intanto il premier non può presentarsi a una piazza e deve girare al largo da L'Aquila. Il re è nudo. E pure esibizionista.

(06 aprile 2011)

2 commenti:

luciana prisciandaro ha detto...

Già , anche i regimi si evolvono ed affinano tecniche e campi d ' azione . Il nostro primo ministro ha assuefatto i più alla sua tracotanza ed al suo spregio delle regole e purtroppo gli effetti di tutto ciò sopravviveranno all ' eventuale regicidio politico .
Il problema se ci sia o no qualcuno che possa mettere in dubbio le sue panzanate non è , a mio avviso , neppure da porsi in un contesto nel quale parole come CREDERE si sono svuotate di senso e di riferimento .
Inoltre l ' azzeramento della dignità ( quella personale è sempre stata un optional ) collettiva è forse l ' unicacosa che gli è riuscita benissimo .

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Temo che la realtà sia ben più preoccupante, B. ha comprato con mille espedienti al sua attuale 'maggioranza'. Non sono degli sprovveduti, sono solo delle persone disonesta, talvolta non solo sotto il profilo etico-morale. B. è l'incarnazione di una larga fetta di italiani (anche se non meritano di essere considerati tali) che in lui si identificano e come lui sono disposti a calpestare una regola scritta. B. lo sa e si diverte a nutrire il suo sconfinato narcisismo, che si innesta su un EGO smisurato.
Sembra ed è un destinato di questa nazione di essere funestata, perché se lo merita anzi se la va a cercare, d un dittatore che ha in spregio le regole della democrazia e dello Stato di diritto.
Siamo un popolo di approfittatori, vigliacchi, infingardi, che non vuole affrontare i problemi di gestione di una società che si appalesa sempre molto complesso per il ceto politico dell'epoca e si affida al Solutore, per poi ritrovarsi ridotta a brandelli quando il ciclo vitale del suddetto si esaurisce.
Dovremmo studiare di più e gozzovigliare di meno, ma ne saremmo capaci? La Storia insegna di no.